IV° Domenica di Quaresima - Laetare

Anno Liturgico B
11 Marzo 2018

Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21).

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

PRIMA LETTURA – Dal secondo libro delle Cronache (2Cr 36,14-16.19-23)

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Salmo responsoriale Salmo 136.
R.Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia..

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. R.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».R.

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra. R.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.R.

SECONDA LETTURA Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni (Ef 2,4-10).

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

Dio sa liberare i peccatori anche se induriti.
Sant’Agostino:Sul Salmo 67

Il tempio di Dio viene costruito dalla sua grazia, non per i precedenti meriti di coloro con i quali egli lo costruisce. Per convincertene osserva quanto segue: Con la sua fortezza egli libera i prigionieri. Scioglie loro le pesanti catene dei peccati, che impedivano loro di camminare sulla via dei comandamenti; e li scarcera mediante la fortezza, che essi non possedevano prima d’essere raggiunti dalla grazia di lui. Parimenti libera quelli che lo irritano e che abitano nei sepolcri: cioè coloro che erano completamente morti e che si dedicavano ad opere morte. Lo irritano coloro che si ribellano alla giustizia, mentre gli altri, i prigionieri, forse vorrebbero camminare ma non possono. Pregano Dio per poterlo fare e gli dicono: Liberami dalle mie angustie. E quando vengono esauditi, ringraziano dicendo: Hai spezzato le mie catene. Quelli invece che lo irritano e che abitano nei sepolcri appartengono a quella categoria di persone alla quale allude altrove la Scrittura dicendo: Da un morto, che è come uno che non esiste, è assente ogni confessione. E ancora: Il peccatore, quando sarà sprofondato nell’abisso del male, disprezza. Una cosa è infatti invocare la giustizia, un’altra resistere ad essa; una cosa è voler essere liberati dal male e un’altra difendere le proprie colpe invece di confessarle. Comunque, appartenga l’uomo alla prima o alla seconda categoria, la grazia di Cristo lo libera con la fortezza. Con quale fortezza, se non quella che consente di combattere contro il peccato fino all’ultimo sangue? Dall’una e dall’altra categoria si assumono persone con le quali si edifica degnamente il tempio santo di Dio: solo che, mentre le prime vengono solo liberate, le altre invece hanno bisogno di essere risuscitate. Infatti con un suo comando il Signore sciolse i vincoli della donna che il diavolo aveva tenuta incatenata per diciotto anni, e con un grido vinse la morte di Lazzaro. Colui che ha fatto queste cose nei corpi può farne ancora più mirabili nei costumi, e può far abitare quelli di un solo pensiero nella casa, traendo in salvo i prigionieri con la fortezza, come pure quelli che lo irritano e che abitano nei sepolcri.

Trascrizione dell’Omelia

In quest’ultimo brano del Libro delle Cronache che chiude tutta la Bibbia ebraica e che invita il popolo a sperare, tornando a Gerusalemme, di poter ricostruire il Tempio, cioè di poter ristabilire il culto dopo la cattività babilonese, è nascosto il senso della speranza che noi in questa Domenica celebriamo. Che era successo? Beh, lo dice molto sinteticamente il Libro delle Cronache, mette insieme una storia lunga fatta di misfatti, di tradimenti, da parte di chi? Da parte di quei giudei che erano invece chiamati ad onorare la relazione con l’Eterno e a manifestarla in mezzo ai popoli. Dunque parla dell’infedeltà dei sacerdoti, dei capi di giuda che hanno moltiplicato gli abomini, che hanno contaminato il Tempio a causa di tutte queste cose, cioè a causa di questa mancanza di fede in questa relazione che il Tempio stabilisce, per questo motivo Dio ha pensato: “Bene, se tu disdegni questa relazione, Io te la tolgo, ti tolgo il Tempio” ed il Tempio è stato distrutto per opera di Nabucodonosor e tutta questa gente che rimane viene portata a Babilonia. Perché sconti là il peccato? No, perché si ricordi quello che dice il Salmo, questa preghiera così forte nel Salmo che abbiamo ascoltato oggi, dice: “Se mi dimentico di te Gerusalemme mi si attacchi la lingua al palato”, cioè: “Non possa più dire nulla che è chiesto alla bocca dell’uomo di proferire, senza il ricordo di te” cioè: “Io non ragioni più secondo le logiche del mondo, perché ho disprezzato il nome di Dio e la sa Legge”. Dunque nel cuore di questa esperienza di Babilonia, il popolo si ricorda che quando era nella sua terra e aveva un Tempio, garanzia di questa relazione per la presenza che Dio aveva voluto stabilire in questo luogo, questo popolo poteva vivere ma quando questo gli era stato tolto allora la difficoltà di ricordarsi del Signore .. allora uno direbbe: “Allora io vado a Babilonia, sto un tempo” come abbiamo pensato forse noi la Quaresima no? L’abbiamo pensata così la Quaresima noi: “Entro in un tempo penitenziale, farò delle opere penitenziali e Dio mi darà un premio” questo lo dicono i pagani! Tu dici: “Come? Ma non era questo che dovevamo fare?”, per amore di Dio! non per essere riconosciuti, l’amore di Dio non è un premio, l’amore di Dio è una grazia e la grazia proprio perché è grazia, gratuitamente ci raggiunge. Allora tu dirai: “Allora io posso fare qualsiasi cosa e quella mi raggiungerà?”, no, umiliati davanti alla potente mano di Dio ed Egli ti esalterà donandoti la sua grazia. Guarda qua come è successo, come è raccontato in questo brano del Libro delle Cronache, chi libererà Israele? Un Messia? No lo libererà Ciro, re di Persia, alla fine di questo regno babilonese, distrutto ormai questo regno babilonese, Ciro re di Persia deciderà di rimandare tutti questi deportati nella loro terra perché ricostruiscano il Tempio, cioè perché ricomincino a fare sacrifici, cioè perché ricomincino a parlare con l’Eterno e ad ascoltare da Lui ciò che l’Eterno voglia comunicargli per la salvezza del mondo. Bellissimo qua quello che dice Ciro, un pagano, dice: “Il Signore re del cielo mi ha concesso tutti i regni della terra, Egli mi ha incaricato di costruirgli un Tempio in Gerusalemme che è in Giuda, chiunque di voi appartenga al suo popolo, il Signore Dio sia con lui e salga”, cioè torni a casa, torni nel luogo in cui Dio vuole parlare, salire vuol dire questo, andare verso il luogo che è di Dio e che è degli uomini. Dunque che cosa abbiamo tratto noi da questa lettura? Abbiamo tratto una cosa nuova, per così dire, Dio non ci viene più incontro perché siamo buoni ma perché ci ama e dunque ci fa buoni, proprio perché ci ama Egli cambia il nostro cuore. D’altronde manco a chiedertelo, tu l’hai cambiato da te il tuo cuore? Hai aggiunto qualche meraviglia questo periodo alla tua vita? Ti sei veramente affrancato dai tuoi peccati? La tua vita esprime una devozione totale al Dio Unico? Dunque Dio suscita Lui una salvezza per te al tempo opportuno, a te è chiesto solo di riconoscerla, di prepararti certamente, non di bivaccare nella storia, ma di riconoscerla perché questa salvezza ti arriverà. Siamo a metà della Quaresima, siamo prossimi alla Pasqua, hai camminato, non hai camminato, hai visto, non hai visto, sei riuscito a cambiare, non ci sei riuscito, forse ancora sei mancante davanti a Dio e davanti agli uomini, ebbene oggi nel cuore di questa tua attesa incerta, Dio ti dice: “Rallegrati, perché la Pasqua verrà, perché Io ho preparato una logica che tu non potevi mettere in atto, tu che pensi che la grazia sia un effetto della meritocrazia, perché Dio ti ama perché sei buono, sappi invece che Io ti amo perché sono libero di amarti e susciterò e ti mostrerò questo amore proprio quando tu penserai di non poterlo ricevere”. Dunque quello che dice il Vangelo di Giovanni in questo racconto che ricorda l’incontro tra Gesù e Nicodemo di notte, dice Gesù: “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”, dentro la morte del Figlio di Dio là troverai la vita eterna. E oggi dice a te questo Vangelo: “Dentro la morte dei tuoi sforzi, là troverai nascosto il dono di grazia che Dio vuole manifestare nonostante te”. Io credo che questo ti disorienti di più della fede che pensavi prima, quella invece che se facevi il bravo eri il migliore i tutti. Ti disorienta di più perché se Dio si degna di mostrarsi nel luogo dove tu non ti aspetti, cominci a domandarti: “Ma sarò capace di accorgermene? Ma riuscirò ad intravvederlo?”. San Paolo si pone questo problema e dice: “Ma io se sono oppresso, se sono nella debolezza, se sono nella difficoltà, se sono schiacciato dai miei peccati, se sono nell’incapacità di poterti riconoscere, allora dovrò ritenermi separato da te, dovrò ritenermi non più amato? Ed invece no, io ho scoperto che il tuo amore non può separarmi da te. Perché? Perché né la fame, né la nudità, né il pericolo, né la spada, nessuna dimensione al mondo, neanche quella del mio peccato può separare te da me” (Rm 8,35-37). Forse può separare i miei intenti dai suoi, ma non il suo amore dalla mia vita, il suo desiderio di salvarmi. Allora dice qua San Paolo agli Efesini: “Per grazia siete salvati, mediante la fede, e ciò non viene da voi ma è dono di Dio”, quello che abbiamo detto oggi, “Né viene dalle opere perché nessuno possa vantarsene, siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per quelle opere che Dio ha preparato perché noi le compissimo”. Allora qual è il compito del cristiano in questo tempo? Non è quello di emendarsi, di ricercare la sua colpa e detestarla, come dice il Salmo (Sal 35) come fanno gli stolti, compito del cristiano è distillare questa presenza salvifica, è intravvedere questa grazia, se vuoi una figura che tu ti puoi immaginare, è cercare questo tesoro che Dio ha nascosto al centro della tua esistenza perché questo venga alla luce, perché questo operi secondo ciò che Dio ha comandato, tutto il mondo se ne accorgerà. Un’altra cosa vorrei dirti, proprio per questo, non perdere tempo a cercare, a distillare i peccati del tuo fratello, quelli Dio li conosce già, tu non sei chiamato a giudicare il tuo fratello, neanche a mettere in evidenza le sue mancanze, tu semmai sei chiamato a mostrare la grazia che agisce anche nelle mancanze del tuo fratello, perché il tuo fratello si rincuori, perché si rialzi, perché il tuo fratello creda nell’amore di Dio e si converta, questa è la nostra opera e questa sarà anche la nostra Pasqua, se questa è la nostra fede e questa è la nostra speranza, questa sarà pure la nostra carità davanti al mondo, davanti agli angeli e davanti a Dio. Sia lodato Gesù Cristo.

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