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Nella Solennità di Cristo Re celebriamo la conclusione dell’anno liturgico e contempliamo con tutta la Chiesa la «beata speranza» della Sua venuta, attraverso tre giorni aperti a tutti di:
Durante i tre giorni la Scuola condividerà con tutti coloro che lo desiderano un tempo di veglia e di preghiera così come la si insegna e pratica alla Scuola di Preghiera, nella fiduciosa e incessante invocazione del Nome di Gesù.
Dalla Gaudium et Spes
“Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l’incorruttibilità; resterà la carità con i suoi frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo.”
(Gaudium et Spes, 39)
Incentreremo sulla Solennità di Cristo Re il tema del “tempo della fine” e del giudizio seguendo lo schema del triduo settimanale:
Il testo del Dies Irae e la prospettiva della Parusìa saranno lo sfondo di questo tempo di riflessione.
Da tempo la Scuola di Preghiera coltiva il desiderio di abbracciare la prospettiva di una misurazione del tempo finalmente “sapienziale”, ovvero legata alla contemplazione del mistero di Cristo che si disvela nella vita dei fedeli, e ne illumina l’esistenza, durante il vero anno di riferimento della fede, cioè l’anno liturgico, l’anno della vita della Chiesa di cui la solennità di Cristo Re segna l’apice: proviamo così a “discostarci” dalla ritualità che tutti conosciamo, tipica del capodanno solare e prettamente laica, per entrare in un’offerta nuova.
Per noi guardare al tempo in modo “sapienziale” significa quindi ricollocarlo nel mistero della salvezza, rimetterlo in relazione alla vera fonte di speranza che è l’incarnazione del Figlio di Dio sperimentabile per ogni uomo di buona volontà.
La nostra proposta per costruire con la Chiesa tutta questa prospettiva è quella di incontrarsi, ricercare insieme, contemplare e quindi celebrare il mistero divino e in particolare quello della Signoria di Cristo sulla Storia e riscoprire così la categoria universale dell’ ”Attesa del Messia”, vera luce della storia e del tempo della vita di ogni uomo.
Durante tre giorni ci incontreremo per celebrare l’attesa ecclesiale del ritorno di Cristo, per abbandonare la visione di una salvezza esclusivamente “personale” e del solo giudizio “particolare” che ci interesserà un giorno, e per aprirci con fiducia al giudizio “universale” nel senso più proprio, cioè il giudizio di misericordia e di redenzione per l’umanità che Dio Padre ha pensato nel Figlio fin dal principio.
Fare esperienza concreta dell’attesa del Messia significa ripensare le nostre giornate secondo una organizzazione del tempo non più scandita dal computo, cioè dal kronos che scorre inesorabile, bensì incentrata sul “fine”, il compimento della salvezza, quindi sul kairos, il momento in cui la parola di Dio incontra i nostri fatti e produce un’autentica novità nella nostra vita.
L’obiettivo è rifondare insieme la speranza cristiana che muove la storia, vocazione della Chiesa di ogni tempo: è infatti questo che noi proclamiamo nella liturgia eucaristica, l’essere con tutta la Chiesa nella beata speranza e nell’attesa della Sua venuta.
Da qui ricaviamo il titolo di questa tre giorni alla Scuola di Preghiera, una tre giorni che si propone quindi di aprire le porte per contemplare insieme alla Chiesa questa “attesa” e farne esperienza.
Vivere l’attesa significa prepararsi, e questa preparazione richiede non solo di contemplare il mistero della Gerusalemme celeste, ma anche di lavorare tutti concretamente a ciò che manca alla Gerusalemme terrestre per specchiarsi nella città del cielo e incontrarla.
Lo faremo incentrando questa tre giorni secondo lo schema ormai consolidato, nella Scuola, del triduo settimanale, derivato direttamente dal triduo pasquale che è centro della nostra fede ed elemento fondante di ogni esperienza cristiana autentica.
Entreremo nel triduo settimanale dalla porta del venerdì sera, in quella che abbiamo chiamato la nostra “porziuncola”, una porta del tempo che ci prepara alla “quiete” del sabato. Il venerdì sera iniziamo questa ricerca dopo aver acceso le luci, per entrare in un tempo di grazia e di bellezza nella ricerca: ci apprestiamo così, dopo il tramonto del giorno passato, a celebrare il nostro rapporto con Dio contemplando la sua rivelazione e scrutandone la Parola per ricercare le vie entro le quali vivere questa esperienza.
Il sabato della Scuola è poi vissuto con un atteggiamento duplice: da un lato la disposizione mariana della certezza nella resurrezione del Figlio, vera fonte di speranza, dall’altro il senso della gratuità della tradizione giudaico-cristiana che ci impegna nella raccolta della “manna”, cioè di ciò che ci nutre nell’attesa e ci dispone all’ascolto.
Per vivere insieme tutto questo abbiamo pensato a una organizzazione del sabato in cui riceveremo il contributo di uomini e donne di Chiesa che ci aiuteranno a capire meglio e vivere la categoria dell’attesa, in contesti che interessano ambiti diversi della vita di fede di ciascuno e della ricerca della Scuola: il senso stesso del Sabato, la catechesi ai bambini, l’iconografia e la ricerca del “volto”, il dialogo e la comunicazione.
Nella sera del sabato contempleremo quanto ascoltato pregando insieme, per poi gioire di questo giorno nella musica e vivere così l’esultanza che scaturisce dall’aver vissuto un tempo “pieno”, cioè un tempo del kairos.
Infine, se il sabato rappresenta per certi versi una manna dal cielo, o ancora l’annuncio dell’ Arcangelo Gabriele a Maria, la domenica è il luogo dove questo annuncio è gestato e preparato per la settimana nuova. Non è quindi un interludio ma il giorno della carità vissuta ed espressa, dove tutto parla di compimento e grazia: su questi temi ci incontreremo nel pomeriggio, per confrontarci, ancora ricercare e pregare.
Apice di questa tre giorni è la celebrazione della Solennità di Cristo Re, Dio e Messia che sarà per tutti noi un “atteso” e non più un “castigatore” secondo un immaginario purtroppo ancora diffuso. Incontrarlo sarà il nostro “ritorno a casa”, o teshuvah come dice l’ebraismo, perché solo in Lui potremo riguadagnare la consapevolezza della nostra identità di chiamati, di figli liberi nella terra promessa.
La sera della domenica infine ci saluteremo con una catechesi “musicale” di padre Enzo: proprio il Dies Irae di Mozart ci servirà da sfondo per contemplare questo cambio di prospettiva, ricercato nei giorni precedenti, e per iniziare a guardare al giorno ultimo, “quel giorno”, non più come il giorno dell’ira ma come il giorno della “restituzione”, del “giubileo”: il giorno in cui Gesù Cristo, buon samaritano, verrà a premiarci, cioè a supplire e rifondere ciò che sarà mancato all’oste per liberare l’umanità di ogni tempo, piagata dalla sofferenza e dal peccato.
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