V° Domenica di Quaresima

Anno Liturgico C
17 Marzo 2013

Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

PRIMA LETTURA – Dal libro del profeta Isaìa (Is 43,16-21)

Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».

Dal Salmo 125 (126)
R. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. R.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R.

SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 3,8-14)

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, 11nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Tra la speranza e la disperazione.”
Commento al Vangelo di San Giovanni
(Discorsi al popolo) dall’Omelia 33 di sant’Agostino, vescovo

8. Gli uomini corrono due pericoli contrari, ai quali corrispondono due opposti sentimenti: quello della speranza e quello della disperazione. Chi è che s’inganna sperando? chi dice: Dio è buono e misericordioso, perciò posso fare ciò che mi pare e piace, posso lasciare le briglie sciolte alle mie cupidigie, posso soddisfare tutti i miei desideri; e questo perché? perché Dio è misericordioso, buono e mansueto. Costoro sono in pericolo per abuso di speranza. Per disperazione, invece, sono in pericolo quelli che essendo caduti in gravi peccati, pensano che non potranno più essere perdonati anche se pentiti, e, considerandosi ormai destinati alla dannazione, dicono tra sé: ormai siamo dannati, perché non facciamo quel che ci pare? E’ la psicologia dei gladiatori destinati alla morte. Ecco perché i disperati sono pericolosi: non hanno più niente da perdere, e perciò debbono essere vigilati. La disperazione li uccide, così come la presunzione uccide gli altri. L’animo fluttua tra la presunzione e la disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla presunzione: devi temere, cioè, che contando unicamente sulla misericordia di Dio, tu non abbia ad incorrere nella condanna; altrettanto devi temere che non ti uccida la disperazione; che temendo, cioè, di non poter ottenere il perdono delle gravi colpe commesse, non ti penti e così incorri nel giudizio della Sapienza che dice: anch’io, a mia volta, godrò della vostra sventura (Prv 1, 26). Come si comporta il Signore con quelli che sono minacciati dall’uno o dall’altro male? A quanti rischiano di cadere nella falsa speranza dice: Non tardare a convertirti al Signore, né differire di giorno in giorno; perché d’un tratto scoppia la collera di lui, e nel giorno del castigo tu sei spacciato (Sir 5, 8-9). A quanti sono tentati di cadere nella disperazione cosa dice? In qualunque momento l’iniquo si convertirà, dimenticherò tutte le sue iniquità (cf. Ez 18, 21-22 27). A coloro dunque che sono in pericolo per disperazione, egli offre il porto del perdono; per coloro che sono insidiati dalla falsa speranza e si illudono con i rinvii, rende incerto il giorno della morte. Tu non sai quale sarà l’ultimo giorno; sei un ingrato; perché non utilizzi il giorno che oggi Dio ti dà per convertirti? E’ in questo senso che il Signore dice alla donna: Neppure io ti condanno: non preoccuparti del passato, pensa al futuro. Neppure io ti condanno: ho distrutto ciò che hai fatto, osserva quanto ti ho comandato, così da ottenere quanto ti ho promesso.

Trascrizione dell’Omelia

Questo celebre brano del Vangelo è nella nostra memoria, ce lo ricordiamo bene. Ce lo ricordiamo bene e tentiamo sempre di entrare in questo significato con il grimaldello del nostro moralismo, per dire che se uno ha peccato non può condannare nessuno e allora questi se ne sono andati solo perché si sono ricordati di aver peccato. Dunque questo è tutto quello che Gesù avrebbe da insegnare, cioè: “State attenti a come parlate perché se avete peccato non potete giudicare nessuno”, tutto qua. Io invece credo che siccome la Chiesa pone nel cuore della Quaresima questo brano, forse dovremmo aprirlo con un’altra chiave, non con un grimaldello, ma con la chiave interpretativa che è proprio legata a questa realtà della Quaresima. E ci invita a farlo la prima Lettura che abbiamo ascoltato del profeta Isaia, che ricorda ad Israele quello che Dio ha fatto: “Guarda Israele il Signore che ti ha offerto una strada nel mare”, cioè che ti ha aperto le acque del Mar Rosso, dunque un chiaro riferimento alla Pasqua, “e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli del faraone, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti” (Is 43,16-21). A che fa riferimento? Fa riferimento ad un modo che gli ebrei hanno di celebrare la Pasqua: quando hanno fatto il racconto dei prodigi del Signore, di quella notte quando ha aperto il mare per loro e li ha fatti passare verso il deserto dal quale si sono incamminati per diventare una generazione nuova, quando si trovavano dall’altra parte del Mar Rosso e le acque si sono richiuse ed hanno inghiottito gli egiziani con i carri ed i cavalli. La liturgia pasquale domestica degli ebrei fa raccontare loro tutta questa vicenda in mezzo a tanti racconti sapienziali e questa liturgia termina con questa parola: “E Israele vide gli egiziani morti sulla riva del mare”. Vedere gli egiziani morti sulla riva del mare significa constatare la salvezza attuata, significa constatare che quello che Dio aveva promesso è accaduto, che tutto ciò che apparteneva al mondo dell’Egitto, al mondo della carne, cioè alle logiche stringenti come quelle del nostro mondo, tutto quello è stato finalmente tolto di mezzo e Israele può cominciare il suo cammino. Ora, se Israele può cominciare il suo cammino, verso che cosa si dirigerà? Tu dirai: “Verso la Terra Promessa”. Se tu cominci un cammino di conversione, verso che cosa ti dirigi? Verso qualcosa che dica chi sei veramente, dunque tutto quello che apparteneva a prima, tutto quello che ti teneva soggiogato e impaurito e oppresso, tutto quello è stato messo da parte. Allora dice Isaia: “Se è così: non ricordate più le cose passate (Is 43,18), non pensate più alla vostra dipendenza dal peccato, dalla logica del male. Ecco: io, facendovi passare il Mar Rosso, faccio una cosa nuova”. Questo è l’oggetto della fede, che Dio, cioè, faccia una cosa nuova, questa è la Pasqua, questo è il motivo per cui ci siamo incamminati in questo deserto quaresimale, con la speranza di vedere attuarsi nella nostra vita una cosa nuova. Io sono sicuro che se noi mettessimo davanti alla nostra attenzione la possibilità che Dio faccia una cosa nuova, forse le nostre Quaresime sarebbero più efficaci, forse le nostre conversioni sarebbero più autentiche. Invece perché noi ci mettiamo in moto? Perché vogliamo diventare migliori, allora ogni Quaresima pensiamo di diventare migliori e non lo diventiamo mai. Sono due grandezze diverse, lo capite? Allora questa era la parola di Isaia, adesso andiamo a guardare il Vangelo con questo senso delle cose. Dunque Israele quando celebra la Pasqua deve ricordarsi da dove Dio lo ha tratto, come lo ha liberato e verso che cosa lo ha portato: questi sono i tre punti fondamentali della fede di questo popolo e sono arrivati anche fino a noi attraverso la mediazione del Cristo. Ci sono arrivati nella maniera più concreta, più bella, più vicina anche alla nostra comprensione. L’evangelista Giovanni pone questo dramma dentro un fatto, un episodio un po’ scabroso, un po’ scottante, che viene raccontato e attuato – secondo l’evangelista Giovanni – là, vicino al Tempio, là dove Gesù si era recato a pregare e dove i farisei e gli scribi – cioè i conoscitori della Legge, i conoscitori del pensiero di Dio – erano pronti a giudicare, a valutare i fatti dell’uomo. Portano questa donna da Gesù e gli dicono, lo sapete: “L’abbiamo trovata in flagrante adulterio” (cfr. Gv 8,4). C’è flagranza, dunque non ci sono santi, “è così l’abbiamo trovata proprio mentre stava peccando, l’abbiamo vista, l’abbiamo presa, te la portiamo davanti. Guarda bene Gesù: la Torah, cioè tutto quello che pensa Dio, dice che questa donna deve essere lapidata. Tu che dici?”. Che vuol dire: “Tu chi sei?”. Guardate che si gioca una partita importante. Capire chi è il Cristo vuol dire capire anche con chi ci si sta relazionando e che cosa comporterà per la nostra vita. Gesù comincia a scrivere per terra, apparentemente come se non fosse interessato, poi si alza, guarda gli astanti e dice: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”, e si rimette a scrivere per terra. Dice Giovanni: “Dai più anziani, se ne andarono via, via tutti quanti”. Che cosa è accaduto? Come si fa a leggere questo episodio? Bisogna tornare al capitolo 9 del Libro del Deuteronomio, proprio la Legge, proprio la Torah, proprio ciò che questi farisei e scribi capivano, comprendevano ed insegnavano. Dice il capitolo 9: “Guarda Israele, ricordati bene da dove vieni, ricordati che tu sei stato sempre infedele, che tutte le volte che Dio ha fatto qualcosa per te lo hai tradito e Dio quando ti ha voluto incontrare ti ha incontrato sempre in fragranza di adulterio. Ma nonostante questo, quando giungesti sul monte Oreb, sul Sinai e Dio ha dato la Legge per mezzo di Mosè, col suo dito l’ha scritta sulle tavole di pietra, col suo dito ha impresso quello che Lui pensava per gli uomini”. Allora questo gesto di Gesù che scrive sulla terra, sulla polvere, ricorda a questi uomini… non ce la fanno a ricordarselo, non se lo ricordano. Loro hanno la Legge, non hanno colui che ha dato la Legge, loro conoscono la logica della Legge, non l’amore che precede e motiva questa logica. Questa purtroppo amici è spesso anche la nostra situazione. Noi sappiamo come valutare le cose secondo il nostro punto di vista, secondo ciò che ci sembra ovvio e lapalissiano, non quello che è nel cuore di Dio e qual è il progetto per ogni uomo, anche per gli uomini peccatori. Ma di fronte a questo gesto e a Gesù che dice: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra” (Gv 8,7), costoro si ricordano che Dio in questa flagranza di adulterio, anche questa volta che li sta visitando, li ha trovati in qualche modo in difficoltà. Li ha trovati di nuovo dentro un tradimento, perpetrato, consumato e manifesto, in una situazione in cui versa Gerusalemme nel momento in cui Gesù la visita, in una situazione, in una circostanza di manifesto, di flagrante tradimento, per questo se ne vanno. Chi più Pasque ha celebrato, meglio si ricorda qual è il linguaggio di Dio. Ogni Pasqua è per ricordarsi che gli egiziani sono morti, sono sulla riva del mare e che nasce una cosa nuova. Qual è questa cosa nuova? Un uomo nuovo, un popolo nuovo, una nuova terra, una nuova logica per vivere, per servire il Signore, un nuovo modo di essere. Questo sta davanti ai nostri occhi, quando pensiamo alla conversione, non a un modo migliore di vivere, a un modo più buono, più gentile, perché sarebbe un moralismo anche questo. Noi pensiamo a un nuovo modo di essere, a un nuovo modo di abitare la nostra identità, a un nuovo modo di manifestare anche la bellezza che promana dalla luce del volto di Cristo. Quando Gesù guarda questa donna rimasta ormai sola – e qua chiarisce ancora meglio il nostro pensiero – le dice: “Donna, dove sono questi? Dove sono queste parole che ti condannano? Non c’è più nessuno?” – “Nessuno, Signore” – “Ebbene, neanche io ti condanno, perché non sono venuto per questo, va’ e non peccare più” (cfr. Gv 8,10-11). Anche qua non c’è moralismo: “Guarda che se ripecchi sono affari tuoi”. “Va’ e non peccare più” significa: “Tu da oggi sei nuova, tu da oggi hai di nuovo in mano le sorti della tua storia, tu da oggi sei veramente una creatura nuova, dunque agisci, e opera e muoviti secondo un linguaggio nuovo”. Guardate che questa è una grande provocazione per la Chiesa nascente al tempo di Giovanni, una grande provocazione per chi non ce la faceva ad abitare questo tempo nuovo e lo è anche per noi questo, una provocazione. Guardate come siamo, siamo attenti a certi particolari, ci dicono e non ci dicono. Che cosa vi aspettate? Che cosa vi aspettate di vedere? Ci sono alcuni aspetti che ci stanno dicendo: “Forse possiamo tornare a pensare in un modo nuovo, forse c’è qualcosa che sta accadendo davanti ai nostri occhi che ci farà vivere e soprattutto celebrare la fede con un linguaggio nuovo, più semplice, più povero, forse più adatto a noi in questo momento della storia”. Dimmelo un po’, fin dove sei disposto ad arrivare? Fin dove sei disposto ad accompagnare questo Pastore, il Cristo per te oggi, questa realtà impervia della storia, in cui gli uomini ancora sono pieni di giudizi, di pregiudizi? Fin dove sei disposto anche tu a chinare il capo, a chiedere la benedizione di tutta la Chiesa, ad umiliarti come si è umiliato il Figlio di Dio, a ripetere questo gesto perché gli uomini siano salvi, siano liberi, liberati dalle loro catene, possano rialzarsi? Quanto ti senti testimone di questo messaggio? Quanto pensi tu, battezzato, di essere portatore di questo annuncio? Guarda, oggi la Chiesa ti chiede di guardare a un uomo che viene da lontano anche lui e che si sta offrendo per questo linguaggio, sta dicendo al mondo: “Ecco Dio fa una cosa nuova, non ve ne accorgete? (Is 43,19) Non lo vedete? Non è anche la vostra speranza? Non è anche il vostro linguaggio?”. Allora lodiamo insieme il nostro Dio, che ci ha guardati nel nostro adulterio e ci ha rialzati, ci ha rimessi dentro una via spianata e ci sta ridando un modo di essere e di parlare, congruo con la nostra situazione umile. Ringraziamolo per la sua grande misericordia.

Sia lodato Gesù Cristo.

Preghiera dei fedeli

Padre Santo e misericordioso, apri per noi questa ulteriore porta della speranza, attraverso la quale possiamo finalmente scorgere qual è il premio che ci hai promesso, quello di costruire un tempo nuovo, una realtà nuova, di celebrarti con un cantico nuovo. Manda il tuo Spirito, che ci aiuti a scorgere meglio il volto del tuo Cristo, e soprattutto ci metta nelle condizioni di offrirci generosamente per questo annuncio, per questo apostolato, per questa nuova evangelizzazione. Per questo ti preghiamo.

Ti preghiamo, Padre Santo, per il Papa. Noi ti siamo grati per averci dato un uomo così vicino a noi e così vicino a Te. Ti chiediamo, Padre Santo, di sostenerlo in questo tempo, di mantenerlo dentro la tua grazia, di mostrare in lui la tua misericordia, perché ogni uomo si senta riconciliato, e possa lodarti e amarti nella Chiesa. Per questo ti preghiamo.

Ti preghiamo, Padre Santo e misericordioso, per tutti quelli che si trovano schiacciati dai giudizi e dalle accuse degli altri. Rialzali, fa’ conoscere loro a quale speranza li hai chiamati e mettili al riparo dalle insidie dei nemici. Per questo ti preghiamo.

Ti preghiamo, Padre Santo e misericordioso, per tutti quelli che sperano in un mondo nuovo, perché oppressi da molti mali, perché nella solitudine, nella povertà, nell’incapacità di costruire una vita credibile, hanno cominciato a disperare del tuo amore. Per questo ti preghiamo.

Ti prego, Padre Santo e misericordioso, per questi tuoi figli. Dona loro il coraggio di seguire le vie dello Spirito, di mettersi al servizio della Parola, di raggiungere ogni uomo schiacciato dal male e dalla morte. Ti chiedo, Padre Santo, di ascoltare anche le loro preghiere e di esaudirle, così che quando vedranno che Tu ascolti ciò che ti chiedono, forse anche loro saranno generosi nel donare se stessi. Te lo chiedo per Cristo nostro Signore. Amen.

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