VI° Domenica del tempo ordinario

Anno Liturgico B
12 Febbraio 2012

Accanto a chi soffre

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

PRIMA LETTURA – Dal Libro del Levitico (Lv 13,1-2.45-46)

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

SECONDA LETTURA – Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 10,31-11,1)

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

Trascrizione dell’Omelia

Tutta questa parola che abbiamo ascoltato si risolve intorno ad un unico tema: la legge di Dio è abolita o è portata a compimento dall’intervento del Figlio di Dio nella storia?
Vorrei camminare con voi gradualmente dentro questo terreno, così difficile. Se questa fosse solo la narrazione, il ricordo, la proclamazione di un miracolo della lebbra, sarebbe un Vangelo piccolo piccolo. Come fa una Parola che narra di un miracolo ad attraversare le epoche e giungere fino a noi e a suscitarci ancora stupore. Lo sappiamo, tanti prodigi ha fatto Gesù, ma diremmo anche, nella nostra esperienza, forse tanti non ne ha fatti, perché molti uomini sono morti di lebbra e anche di altre malattie. Come si risolverebbe questo problema? Evidentemente, bisogna cercare altrove, molto più in profondità. Prima di tutto, la Legge. Il Libro del Levitico [Lv 13,1-2.45-46, qui v 2] dice chiaramente come ci si comporta, chi è il malato di lebbra: quando uno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Dopo di ciò, il lebbroso dovrà regolarsi in un certo modo, fasciarsi fino alla bocca, coprirsi il corpo e, a capo scoperto, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Soprattutto, dovrà vivere fuori dell’accampamento, in un clima ed in una condizione di esclusione.
Guardate bene se questa non è la descrizione della nostra situazione attuale, noi non abbiamo conosciuto Dio, non abbiamo sperimentato il Suo amore, non abbiamo creduto nella Sua grazia. Vi confidiamo temporaneamente, in certi momenti, quando ne abbiamo bisogno, in questi casi la imploriamo persino, ma non sappiamo ancora parlare di una offerta di salvezza che combaci con il racconto della nostra vita. Infatti, narriamo la nostra esistenza e cercheremmo di appiccicarci alcune cose che provengono dalla fede, ma queste due realtà non coincidono. Come è possibile? Tu esponi la tua vita anche quando non parli, gli uomini ti vedono e non riescono a intravvedere l’annuncio della salvezza che porti con te. Segno che ciò che descrivi della tua esistenza non è espressione anche della tua fede. Siamo nelle condizioni di questi lebbrosi, siamo fuori dell’accampamento, fuori della comunione dei Santi, nel senso che non riusciamo a proclamare le opere meravigliose che Dio ha compiuto nella nostra vita. Dall’altra parte, la nostra condizione è quella di vivere coperti fino al labbro superiore, con delle maschere addosso, impedendo al mondo che ci circonda di vedere che cosa ci sia dentro il nostro cuore, perché ne abbiamo paura noi stessi. Dunque, con le maschere, e l’unica cosa che dobbiamo affermare è la condizione sfavorevole della nostra realtà: impuro, impuro. Come dire, vorrei essere degno di Dio, ma non lo sono. Ecco, questo è il linguaggio dentro il quale ci muoviamo.
La Torah sostiene che gli uomini che vivono così non possono entrare nell’accampamento. Guardiamo come questa prospettiva, invece, si sia completamente rovesciata con l’avvento di Gesù Cristo nella storia.
Andiamo al Vangelo di questa sera [Mc 1, 40-45], dobbiamo tornare all’inizio, siamo ancora ai primi passi, nel primo capitolo della narrazione di Marco, ma è necessario ripartire da dopo il Battesimo di Gesù, a quanto ascoltato due domeniche fa, quando, entrato nella sinagoga di Cafarnao [Mc 1, 21-28], scaccia un demonio e gli dice di non rivelare chi Lui fosse, gli impedisce di proclamare la Sua messianicità, e la Sua santità. La scorsa domenica abbiamo visto poi come Gesù esce dalla sinagoga, compie un piccolo tratto di strada, entra nella casa di Pietro [Mc 1, 29-39] e per prima cosa, ne guarisce la suocera. Esce dalla realtà sacra, che ricorda il tempio, la presenza di Dio, e mostra all’uomo che vuole entrare nella sua vita, nella sua casa. Dove? Nelle sue grandi azioni, nei suoi grandi propositi? No, nella sua casa di tutti i giorni, dove emergono le incapacità dell’uomo, dove si mostrano nella loro stoltezza.
La suocera di Pietro sta male, sembra un particolare assolutamente inutile nel racconto del Vangelo di Gesù Cristo, nell’evangelizzazione della storia, parlare di una suocera che ha la febbre. Eppure, Gesù mostra che quella gloria, che ha già mostrato nello scacciare il demone all’interno della sinagoga, può attuarsi anche nella vita e nella realtà quotidiana, disponendola subito nella capacità di servire il Vangelo. Infatti, questa donna, appena guarita, si metterà a servirlo. Poi, esce da questa casa e compie ancora una esclusione rispetto alla sinagoga, va incontro agli uomini che hanno bisogno di lui. Subito si presenta un lebbroso, uno che per antonomasia era lasciato fuori dalla comunione del popolo di Israele, dal popolo dell’elezione, era un “antiebreo”, poiché se l’ebreo è tale perché eletto, scelto per appartenere ad un popolo, uno che ne è messo fuori, evidentemente, non è scelto, è rifiutato, è rigettato. Quest’uomo si avvicina con il suo problema manifesto, ha la lebbra. Gesù non avrebbe dovuto toccarlo, quello non avrebbe dovuto avvicinarsi, ma questo mostra che il confine, il limite, tra la santità, la purezza e l’impurità, che il lebbroso rappresenta, ormai è superato. Il Verbo del Dio Altissimo ha scelto di andare a questo appuntamento con il lebbroso, che finalmente si è sentito chiamato ad avvicinarsi a questa offerta di salvezza.
Appena incontra Gesù, gli chiede ciò che gli è necessario: se tu vuoi puoi guarirmi. Sta dicendo, riconosco che tu sei la porta per rientrare nel Tempio, che non è solo la Torah con le sue prescrizioni, ma mi offri la possibilità di entrare, hai questa autorità, dunque, chiedo a te di farlo. Il lebbroso sta riconoscendo a Gesù quello che Egli stesso dirà nel Vangelo di Giovanni [Gv 10,7]: Io sono la porta delle pecore. È Colui per il quale bisogna entrare, una porta stretta, non si vede rispetto alle porte ampie del Tempio, alle porte larghe della Torah, alle porte comode delle nostre buone considerazioni e dei nostri buoni propositi, è una autentica possibilità di entrare in comunione con Dio.
Cosa significa, in soldoni, per te? Vuol dire che la preghiera magnifica, stupenda, piena di profumi che fai in certe occasioni, può essere una realtà che ti aiuta, ma Gesù Cristo dentro la storia, nascosto nelle pieghe, nei fatti, apparentemente banali della vita, Lui è la vera porta, questa sapienza, che Dio ha pensato per farti rientrare in comunione con Lui, non sta lontana lontana, è a tua portata di mano.
Cosa prescriveva la Legge per chi doveva rientrare nell’accampamento dopo essere stato guarito [Lv 14 e Lc 17,12-14]? Ce lo rammenta anche quell’episodio di Naaman il Siro [2Re 5, 1-17], che deve bagnarsi sette volte al Fiume Giordano e quello, come noi, si scandalizza dicendo? Io? Devo bagnarmi sette volte in questa pozzanghera? Devo entrare nei sette sacramenti? Nelle logiche della Chiesa? Mi scandalizza. Entrerò nei fiumi ampi della mia immaginazione, dei miei buoni sentimenti, la mia grandeur, il mio orgoglio…, quello dell’uomo che pensa di essere chissà chi. Bisognava invece rientrare nell’accampamento attraverso una realtà semplice, quella sacramentale, l’incontro concreto con il Figlio di Dio dentro l’offerta che la Chiesa ti sta facendo.
Gesù, guarito il lebbroso, gli dice: ora, mi raccomando, fai ciò che prescrive la Torah, presentati al sacerdote, fai tutto quello che bisogna fare. Questo uomo contravviene e non contravviene ciò che gli viene detto. Contravviene perché fa l’esatto contrario, va in giro a dire a tutti Gesù mi ha guarito. Cosa significa? Che la Torah non serve più? Chi ha la capacità di comprendere questo annuncio incontra un uomo che sta rivelando che la Torah finalmente non è più appannaggio di nessuno, ma è diventata carne, una persona che ti incontra e ha la possibilità di guarirti in modo semplice, non immediato, facile, senza mediazioni, parlo con Dio e mi ristabilisce, ma mediatamente, mi permette di entrare nella salvezza.
Cosa succede? Gesù che avrebbe continuato a parlare per le strade della Galilea deve fare una scelta ulteriore, quella del lebbroso. Deve andare Lui fuori della città. Narra ancora Marco, se ne stava fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte [Mc 1,45]. Il Figlio di Dio, che avrebbe potuto parlare con autorità dentro il Tempio, si china, abbandona le prerogative e le sicurezze della Legge, si avvicina all’uomo lebbroso e, costretto dall’uomo a starsene fuori della città, morendo fuori di essa (sul Calvario, all’esterno delle mura di Gerusalemme), mostra che finalmente la porta per entrare nel Tempio è assolutamente alla portata di ogni uomo. Dove? Nelle sue buone intenzioni? No, là dove l’uomo invece fa i conti con le proprie debolezze e con il proprio peccato.
Per questo diceva il versetto allelujatico [Mc 2,17] “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”: sono venuto per salvare i peccatori, ho deciso di lasciare il santuario e di entrare nel deserto, dove l’uomo è stato confinato a causa della sua lebbra e del suo peccato, perché ne sia consapevole, mi addosso la sua lebbra e il suo peccato.
Di fronte a questo quadro, non possiamo che dire: Signore, quanto ci hai amato, quanto è stato grande questo amore che hai provato. Se lo avessi dimostrato guardando il nostro peccato, avremmo detto ti sei commosso, hai visto che eravamo in difficoltà e allora ti sei piegato, ma non hai pensato di venirci incontro quando ci hai visto peccatori, hai ritenuto di lasciare le prerogative della santità e della gloria, della divinità, sin da quando, nella Trinità Santissima, hai ricevuto dal Padre il mandato di entrare nella storia e hai accettato, entrandovi. Forse non sapevi a che punto saremmo arrivati con i nostri peccati, hai deciso lo stesso, non solo per riparare al peccato, ma per amore di noi uomini, di incontrarci dove non avremmo saputo incontrarti mai, dove ti avevamo fatto, addirittura, un motivo di esclusione anche per gli altri, dove avevamo detto: loro non entrano perché non ti conoscono, noi ti conosciamo entriamo e usciamo quando ci pare… È una logica proprio diversa.
Se tu oggi hai la possibilità esistenziale di entrare in questo invito, e dire al Signore: tu sei la porta perché io finalmente conosca la misericordia del Padre, Egli farà una grazia alla tua vita e tu diventerai a tua volta una offerta di salvezza anche per gli uomini che incontri.
Questa è la nostra fede, questa è la Chiesa che Gesù Cristo è venuto ad istituire con il suo stesso sangue.
Possa lo Spirito di Dio, che Gesù ci ha lasciato come caparra, speranza di questa gloria, portarvi alla comprensione tutta intera di questa missione.

Sia Lodato Gesù Cristo

Preghiera dei fedeli

Padre Santo e Misericordioso,
nel seno dell’amore eterno e trinitario tu hai pensato la nostra salvezza, così come pensasti la nostra stessa creazione, per questo ci chiamasti all’esistenza, per questo ci affidasti una storia da vivere, per questo ci giustificasti a causa dei nostri peccati, per questo stesso tu ci chiami oggi ad entrare nella Gloria. Rendici degni di questa offerta, ma anche felici di potervi aderire. Le difficoltà della nostra vita, e anche la nostra debolezza, non ci impediscano di aderire a questo invito.

Padre Santo e Misericordioso, Ti preghiamo per la Chiesa, permetti che vada incontro agli uomini esclusi dalla considerazione, dall’amore, dalla stessa socialità, siano reintegrati, riconosciuti come Figli di Dio, permetti alla Tua Chiesa di raggiungere uomini lontani, parlare al loro cuore della Tua Grazia, e convertirli.

Padre Santo e Misericordioso
Ti prego con tutto il cuore che gli uomini che ascoltano le Tue Parole, che comprendono quali sono le vie per tornare a te, decidano volentieri di percorrerle, liberali dal sospetto e da ogni difficoltà e impedimento, perché possano aderire volentieri a questo annuncio, perché si salvino e ti conoscano e perché salvino altri uomini,
te lo chiedo Per Cristo Nostro Signore

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