Domenica delle Palme

Anno Liturgico C
24 Marzo 2013

La Passione di Nostro Signore

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 22,14 – 23,56)

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele.
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento ». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatèa, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.

PRIMA LETTURA – Dal libro del profeta Isaìa (Is 50,4–7)

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Dal Salmo 21 (22)
R. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele. R.

SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 2,6-11)

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Signore è la radice su cui è cresciuta la Chiesa.”
SERMONES (Discorsi al popolo) di Sant’Agostino, vescovo
(44-1-0 44-2-0)

1.Fratelli carissimi, molto tempo prima [che le cose avvenissero] fu profetizzato del nostro Signore e Salvatore: Si eleverà come un virgulto e come una radice in terra assetata (Is 53, 2). Perché come una radice? Eccotelo! Non ha bellezza né onore (Is 53, 2). Soffrì, fu umiliato, fu sputacchiato. Non aveva bellezza. Si mostrava uomo, mentre era Dio; ma era come una radice, la quale non è bella anche se nel suo interno ha la forza della sua bellezza. Statemi attenti, fratelli miei, e osservate la misericordia di Dio. Quando guardi un bell’albero, prosperoso, verdeggiante per le foglie, ferace di frutti, lo esalti. Ti piace staccare qualcuno dei suoi frutti, sederti alla sua ombra e ristorarti dal caldo: lodi questo complesso di bellezze. Se ti si mostrasse la radice, non vi troveresti alcuna bellezza. Non disprezzare ciò che è privo di appariscenza: da lì ha tratto origine tutto ciò che ammiri. Come radice in terra assetata. Guardate ora lo splendore dell’albero!.

2. E’ cresciuta la Chiesa; le genti hanno creduto, nel nome di Cristo sono stati vinti i sovrani, perché in tal modo diventassero vincitori nell’intera faccia della terra. Il loro collo si è piegato al giogo di Cristo. Prima perseguitavano i cristiani a motivo degli idoli, ora perseguitano gli idoli a causa di Cristo. in ogni angustia, in ogni loro tribolazione adesso ricorrono tutti all’aiuto della Chiesa. Quel granello di senape è cresciuto, diventando più grande di tutti gli ortaggi, e gli uccelli del cielo vengono, vengono i superbi del mondo, e trovano riposo al riparo dei suoi rami (Cf. Mt 13, 31-32; Lc 13, 19). Donde una così grande bellezza? E’ sorta da non so quale radice, e ora questa bellezza è coperta di gloria. Andiamo a cercare la radice. Fu coperto di sputi, fu umiliato, flagellato, crocifisso, ferito, disprezzato. Ecco, qui non c’è bellezza, ma nella Chiesa rifulge la gloria della radice. Il profeta dunque descrive lo sposo e lo presenta disprezzato, disonorato, abietto. Ora però voi potete osservare l’albero che è sorto da tale radice e ha riempito l’universo. radice in terra assetata.

Trascrizione dell’Omelia

Tutti gli anni la Chiesa ci rimette davanti agli occhi questa gloriosa passione di nostro Signore Gesù Cristo, tutti gli anni ci chiede di entrare in questa offerta di grazia, che si inaugura con la sua morte in croce. Io questa volta vorrei entrare con voi un po’ più consapevolmente dentro i momenti della passione che abbiamo appena ascoltato, senza esagerare, vorrei solo dire qualche cosa, non vorrei fare un’omelia lunga. Innanzitutto, che cosa sta accadendo? Ce lo diceva la Seconda Lettura: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”. il Verbo nella Trinità eterna prende sulle spalle una vocazione e una missione ed entra nella storia, accettando in quel preciso istante di non ritenere nulla della divinità, che pure gli apparteneva, e di prendere tutto dell’umanità, che poteva benissimo rifiutare. Quando prende l’umanità prende la tua umanità, la mia umanità. Quale? Un’umanità che per capire deve crescere, che per capirsi deve fare molta introspezione, che per sapere qual è la propria identità deve sudare sangue. Dunque, dentro la sua vita terrena, Gesù gradualmente recupera questa memoria che si era offuscata dentro la sua umanità, questa memoria della vita con Dio, con Dio Padre nella Trinità. E quando giunge al suo compimento racconta ai suoi discepoli che cosa ha in mente di fare: un matrimonio in Cana di Galilea, cioè un luogo in cui è promesso a tutti gli uomini che ci sarà un vino migliore, che sarà versato alla fine. La forma per entrare in questa logica, in questa offerta, è il matrimonio, lo sposalizio, cioè l’unione perfetta, definitiva, l’unione che permette alla realtà di Dio di ricomprarsi l’uomo e permette all’uomo di aderire a questa offerta che Dio Padre gli sta facendo. Dopo tutta la predicazione, i miracoli, dopo tutta la vita pubblica di Gesù, giungiamo in questo momento oscuro della sua storia, il momento in cui sta per celebrare questa Eucarestia, sta per celebrare il compimento del progetto. Aveva lasciato la Trinità, vi sta tornando, vuole portarci l’umanità, la debolezza della nostra umanità. Sa che una volta che avrà riportato la nostra umanità a Dio, il mondo sarà finito, la storia sarà finita, tutto è compiuto, non c’è più nulla da aggiungere. Il motivo per cui era venuto si è celebrato, allora tutti con lui saremmo entrati in questa Pasqua eterna, quella notte e quel giorno in cui si è lasciato mettere in croce. Non ci sarebbe stata la storia, non ci sarebbe stata la storia della salvezza. Quello che doveva fare lo stava facendo, lo avrebbe fatto: muore sulla croce. Allora Gesù dice già come intende entrare in questo tempo e come tutti sono convocati, dice: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi”, e ancora: “Prendete questo calice, perché vi dico che da questo momento non berrò più del frutto della vite finché non verrà il regno di Dio” (Lc 22,18). Un’altra versione dice: “Non berrò più questo vino finché non lo berrò di nuovo con voi nella casa del Padre mio” (Mt 26,29). Sapete chi è che in Galilea pronunciava queste parole? La sposa, che abbandonando la casa di suo padre, faceva questo rito: prendeva questo vino e diceva: “Non lo riberrò finché non lo berrò in casa di mio marito”. Dunque Gesù sta celebrando le nozze con l’umanità, sta dicendo: “Io riberrò questo vino nella casa del Padre mio, dove sposerò per sempre questa umanità, per la quale ho scelto di entrare nella storia”. Poi offre se stesso al Padre e agli uomini: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, cioè: “Anche voi entrate in questo sposalizio, anche voi siete associati a questo ritorno a Dio, per sempre”. E gli uomini, attoniti allora, come noi, come voi oggi: “Ma come entreremo? Come sarà possibile? Siamo inadeguati, non sappiamo cos’è la divinità, come è possibile che la nostra carne entri dentro la trascendenza nella quale vive la Trinità Santissima?”. Noi questa cosa qua la diciamo in un altro modo, diciamo: “Ma ce la possiamo immaginare veramente questa eternità? Noi vediamo solo storia, e una storia tanto contraddittoria. Ma come è possibile che abituati a queste cose, possiamo pensare addirittura a questo… Abbiamo visto morire tanti, Signore, abbiamo visto mancare tanti davanti a noi, come è possibile che tu recuperi queste morti? Come è possibile che tu salvi addirittura la nostra carne? È veramente difficile, è più difficile questo che pensare all’incarnazione del Verbo, veramente”. Allora Gesù dice: “C’è una via, c’è un linguaggio che potete usare, e sarà così: io me ne vado, ma voi gradualmente entrerete in questo tempo e ci entrerete facendo come fanno i servi. Cioè servendo gli altri, prendendovi sulle spalle, caricandovi sulle spalle la non-fede degli altri, la malvagità degli altri, la durezza di cuore degli altri. Fatelo voi, perché quelli non lo possono fare. Prendete sulle vostre spalle questa pena, perché gli altri non possono prenderla, non sanno quello che fanno. Dunque entrate in questa logica, e d’ora in poi prendete la spada della Parola per fendere la storia e per far conoscere all’uomo per quale motivo io sono venuto al mondo”. Poi prende i suoi, se ne va fino al Monte degli Ulivi, li lascia a un tiro di sasso – sapete che vuol dire a un tiro di sasso? Vuol dire sufficientemente lontano –, così abbastanza lontano che questi suoi discepoli non possono ascoltare ciò che Gesù dice al Padre. Dunque chi lo scrive, in questo Vangelo che abbiamo letto, lo scrive perché ha conosciuto il Cristo e sa qual è l’annuncio che ha fatto, non perché lo ha sentito. E cosa dice Gesù a un tiro di sasso da questi discepoli, da questi apostoli, colonne della Chiesa nascente, Pietro Giacomo e Giovanni, che stanno dormendo e non riescono a tenere gli occhi aperti? Va più lontano e dice al Padre: “Padre se vuoi passi da me questo calice” (Lc 22,42). Era la Pasqua degli ebrei, c’era un quinto calice che avrebbero dovuto prendere e bere, era il calice di Elia, nessuno deve berlo finché non torna il Messia. Quel calice, quando si berrà, quando il Messia verrà, comincerà il giudizio finale. E’ il calice dell’ira di Dio, cioè è il calice in cui noi scopriremo quanto ci ha amati Dio e siccome scopriremo che ci ha amato di più di quello che noi pensavamo, lo vivremo come un dolore profondo e una gioia profonda. L’ira sul peccato e sulla morte, non certo sulla nostra vita; l’ira su ciò che ci ha distratto e ci ha confuso, non certo sul nostro desiderio di conoscerlo. Di quel calice di Elia che deve essere versato, Gesù dice: “Questo calice, se vuoi, non lo versare”, cioè: “Padre, non fare accadere ora il giudizio universale. Questi uomini dormono, questi uomini non ce la fanno, si perderebbero, lasciagli un tempo, fallo durare questo tempo, perché in questo tempo servendosi gli uni gli altri, comprendendo che fanno parte di una cordata di salvezza, si carichino del peso, dell’ignoranza, della miscredenza, della malignità degli altri, si carichino di questo peso e portino volentieri la croce, fino al giorno in cui veramente tutto sarà compiuto. Se vuoi non chiudere oggi la storia”. E Gesù sa di essere ascoltato, in forza della sua obbedienza a Dio sa che Dio Padre lo sta ascoltando e concede agli uomini questa grande dilazione, che è la storia, che è la storia della Chiesa, che non è la storia della salvezza qui ed ora, come ce la immaginiamo noi, come la vorrebbe il demonio che ci dice sempre: “Come mai non è tutto perfetto? Come mai la Chiesa non è perfetta? Come mai tu non sei perfetto? Come mai Dio non è perfetto e fa ancora morire i bambini?”. Noi siamo consapevoli di camminare umilmente e silenziosamente dentro questa grande dilazione del tempo, dentro questo squarcio del tempo, finché tutto non sia giunto alla maturità che conviene alla persona del Cristo. E noi ci carichiamo di questo compito! Se un uomo non si salva perché noi non gli abbiamo fatto sapere che Dio Padre sta attendendo questo compimento, a noi chiederà. E a chi più è stato dato, a chi più parole sono state consegnate, sarà chiesto di più, sarà chiesto per quelli ai quali non è stato dato (cfr. Lc 12,48). Ma noi ci sentiamo anche lusingati di questo. Padre, ci hai chiamati alla storia, potevamo non entrarci. Tu ci hai chiamati nella storia perché il tempo non è ancora definitivamente compiuto, perché questa perfezione della Chiesa non è ancora giunta, ci hai chiamati perché la produciamo, perché la portiamo dove Tu hai fissato. E con Gesù diciamo anche noi che vogliamo bere questo vino finalmente nel luogo dove Tu ci sposi, dove Tu riscatti il nostro celibato, la nostra vedovanza, dove Tu riscatti la nostra solitudine, l’amore che non abbiamo vissuto, che non abbiamo dato, là dove Tu porti a compimento questa voragine di senso che sta dentro la nostra vita e che con i nostri tentativi non riusciamo mai a colmare. Tutto questo giunge fino alla croce, fino al momento in cui gli uomini non sapranno valutare e giudicare quello che sta accadendo: “È un re o non è un re?”, “Ma se sei un re, scendi dalla croce”. Poi finalmente le parole di quest’uomo a fianco a Gesù, che dice: “Signore, fa’ che io sia con te. Ho compreso, se tu vai a morire e non hai fatto nulla, non sei come me. Se tu vai a morire innocente, c’è un segreto che ancora non conosco, ma che desidero conoscere e vedere faccia a faccia”. E’ la preghiera degli uomini insieme a questo buon ladrone sulla croce che dice: “Veramente noi qualche cosa l’abbiamo combinata, tutte le volte che accade qualcosa ci sentiamo responsabili, ci domandiamo spesso se non è a causa dei nostri peccati. Ma tu no, tu non hai peccato, tu non hai fatto il male, non hai voluto il male, non hai celebrato il male. Tu hai parlato di cose buone, sei stato mite e umile di cuore, ti aggiravi in mezzo a noi come uno che viene da Dio. Abbiamo sentito il tuo profumo, abbiamo ascoltato la bellezza delle tue parole, ci ha risollevati, ci siamo sentiti riconosciuti. E allora fa’ che anch’io entri in questo matrimonio, fa’ che anche io partecipi di questa libazione eterna, fa’ che anche io viva come vivi te”, parafrasando le parole del Libro dei Numeri. “Sia la mia morte come quella del mio giusto, sia la mia vita dove è lui”, dice un uomo non ebreo nel Libro dei Numeri (cfr. Nm 23,10). E’ la nostra preghiera e Gesù dice a questo ladrone e dice a noi: “Io ti dico, oggi, nel momento in cui tu stai pronunciando la forza di questa fede, la bellezza, la purezza di questo atto di affidamento, ora, ora io ti dico che tu sei associato a me. Questa fede, questa preghiera che tu stai facendo, ti lega a me per sempre, lega me a te per sempre. Io mi lascio legare su questo altare del sacrificio perché – come dice la legge dei giudei – altrimenti non sarebbe valido. Mi faccio legare per salvarti, per portarti, per rassicurarti che sarai con me, e con me regnerai”. Terminato tutto questo, Gesù si rivolge verso il Padre e dice: “Padre, in tutto questo tempo che scorrerà da oggi fino al giorno in cui io tornerò glorioso, non ascrivere loro le colpe che hanno, non li condannare per la loro stoltezza. Di generazione in generazione manda loro il tuo Spirito, di generazione in generazione mandagli degli uomini e delle donne che sappiano parlare al loro cuore, che li convincano, che li convertano, che gli sciolgano il nodo del peccato che portano dentro. Questi non lo sanno quello che hanno fatto, non li accusare per questo, non li condannare per questo”, e Dio sempre in tutte le generazioni ci viene incontro con un linguaggio che è per noi, come ora: stavamo aspettando, un po’ smarriti, un po’ confusi, un po’ senza comprendere e Dio ha pronunciato un nome, adatto, comprensibile, fatto per le nostre orecchie, desiderabile al nostro cuore. Un nome che noi conoscevamo, ci è piaciuto, vi abbiamo riconosciuto qualcosa del Cristo, perché abbiamo conosciuto quel nome associato a Cristo e abbiamo detto: “Tu fai nuove tutte le cose. Tu ci vieni incontro con la povertà di un servo umile che bacia la croce, che si lascia legare le mani, per amore dei tuoi figli”. E abbiamo avuto nel Sommo Pontefice questa risposta così meravigliosa. Ecco che cosa celebriamo noi oggi, fratelli, ecco che celebriamo noi in questo tempo. Non una memoria di fatti lontani, noi celebriamo qui ed ora un sacrificio che ci ottiene, qui ed ora, la possibilità di entrare in questo Regno, di entrare in questa relazione col Padre, tenendo fuori tutti i peccati, tutti i sospetti, tutto il male che pure noi abbiamo contribuito a fare. E questo riaccende il fuoco in tutta la Chiesa, riaccende una luce meravigliosa che noi celebreremo alla fine, proprio la notte della Pasqua benedetta.

Sia lodato Gesù Cristo.

Preghiera dei fedeli

Padre Santo e misericordioso, alla nostra debolezza Tu hai risposto mandando il tuo Figlio, che non ha disdegnato la condizione fragile della nostra umanità, e ci ha permesso di guardare nello squarcio della storia qualcosa della tua bellezza, della tua eternità, della tua santità. Allora vieni in nostro soccorso, manda il tuo Spirito e ispira in noi la preghiera autentica. Per questo ti preghiamo.

Ti preghiamo, Padre Santo e misericordioso, per la Chiesa, per il papa Francesco, per questa nuova epoca di evangelizzazione. Apri il cuore degli uomini, non solo di quelli che non credono, apri soprattutto il cuore e le orecchie dei tuoi figli, quelli che celebrano il tuo nome. Riconoscano una vocazione nuova, un tempo nuovo di evangelizzazione, non si tirino più indietro timorosi. Per questo ti preghiamo.

Ti preghiamo, Padre Santo e misericordioso, per gli uomini affranti che sono schiacciati dal dolore a causa della morte delle persone care, a causa dalla malattia, a causa dell’abbandono. Padre Santo, possano vedere qualcosa della tua gloria, essere confortati dalla presenza del tuo Cristo. Per questo ti preghiamo.

Ti preghiamo, Padre Santo e misericordioso: tutte le volte che andiamo incontro ai nostri nemici, a quelli che ci fanno del male, ricordaci la Passione del tuo Figlio perché sappiamo con quali armi di mitezza e di misericordia possiamo entrare in relazione con loro. Per questo ti preghiamo.

Ti prego, Padre Santo e misericordioso, per questi tuoi figli. Falli entrare in questa settimana di Passione consapevoli di avere un’identità e una vocazione precisa nella Chiesa, e di volerne portare a compimento la missione. Te lo chiedo per Cristo nostro Signore.

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