Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
PRIMA LETTURA – Dal libro del Siracide (Sir 35,15-17.20-22)
Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.
Dal Salmo 33
R. Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.R.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce. R.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia. R.
SECONDA LETTURA – Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (2Tm 4,6-8.16-18)
Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
“La parabola del fariseo e del publicano.”
Sant’Agostino Vescovo
Discorso 115(2)
2. Ma poiché la fede l’hanno gli umili, non i superbi, per alcuni che si reputavano giusti e disprezzavano tutti gli altri narrò la seguente parabola: Due uomini salirono al tempio per pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo diceva: Ti ringrazio, Dio, perché non sono come gli altri (Lc 18, 9-11). Avesse almeno detto: “come molti”. Che vuol dire: Come gli altri, se non “tutti” eccettuato lui? “Io – diceva – sono giusto, tutti gli altri sono peccatori”. Non sono come gli altri uomini ingiusti, rapaci, adulteri. Ed eccoti, dalla vicinanza del pubblicano un’occasione d’un maggiore orgoglio: come questo pubblicano, dice. “Io – dice – sono unico, quest’altro invece è uno degli altri”. “Io non sono – dice – tale qual è costui, grazie alle mie opere buone, per cui non sono ingiusto”. Io digiuno due volte alla settimana e offro la decima parte di ciò che possiedo (Lc 18, 12). Per che cosa pregava Dio? Cercalo nelle sue parole e non vi troverai nulla. Era salito per pregare; ma non volle pregare Dio, bensì lodare se stesso. Non gli bastava non pregare Dio ma lodava se stesso; oltre a ciò insultava chi pregava. Il pubblicano invece s’era fermato a distanza (Lc 18, 13), ma tuttavia era vicino a Dio. Lo teneva lontano il rimorso, ma lo avvicinava lo spirito di fede. Il publicano invece s’era fermato a distanza, ma il Signore lo guardava da vicino. Poiché eccelso è il Signore ma guarda alle cose umili (Sal 137, 6), gli eccelsi invece, com’era quel fariseo, li conosce da lontano. Dio conosce, è vero gli esseri sublimi da lontano, ma non li perdona. Ascolta ancora l’umiltà del pubblicano. Non basta che stesse a distanza: non osava neppure alzare lo sguardo al cielo. Per poter essere guardato da Dio, non osava alzare lo sguardo. Non osava volgere lo sguardo in alto: l’opprimeva il rimorso, lo sollevava la speranza. Ascolta ancora: Si batteva il petto. Esigeva il castigo nei propri confronti; per questo il Signore lo perdonava perché confessava. Si batteva il petto dicendo: O Dio, sii benigno con me peccatore. Ecco chi prega! Perché stupirsi che Dio perdona, dal momento che uno riconosce se stesso? Hai sentito il dibattito relativo alla causa del fariseo e del pubblicano: ascolta ora la sentenza. Hai sentito l’accusatore superbo, hai sentito l’umile confessione del colpevole: ascolta ora il giudice. Io vi dico in verità. Parla la Verità, parla Dio; il giudice afferma: Io vi dico in verità che il pubblicano dal tempio se ne tornò giustificato a casa sua, a differenza del fariseo. Di’, o Signore, il motivo. Ecco, io vedo il pubblicano tornare giustificato a casa sua dal tempio a differenza del fariseo. Ti chiedo il perché. Mi chiedi il perché? Ascolta perché: Perché chi si esalta sarà umiliato, chi invece s’umilierà sarà esaltato (Lc 18, 14). Hai udito la sentenza: evita una malattia funesta; in altre parole: Hai udito la sentenza, evita la superbia.
Trascrizione dell’Omelia
Purtroppo la nostra immaginazione ha già fatto un giudizio su questa parabola, perché noi abbiamo proiettato sul volto del fariseo tutto il nostro disprezzo, perché è fariseo perché è uno che si comporta male, Gesù non li ama, etc., il pubblicano invece lo abbiamo accarezzato con tenerezza perché questo povero pubblicano che dice davanti a Dio: “Sono un peccatore” … magari fosse vero questo, magari il tuo cuore avesse la possibilità di cambiare idea sulle cose ma il pubblicano è quello che tu giudichi, il pubblicano è quello che quando vedi quello che fa ti mette in difficoltà, ti manda in crisi, il pubblicano è un capo mafia, è un mafioso, è uno che fa il male il pubblicano, capisci,uno che fa il male, prendi uno di quelli che conosci che fanno il male e ti fa star male, quello è il pubblicano, quello che tu hai stabilito che non si convertirà, che non può convertirsi ma se pure volesse convertirsi Dio non lo può ascoltare perché ha peccato troppo, questi mettevano nelle condizioni di vendersi come schiavi i suoi corregionali, i suoi compaesani, i suoi connazionali perché non pagavano le tasse e loro facevano la cresta sulle tasse che questi dovevano dare ai Romani, questi erano collaborazionisti, ma tu te lo ricordi, almeno se lo hai letto da qualche parte, quello che è successo ai collaborazionisti dei tedeschi dopo la guerra? Li hanno uccisi, li hanno picchiati! Perché? Perché hanno fatto il gioco degli occupanti, il gioco degli aggressori, questo è il pubblicano! Il fariseo invece, dall’altra parte, è quello che fa esattamente ciò che deve fare, ma tu manco te lo sogni quello che fa il fariseo, seicentotredici precetti della Torah si studia di metterli in pratica, sta sulla Scrittura tutti i giorni dalla mattina alla sera e sta sempre là a vedere se è degno di praticarla, che cosa dovrebbe fare per praticarla, fa delle cose incredibili il fariseo, è giusto davanti a Dio, è veramente giusto. Dove nasce il problema? Il problema non nasce nel pubblicano o nel fariseo, il problema nasce nel tuo cuore, nel tuo cuore quando tu entri nella relazione con Dio e il fariseo ed il pubblicano sono due aspetti del tuo cuore, spesso ascolti l’uno e non l’altro e dici come fa il pubblicano davanti a Dio: “Signore guarda, io tutto sommato ma che cosa faccio? Ma non faccio niente di male, perché faccio questo, quello, mi studio anche di essere ospitale, generoso, quello che si può via, non sono cattivo, non voglio il male di nessuno, si quella persona che mi ha fatto del male?Ma io mica la odio è solo indifferente, cioè per me è morta .. passa io non la saluto perché per me è morta” ma allora verso chi sto pregando? Verso chi sto sollevando lo sguardo? Perché Dio non abita da un’altra parte rispetto a me, Dio abita in me se io sono in relazione con un altro, è scritto: “Dov’è carità e amore là c’è Dio”, dove c’è relazione là io incontro il Signore, dove lo incontro? Nella misericordia che dono e che ricevo, nella relazione, nel servizio, nell’accoglienza, questo ho capito, questo ho imparato, se Dio è un Dio Trinitario che si relaziona in modo mirabile nel Padre, Figlio e Spirito Santo, quando guarda me desidera che anche io mi relaziono e che mi relazioni con un amore autentico, non con un amore passeggero che è un sentimento che oggi c’è e domani si dimentica, che dia la vita come fa il Figlio, che sia capace di ridare speranza agli altri come fa il Padre quando ricrea sempre, ci sono operazioni Trinitarie che Dio mi chiama ad agire nella mia vita ma se io queste cose le ho messe da parte perché non le conosco, manco le voglio conoscere e sto là a parlare con un dio come fanno i pagani che devono giustificarsi, che devono dire, che poi lo giudicano se non risponde, se non li esaudisce allora non è un dio: “Non è degno di me”, guarda che dice il Libro del Siracide che abbiamo ascoltato questa mattina: “Chi venera Dio sarà accolto con benevolenza, la sua preghiera giungerà fino alle nubi, la preghiera dell’umile penetra le nubi finche non è arrivata non si contenta”, la preghiera dell’umile penetra le nubi, allora la preghiera dell’umile dice un atteggiamento del nostro cuore, del nostro spirito, che forse sarebbe il caso di guardare con attenzione: chi è l’umile? L’umile è colui che accetta la Legge del Signore e si studia di praticarla, un po’ come faceva il fariseo, solo che l’umile mentre si studia di praticarla, non smette di guardare anche l’esigenza del prossimo, guarda allora la propria relazione con Dio non come tra me e Dio, questo lo fanno i pagani, ma tra me l’altro e Dio, questo è il cristianesimo. Chiaro? Il pagano mette un idolo davanti a sé e sta lì, dice delle cose, si aspetta di ascoltare delle cose, non le ascolta ma se le dice lo stesso, se le racconta, torna a casa tutto contento finché le cose non tonino a suo .. poi, come dite voi, quella frase che non è neanche biblica: “Aiutati che Dio ti aiuta”, come la conoscete bene questa, su nessun altro versetto della Bibbia sareste così pronti a dire subito .. non esiste nella Bibbia aiutati che Dio ti aiuta, è tutta roba nostra di bassa lega, di poco conto, chiaro? Non è così la relazione con Dio, non è così la relazione col Dio cristiano, perché? Perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo ha posto al centro della nostra vita il suo stesso Spirito e quello quando parla, ci fa percepire noi stessi e l’altro come fratelli in Cristo e quando noi ci rivolgiamo a lui è come se Cristo si rivolgesse al Padre, come fa il Figlio con il Padre nella Trinità, capite a quale livello siamo elevati? Se siamo però umili, cioè se partiamo da questa considerazione, ma se noi diciamo: “Metto da parte tutto, faccio come mi pare, mi pago tre o quattro messe … “, come facciamo noi un po’ di mercimonio della grazia “allora Dio mi ascolterà! Non mi ascolta? Allora prenderò la nave e andrò dall’altra parte per cercarlo là e poi prenderò l’aereo e andrò lì, perché lì ha detto, ha parlato” .. non si sa a chi, Dio parla al centro della tua vita, se ancora non lo senti e devi percorrere chilometri per sentirlo mi sa che ti stai sbagliando, lo accetti? Se sei umile lo accetti, se non sei umile ti arrabbi! Rimani umile, accettalo, accettalo perché questo dono di grazia ti è stato già fatto e tra poco diventerà vivo, quando ti accosterai all’Eucarestia e il corpo di Cristo di nuovo verrà ad abitarti, perché tu capisca che di grazia in grazia sei chiamato ad assumere queste prerogative che il Figlio di Dio ha messo da parte assumendo la tua carne e che ti fa riacquistare il giorno che tu assumi la sua natura come Egli te la vuole dare, cioè la natura di Dio, è uno scambio incredibile, dice il Signore: “Io lascio la mia natura per un po’ (se così si può dire), per venirmi a prendere la tua e tu che stai a fare? Hai da fare, sei occupato, sei altrove, sei distratto, sei in difficoltà, sei pensieroso? Non si sa, ma Io prendo lo stesso la tua natura, ti dimostro che nella carne si può adorare Dio come faccio amando il prossimo, fino a quando? Fino alla morte, e tu che farai? Vieni anche te, vieni anche te, ti abiliterò Io a fare quello che non sai fare, ti darò Io il mio Spirito quando ne avrai bisogno, ti metterò Io nelle condizioni di servire Dio, di conoscerlo, di amarlo, allora questa preghiera che fai, come dice il Libro del Siracide, non si stancherà più finché non avrà penetrato le regioni celesti, finche non avrà oltrepassato le nubi, non sarà portata davanti all’altare del Dio Altissimo, ascoltata ed esaudita tornerà a te come una grazia”. Credere o non credere, accettare questa semplice legge dell’amore o non accettarla, per questo il versetto dell’Alleluia diceva oggi: “Benedetto sei tu Padre, Signore del cielo e della terra, perché queste cose le hai rivelate ai piccoli”, a quelli che si fidano, a quelli che quando gli viene detto: “Fai così”, dicono: “Ah, faccio così! Ah, funziona così, bene farò così” e allora come il pubblicano quando gli viene detto: “Dì al Padre: “Abbi pietà di me peccatore”, diglielo in modo incessante, diglielo tutti i giorni, diglielo dalla mattina alla sera, mantieni dentro di te questo Spirito che parla e che dice: “Signore abbi pietà di me, sono un peccatore ma tu mi vedi, mi guardi, lo so che mi guardi, mi vedi io sono un peccatore ancora oggi, forse anche domani, salvami, guariscimi, cambiami il cuore, fammi camminare finché io non sia come il tuo Figlio, finché io non sia tornato a casa, perché tu possa rimettermi il vestito e l’anello al dito perché tu mi riconosca come figlio e non mi abbandoni più”. Sia lodato Gesù Cristo.