Esaltazione della Santa Croce

17 Settembre 2025

Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo.

 

MESSA DEL GIORNO – LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,13-17)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

PRIMA LETTURADal libro dei Numeri (Nm 21,4b-9)

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì.
Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.
Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Parola di Dio.

Dal Salmo 77 (78) .
Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. R..

Non dimenticate le opere del Signore! R

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. R.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. R.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza. R.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore. R.

SECONDA LETTURA Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 2,6-11)

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Pastori siamo, ma prima cristiani”.
Inizio del «Discorso sui pastori» di sant’Agostino, vescovo

Ogni nostra speranza è posta in Cristo. È lui tutta la nostra salvezza e la vera gloria. È una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele predici e riferisci ai pastori d’Israele» (Ez 34, 1-2). Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano, quindi abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci aiuterà a dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se dicessimo infatti cose nostre, saremmo pastori che pascono se stessi, non il gregge; se invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi pascerà, servendosi di chiunque.
«Dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34, 2), cioè i pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l’Apostolo dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2, 21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto in questo ufficio – di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! – dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere cristiani riguarda noi stessi; l’essere posti a capo invece riguarda voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità, in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore è il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece dovremo rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come cristiani, ma poi dovremo rispondere in modo particolare dell’esercizio del nostro ministero, come pastori.

Parola di Dio.

Trascrizione dell’Omelia.

Siccome Gesù’ ha detto a Nicodemo che deve essere innalzato, esaltato, allora noi oggi, nell’Esaltazione della Croce, useremo proprio queste due immagini che la Liturgia della Parola ci fornisce, sia quella che abbiamo ascoltato nella Prima Lettura, dall’Antico Testamento dal Libro dei Numeri riguardo il serpente di bronzo e poi quella che appunto abbiamo appena ascoltato in Giovanni. L’avete capita la storia del serpente di bronzo? Penso di noi, perché non e’ che … allora vediamo di entrarci gradualmente. Hai capito perché Mose’ innalza il serpente di bronzo per questi? Perché Dio gli dice: “Innalzalo, quelli che lo guarderanno, guariranno”, da che cosa? Dai serpenti velenosi. Ma i serpenti velenosi erano figura di un peccato, di un modo di agire di questa gente nel deserto e cioè la mormorazione, che non e’ un mormorio leggero, la mormorazione e’, non so se la conoscete … quei giudizi che facciamo partendo da una giustizia che noi riteniamo tale. Allora che fa? Abbiamo visto una certa cosa, ci pare che quella cosa voglia dire quello che pensiamo noi, non indaghiamo, non ci interessa di indagare, però la pensiamo e secondo i nostri criteri di giustizia gli diamo anche uno statuto, un’importanza: “E’ giusto”, “Non e’ giusto”, siccome non ci basta, lo raccontiamo subito alla persona che abbiamo più vicina e guarda caso, quella che ha altri criteri rispetto ai tuoi, aggiunge i tuoi ai suoi e poi piano piano, piano piano, che cosa fa allora questa mormorazione, qualche volta e’ una calunnia, qualche volta e’ un giudizio temerario, che cosa fa? Come un serpente cerca di dividere l’amore verso Dio e l’obbedienza a lui, dal nostro senso di giustizia, propendendo verso il nostro senso di giustizia che, beninteso, senza Dio non si può comprendere, non e’ vero, non e’ autentico, però noi ci caschiamo e cominciamo a … Ora, quando questo serpente ha fatto tutto il giro, ha già inoculato abbastanza veleno nella coscienza delle persone. Guardate che queste cose non e’ che accadono al centro sociale o alla sezione del partito, queste cose accadono qui: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sarò in mezzo a loro”, però pure: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome” qualche volta stanno pensando o dicendo altro! Questo fa molto male perché diventa un veleno, questi diventano succubi di questo veleno. Allora Dio cosa fa? Dice a Mose’: “Guarda Mose’, innalza questo serpente, cioè questa logica che li ha portati a pensare così e ad agire così e poi si sono accorti che non paga, anzi che fa male, mettigliela davanti, sbattigliela davanti agli occhi così capiscano che là si sono sbagliati. Quelli che guardando questo serpente di bronzo e accorgendosi di aver sbagliato, si lasciano convincere da questo insegnamento, allora faranno ammenda del proprio peccato e cambieranno” non che si vanno a confessare solo, “e cambieranno il loro modo di essere, quelli invece che non capendo questa croce, gli cadono addosso”. Questo era un linguaggio usato nell’Antico Testamento nel Libro dei Numeri per un popolo che camminava nel deserto e in mezzo a tante prove, perché lo sapete no? A ogni piè sospinto qualcuno diceva: “Ma perche siamo venuti fino qui? Ci manca il pane, ci manca l’acqua, ci manca tutto!”, mormoravano e dicevano a Dio: “Ma, insomma, questa vita che stiamo conducendo, questa liberazione, mica e’ tanto una liberazione, ogni giorno c’e’ qualcosa che non va bene”. Adesso andiamo alla tua vita, guarda un po’, ma le tentazioni e le mormorazioni riguardano solo il rapporto con gli altri o riguardano le cose che si muovono dentro di te? Non sei tu soggetto a delle tentazioni? La tua carne, il tuo corpo, non ti mette a disagio? Quando sei giovane no, per carità, casomai metti a disagio gli altri, ma quando poi arrivi ad un certo punto metti lo stesso a disagio gli altri però metti a disagio anche te, perché lo vedi cadere, perché lo vedi invecchiare perché lo vediamo ammalarsi, perché ti accorgi che proprio nelle cose che ti riguardano c’e’ un dissidio che si consuma tutti i giorni, se e’ un dolore fisico, se e’ una preoccupazione, sicuramente ce l’avete tutti, se e’ la memoria di qualcosa che accade nelle vostre famiglie che vi pesa, pure questo si comporta come un serpente dentro di voi e cosa fa? Cerca di dividere, di separare la fedeltà a Dio dalla ragionevolezza che invece e’ frutto del demonio e tu sei là in un equilibrio instabile incapace di propendere per questo o per quello, spesso cadi nel paradosso. Allora che cosa ha pensato Dio? Di fare la stessa cosa, lo dice qua Gesù’ a Nicodemo: “Bisogna che questo corpo che ci mette in difficoltà sia finalmente fissato su un patibolo, su una croce”, allora il Figlio di Dio, il Benedetto Figlio del Padre, diceva la Lettera ai Filippesi, lasciando queste prerogative della divinità che gli avrebbero permesso di sopravvivere a qualsiasi cosa, ha scelto di assumere proprio quella natura umana che per noi, chiamata ad essere una gloria, per noi e’ spesso uno scandalo. E la assume in tutte le sue dimensioni così che, sotto i colpi di quelli che la flagellano, la sua natura umana ne sente il peso, il dolore e lo sconcerto. Perché e’ stato messo allora in croce? Dice san Paolo che quel documento che era scritto per noi, si riferisce alla Torah, alla Legge, e che ci era sconveniente perché ci giudicava e ci faceva conoscere i nostri peccati, Dio lo ha stracciato e lo ha inchiodato sulla croce e chi e’ questo documento? E’ il Cristo, lui all’origine della creazione, lui quasi, per capirci, come consigliere del creatore per creare le cose, lui si assume il compito di prendersi la nostra natura umana e lasciarla inchiodare, san Paolo in un modo veramente travolgente dirà: “Non sono più io che vivo”, questo vale per tutti i cristiani battezzati, “Cristo vive in me, anzi, questa vita che vivo nella carne”, cioè in quel paradosso che dicevamo prima: “io l’ho crocifissa con Cristo” e’ crocifissa con Cristo! E se ogni tanto ti venisse questo dubbio, toccati le mani, toccati il costato e ricordati che pure le ferite che porti tu sono una via e una chiave per entrare in comunione con Dio che ti perdona e che ti ama. Infatti, diceva proprio in questo Vangelo Gesù’ a Nicodemo, che Dio, per questo lo innalzerà sulla croce, che Dio abbia tanto amato il mondo da giocare la carta più importante, cioè da dare il suo Figlio, nessuno potrà dire a Dio: “Perché hai fatto questo a me?”, perché lui ti direbbe: “L’ho fatto al mio Figlio al posto tuo, guardalo e guarisci. La mormorazione ti ha ferito? Portala in croce, tu la meritavi perché qualche cosa l’hai fatta, lui no. E se io mando in croce lui al posto tuo, vuol dire che ti amo”. Dice ancora: “Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui, perché lo guardi e si senta conosciuto, amato, condiviso nel dolore nella sofferenza, nell’accusa da parte degli altri, perciò quando ti accusano, io sono un maestro in questo ho fatto una bella esperienza in questi ventinove anni qui alla Grotta, quando ti accusano tu guarda alla croce di Cristo, guarda a questo serpente di bronzo che e’ stato immolato per te e ricordati che non c’e’ nessun giudizio nei tuoi confronti, da parte di Dio e se qualcuno lo fa nei tuoi confronti, tu prendi questa cosa e gettala via da te, non viene dal cuore di Dio, viene dal peccato degli uomini, quello che pure tu condividi con loro. Allora noi che cosa esaltiamo oggi? Una logica che non conoscevamo, non la punizione per gli altri che ci fanno del male, ma l’amore di Dio che ha il potere di annientare questo veleno e di ricostruire una chiesa santa, una fedeltà condivisa, insomma: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sarò là, proprio in mezzo a loro”. Sia lodato Gesù Cristo.

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