Solennità di Tutti i Santi

Anno Liturgico A
01 Novembre 2011

Solennità di Tutti i Santi

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

PRIMA LETTURA – Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 7,2-4.9-14)

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

SECONDA LETTURA – Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,1-3)

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Trascrizione dell’Omelia

Tutte le volte che ci mettiamo davanti alla realtà dei Santi, purtroppo, a causa delle nostre radici pagane e anche, talvolta, dell’ignoranza che abbiamo nei confronti della fede, scopriamo che ci troviamo a trattarli come una sorta di supereroi che ce l’hanno fatta, perché sono stati più fortunati, o più graziati, o chissà cosa più di noi, e che la via che questi uomini e donne hanno tracciato per noi è in gran parte impraticabile. Così, ci affanniamo ad innalzare sempre più il loro trono e ad abbassare sempre di più la soglia della nostra capacità di seguirli, imitarne le azioni e di avere fiducia in Dio.

Bisogna un po’ riformulare questa logica, ripensare l’idea che ci siamo fatti della realtà dei Santi. Questo ci aiuterebbe a situarci dentro il piano di Dio, quello che è più importante per noi: sapere dove siamo in questo disegno, in questo progetto, e non solo saperlo, ma godere della Grazia che ci viene offerta per scoprire a che punto ci troviamo e anche come portare a compimento ciò che manca a questo cammino verso la patria celeste.

Vorrei fornire pure stasera qualche criterio per entrare in questa icona meravigliosa che è la comunione dei Santi. Pensavo di partire dalle Beatitudini, ma di usare una chiave di lettura per comprenderle, altrimenti anche lì non ci troviamo a nostro agio.

San Giovanni, nella sua Prima Lettera [1], dopo la considerazione sul grande amore che Dio ci ha riservato chiamandoci suoi Figli – e lo siamo realmente – e mostrato la consapevolezza che quando il Cristo si sarà manifestato saremo simili a lui, conclude questo brano dicendo:Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. Andiamo a vedere cosa significa questo e poi ci rileggeremo le Beatitudini per comprendere cosa possono dire alla nostra vita.

Innanzi tutto, qual è questa speranza che abbiamo in Cristo? Di essere simili a Lui, appunto, quando si sarà rivelato nelle gloria, dicevamo, ma che vuol dire? Una cosa sappiamo, dall’articolo della fede che è nel Credo, che siamo stati fatti a immagine e somiglianza di Dio, dunque, già possediamo qualcosa che dice la similitudine che c’è tra la nostra natura umana e la Sua infinita natura divina.

C’è una analogia, ma non ci è possibile capire in cosa consista, poiché, semmai, nella vita sperimentiamo distanza, difficoltà, fatica, oppressione e tante altre cose che ci impediscono di entrare in questa attesa. Cosa è successo? Per quale motivo abbiamo smarrito la speranza? Perché l’esperienza che abbiamo fatto durante la vita è stata quella di esser un po’ sopraffatti, oppressi da una logica ciclica, quella del peccato, anzi, come dite voi, dei peccati: sempre quelli, sempre gli stessi. In realtà, non sono i peccati ad essere gli stessi, è il modo con il quale mi metto dinanzi alla storia che è uguale, costantemente nelle condizioni di cedere, di non potercela fare, tutte le volte sembra che debba ripartire da zero e ricado sempre nelle stesse cose. Cosa dice, dunque, questa dinamica ciclica, e anche un po’ maledetta, che ci opprime tanto: c’è qualcosa nella nostra vita che ci induce a fare certe cose o a fare sempre le stesse. Sappiamo che questo ostacolo ha un nome e un’identità ben precisa. È il peccato originale, l’origine del sospetto nella storia dell’uomo. Da quando l’essere umano ha una consapevolezza, una coscienza di sé, si accorge di nutrire un sospetto nei confronti di tutto quello che ha davanti, di affrontare la conoscenza sempre con un atteggiamento di difesa, di diffidenza, dubita costantemente che quello che gli viene incontro possa essere cattivo, negativo, difficile.

Tutto ciò deriva certamente dall’esperienza, ma da un’esperienza condivisa con altri uomini che pure vivono sotto l’egida del peccato, anch’essi vivono nel sospetto. Cosa succede, allora? L’uomo che vive nel sospetto accusa l’altro, questo si sente accusato e vive col dubbio di esserlo ancora. La maggior parte dei giudizi e delle mormorazioni che si fanno sono il risultato della paura che qualcuno mormori contro di te o ti giudichi per qualcosa. Questo porta tutti gli uomini a giudicarsi reciprocamente, ad accusarsi e a fare paletti. Stiamo meglio quando non ci sono problemi, ma la vita senza problemi non esiste, dunque, siamo sempre immersi in questa difficoltà e, dunque, il peccato originale è un veleno, entrato ormai nella nostra natura e che con difficoltà combattiamo. Che fare? Saremmo perduti.

Tutti quanti abbiamo questo sospetto, diciamo: Signore, secondo me, non sarò mai come te, mai, e se anche ci riuscissi, tutta quest’altra gente non lo sarà e allora saremo sempre daccapo: io sto male, loro stanno male, ci facciamo del male… e così quando arriviamo fino a te? La santità ci sembra un’utopia, un luogo che non c’è, una realtà che non si può realizzare. Qui ci viene in aiuto San Giovanni con la frase che sottolineavo prima chi però mantiene la speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro, chi conserva l’attesa, secondo la promessa che Dio ha fatto di poter tornare simili a lui, chi pensa che veramente questo ritorno a casa, questa identificazione nuova con Dio, che ci ha chiamati all’esistenza, possa avvenire, possa accadere, costui purifica se stesso come Egli è puro, costui cerca di affrancarsi dai legami del peccato originale.

Qual è il fondamento di questo peccato? Il sospetto. Cosa farà un uomo per affrancarsene? Se sospetto vuol dire che non mi fido, come faccio a cambiare strada e a convertirmi? Comincio a fidarmi. Di chi? Del prossimo, dell’altro? No. Inizio a fidarmi di Dio, che guarda alla mia vita e quella del mio prossimo e tutto conduce verso la perfezione, verso il bene. Allora, purificare me stesso non vorrà dire ripulirmi con la lesciva, confessioni su confessioni, e poi bagni rituali, qualcosa che serva a farci sentire strapuliti come fanno certi maniaci della pulizia, ma purificarmi significherà cominciare ad abbandonare la logica del sospetto e iniziare ad usare quella della fiducia.

Se vuoi una sorta quasi di decalogo della fiducia, vai ora a guardare questo specchio meraviglioso che Gesù, all’inizio della sua predicazione ci ha messo davanti agli occhi [2]:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Il regno non è l’aldilà. Se qualcuno pensa ancora che il Regno del cielo siano le “verdi praterie di Manitù”… No! Il Regno dei cieli è questo, dove regna il Cristo, anche nella storia, non deve ancora venire: c’è già. Dalla nascita del Cristo fino ai tempi della fine, c’è già. I poveri di spirito, quelli che non hanno paura di affrontare la storia, né dei peccati, né delle accuse degli altri, guardano al tempo come al teatro all’interno del quale Dio manifesta tutta la Sua volontà, la realtà concreta in cui l’Eterno dice le sue Parole meravigliose, creatrici, risanatrici, riconciliatrici, parole che hanno il potere, la capacità e il desiderio di prenderti e di rialzarti dalla morte nella quale ti trovi. I poveri di spirito vedono il Regno dei cieli, lo vedono ora, qui, nei rapporti, nelle relazioni, nell’attesa, nell’esercizio della carità e in quello della fede.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Anche qui puoi purificare il tuo sospetto, quello che ti dice che ormai sei caduto in una situazione così difficile che non ne uscirai più. E ti lamenti con l’amico, l’amica, il parrucchiere… stai sempre a lamentarti, sempre a fare una lettura della storia negativa, che mette in evidenza i nodi del ricamo e non la trama meravigliosa del piano di Dio dentro la storia. Quelli che sono afflitti e che accolgono questa afflizione con la speranza di intravvedervi la volontà di Dio, costoro conosceranno la consolazione, si fideranno e la fiducia vincerà il loro sospetto.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. La mitezza è legata a quella tua espressione: basta che c’è la salute e basta che c’è la pace, basta che io possa possedere le cose che ho in serenità e nessuno me le venga a prendere. Quelli che riescono a conservare questa pace, anche quando tutte le condizioni sono contrarie, avverse, costoro hanno la possibilità di ereditare ciò che è loro promesso, anzi, di accorgersi già ora che tutto quello che hanno nessuno glielo può togliere. Il mite è colui che conosce la propria vocazione, sa qual è la propria identità e che nessuno, né morte, né vita, né passato, né futuro, né angoscia, né fame, né nudità, né spada, dice San Paolo [3], può toglierci la nostra dignità, quella di essere figli di Dio, riscattati, destinati alla Gloria e salvati dal peccato e dalla morte.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Chi ha la capacità di non disperare più che la giustizia di Dio si attui chi è? Adesso vi scandalizzo, sono coloro che non ricorrono ai tribunali pagani, che non si fanno giustizia tra moglie e marito, tra fratello e sorella, tra questo e quello, non si fanno ragione accampando diritti sull’altro e nascondendo le proprie responsabilità. Questo mondo che ci circonda è vuoto di questa virtù, è incapace di nutrire questo sentimento e questo desiderio. Perciò non riusciamo ad avere relazioni autentiche, ma siamo chiamati a far fermentare questa storia perché giunga al suo compimento.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Ma quanto ci impieghi ad essere misericordioso con la persona che ti ha offeso, che ha commesso un grave peccato su di te? Vuoi rifarti su di lui? Vuoi condannarlo perché ti ha tradito, perché non è stato come pensavi che fosse, perché ha sovvertito le tue aspettative. Allora, chiudi la misericordia e dici: ebbene, quest’uomo lo uccido, lo cancello, non lo voglio più vedere, non se lo merita, non lo voglio salutare neanche più, non esiste più. Oppure, pensi di poter attendere alla sua salvezza e pregare semmai perché esca dal vortice nel quale è entrato?

E poi, la più bella di tutte: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.I puri di cuore sono quelli che ormai il sospetto lo hanno vinto per sempre, sono i Santi, che non hanno più la capacità di sospettare di niente e di nessuno e, dunque, vedono Dio, perché se non c’è il sospetto che il satana ha immesso nella storia dell’uomo costantemente e ininterrottamente lo nutre e lo fa crescere, allora, si può continuare a vedere Dio, guardarlo agire e amare gli uomini e salvare dalla morte.

Il demonio ti ha convinto che la morte delle persone care dipenda da una negligenza di Dio, che la tua solitudine dipende da una Sua adempienza, che la tua malattia, la tua vecchiaia, il tuo abbandono siano il frutto di una assenza di Dio e che tu non riuscirai mai ad uscire da questa fossa, questo è il sospetto dei sospetti. Ebbene, quelli che hanno eliminato questo sospetto vedono Dio, si accorgono che c’è, è già dentro la storia, è incontrabile, assolutamente incontrabile.

Questo è ciò che noi abbiamo compreso quando l’apostolo Giovanni, nell’Apocalisse [4], ci racconta di questa teoria di uomini e donne che insieme, con le vesti candide, narrano come hanno fatto a depurarsi da questi sospetti, guardando costantemente, come dice la Lettera agli Ebrei [5], a Gesù, autore e perfezionatore della fede, volgendo lo sguardo su quello che Dio ha chiamato ad essere nostro padre e maestro, nostro fratello maggiore, con il quale siamo coeredi e eredi di Dio. Abbiamo guardato il Cristo e abbiamo visto nella sua obbedienza, nella sua cessione davanti al nemico la capacità di obbedire anche noi, di non aver più paura, di non temere più alcunché e finalmente di fondare ogni nostra speranza in lui.

Questo che cosa vuol dire che la sofferenza è eliminata? No. Contempliamo e veneriamo un Cristo crocifisso e, dunque, vediamo anche in Lui la nostra sofferenza, non siamo una religione che elimina la sofferenza, siamo la fede nella manifestazione del Figlio di Dio che è specchio, promessa e caparra della nostra stessa manifestazione.

Possa lo Spirito di Dio che ha illuminato la vita dei Santi e l’ha condotta a compimento, aiutare anche te ad uscire da questa logica di morte e di peccato e inserirti nel grande filone della speranza.

Sia lodato Gesù Cristo

 
Preghiera dei fedeli

Padre Santo e Misericordioso, nella meravigliosa sorte dei tuoi Santi, ci hai fatto contemplare non solo la capacità dell’uomo di conoscerti, amarti e raggiungerti, ma anche la bellezza, grandezza e multiformitàdella Grazia con la quale salvi l’essere umano dalle difficoltà della vita e del mondo e dalle seduzioni della carne. Vieni incontro alla nostra debolezza, inserisci anche la nostra volontà in questo grande fiume di grazia e di splendore che oggi contempliamo nella solennità dei Santi.

Padre santo e Misericordioso, ti prego per questi tuoi figli, come ti degnasti di porre nel loro cuore la speranza di conoscerti, così metti anche nelle loro forze, la capacità di raggiungerti,

te lo chiedo per Cristo nostro Signore

 

 


[1] 1Gv 3,1-3, qui versetto 3.
[2] Mt 5,1-12.
[3] Rm 8,35.
[4] Ap 7,2-4.9-14, qui vv13-14.
[5] Eb 12,2.

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