Dio non è dei morti, ma dei viventi.
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 20,27-38)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
PRIMA LETTURADal secondo libro dei Maccabèi(2Mac 7,1-2.9-14)
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».
Salmo 16.
Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto. R..
Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno..R
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole. R.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.R.
SECONDA LETTURA Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (2Ts 2,16-3,5).
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
“Cristo volle salvare tutto ciò che andava in rovina”.
Dall’«Omelia» di un autore del secondo secolo
Fratelli, ravviviamo la nostra fede in Gesù Cristo, vero Dio, giudice dei vivi e dei morti, e rendiamoci consapevoli dell’estrema importanza della nostra salvezza. Se noi svalutiamo queste grandi realtà facciamo male e scandalizziamo quelli che ci sentono e mostriamo di non conoscere la nostra vocazione né chi ci abbia chiamati né per qual fine lo abbia fatto e neppure quante sofferenze Gesù Cristo abbia sostenuto per noi.
E quale contraccambio potremo noi dargli o quale frutto degno di quello che egli stesso diede a noi? E di quanti benefici non gli siamo noi debitori? Egli ci ha donato l’esistenza, ci ha chiamati figli proprio come un padre, ci ha salvati mentre andavamo in rovina. Quale lode dunque, quale contraccambio potremo dargli per ricompensarlo di quanto abbiamo ricevuto? Noi eravamo fuorviati di mente, adoravamo pietre e legno, oro, argento e rame lavorato dall’uomo. Tutta la nostra vita non era che morte! Ma mentre eravamo avvolti dalle tenebre, pur conservando in pieno il senso della vista, abbiamo riacquistato l’uso degli occhi, deponendo, per sua grazia, quel fitto velo che li ricopriva.
In realtà, scorgendo in noi non altro che errori e rovine e l’assenza di qualunque speranza di salvezza, se non di quella che veniva da lui, ebbe pietà di noi e, nella sua grande misericordia, ci donò la salvezza. Ci chiamò all’esistenza mentre non esistevamo, e volle che dal nulla cominciassimo ad essere.
Esulta, o sterile, tu che non hai partorito; prorompi in grida di giubilo, tu che non partorisci, perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata dei figli di quella che ha marito (cfr. Is 54, 1). Dicendo: Esulta, o sterile, tu che non hai partorito, sottolinea la gioia della Chiesa che prima era priva di figli e poi ha dato noi alla luce. Con le parole: Prorompi in grida di giubilo…, esorta noi ad elevare a Dio, sempre festosamente, le voci della nostra preghiera. Con l’espressione: Perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata dei figli di quella che ha marito, vuol dire che il nostro popolo sembrava abbandonato e privo di Dio e che ora, però, mediante la fede, siamo divenuti più numerosi di coloro che erano guardati come adoratori di Dio.
Un altro passo della Scrittura dice: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9, 13). Dice così per farci capire che vuol salvare quelli che vanno in rovina. Importante e difficile è sostenere non ciò che sta bene in piedi, ma ciò che minaccia di cadere. Così anche Cristo volle salvare ciò che stava per cadere e salvò molti, quando venne a chiamare noi che già stavamo per perderci.
Trascrizione dell’Omelia.
Chissà se ci avrete fato caso che c’è un elemento comune a tutte e due questi brani, quello della Prima Lettura tratto dal Libro dei Maccabei e poi questo Vangelo di Luca sulla resurrezione dei morti. Parlava, quel brano dei Maccabei, in un momento drammatico della vita di Israele perché i Greci con la loro mentalità, avevano deciso di cambiare la fedeltà dei Giudei alla Legge, alla Torah, con i loro modi moderni, con le loro cose, avevano pensato di cambiare la fedeltà alla Legge e dunque chi si rifiutava di fare questo veniva ucciso, come quei sette fratelli Maccabei che sono stati torturati per non aver accettato di cancellare la loro appartenenza alle promesse che Dio ha fatto al suo popolo. Erano sette ed in questo momento in cui Gesù incontra i Sadducei, questi gli dicono che c’era una donna che aveva avuto come mariti sette fratelli, erano morti tutti quanti, appellandosi ad un precetto della stessa Torah, loro dicono che siccome una donna deve dare figli al suo marito, questa può sposarli uno dopo l’altro e alla fine di chi sarà? Ora entriamo in questa sapienza, sapete, noi siamo alla fine dell’anno liturgico, manca poco ormai, alla fine dell’anno liturgico significa che tu hai contemplato l’incarnazione del Verbo a Natale l’anno scorso, ti ci sei preparato con l’Avvento, con una parola che ti ha svegliato tutte le Domeniche perché tu attendessi o imparassi ad attendere, una parola che diventa carne, non un significato qualsiasi e poi dopo l’hai seguita nella sua predicazione, hai ascoltato, hai visto come Gesù è passato in mezzo al suo popolo, hai contemplato tutti i misteri della vita di Cristo entrando con lui nella passione, nella morte e ne hai celebrato la resurrezione. Lo hai guardato con stupore quando si alzava verso il cielo il giorno dell’Ascensione e nella Pentecoste hai sperato di ricevere anche tu questa promessa dello Spirito, perché la Legge di Dio finalmente parlasse dalla tua interiorità e non ti costringesse invece a fare le cose che una legge degli uomini fa. Dunque percorrendo tutto questo itinerario della contemplazione dei misteri di Cristo, dopo aver celebrato i santi ed aver ricordato i morti, ora puoi cominciare a guardare da questo davanzale della tua devozione, che cosa c’è dopo e dimmi cristiano, qual è la tua speranza oggi? Tu sai che dopo c’è una vasta prateria dove fai il picnic eterno con gli amici tuoi, oppure c’è la visione beatifica, c’è la possibilità di accorgersi che quel Dio che ti ha chiamato dalle tenebre, da lontano, alla sua ammirabile luce, ora non è più in alto, ora non è più diverso, ma è specchio della tua identità rinnovata, perché proprio camminando sulle orme di Gesù sei diventato come Lui, tu ti senti così? Se tu hai questa speranza in te, allora vedi faccia a faccia l’oggetto della promessa e mutui fiducia di poter abitare anche tu questa vita eterna. Non te la immaginare, perché le immaginazioni che abbiamo noi della vita eterna fanno anche un po’ sorridere, sono pure un po’ noiose, questi angeli che vanno a destra e sinistra, non si sa, quando Gesù dice: “Saranno come angeli del cielo” tu dici: “Era meglio sulla terra!”. Dunque qual è la qualità della tua attesa, qual è la qualità della tua speranza? Perché se tu chiarisci qual è questa qualità, dopo vivrai la fede come una colonna che ti sostiene e la carità come una realtà quotidiana, come una porta aperta a tutti, come la capacità di perdonare, di chiedere perdono, insomma come una vita che vale la pena di essere vissuta. Questo i Sadducei lo sapevano o non lo sapevano? C’è da chiederselo, forse così legati agli affari del Tempio si erano dimenticati che una generazione aveva lottato perché quel Tempio fosse riconsacrato, era proprio quella dei Maccabei. Dunque se ne erano dimenticati e pongono questa domanda a Gesù così, quasi da ignoranti: “Se una donna …., aveva prima uno poi l’altro, poi l’altro, e dopo come va a finire?” quella donna è Gerusalemme, quella donna è Israele, quella donna, se lo vuoi sapere, è la chiesa dentro la quale la tua anima non è chiamata a riempire un posticino, se fosse chiamata a riempire un posticino, dovresti aspettarti un posticino pure in cielo! No, invece, la chiesa si donna totalmente a te, questa identità santa che Dio ha posto davanti la tua attenzione, vuole donarsi completamente a te perché tu possa riceverla completamente e completamente entrare nella comunione del Dio Altissimo. È una domanda sciocca quella che fanno i Sadducei e Gesù risponde in modo sapiente. Ora prima che ricominciamo a celebrare e ad attendere le parole di Dio, dei profeti, che ci riscaldano il cuore e ci preparano al prossimo Natale che viene, oppressi da molti pericoli, messi in difficoltà da molte paure di questo secolo, di questo momento, riapriamo piuttosto gli occhi a ciò che ci è stato già dato, già promesso, perché noi siamo già figli di Dio, siamo già risorti con Cristo, abbiamo già le sue promesse come una caparra di vita eterna. Allora cristiano, non ti mettere a guardare i giornaletti che parlano chissà di che, guarda piuttosto allo Spirito che dentro di te ti convince sulla bontà della rivelazione, sulla bellezza delle promesse e ti fa intravedere qualcosa che forse fino adesso non hai ancora gustato. Questo ti basterà, non solo, ti aprirà ad una comprensione ulteriore e Dio non verrà meno non aver paura, non verrà meno, lo so che la malattia ti fa paura, lo so che la vecchiaia ti umilia, lo so che le cose che fanno gli altri contro di te ti fanno sentire niente, ma tu non aver paura, Dio ci ha amati di amore eterno, ci conserverà sempre la sua pietà. Sia lodato Gesù Cristo.