I Domenica di Avvento

Anno Liturgico B
29 Novembre 2020

Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.

 

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 13,33-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

PRIMA LETTURADal libro del profeta Isaìa (Is 63,16-17.19; 64,2-7)

Tu, Signore, sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo,
tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti.
Mai si udì parlare da tempi lontani,
orecchio non ha sentito,
occhio non ha visto
che un Dio, fuori di te,
abbia fatto tanto per chi confida in lui.
Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato
contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo avvizziti come foglie,
le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento.
Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.

Salmo 79.
Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. R..

Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. R.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. R.

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. R.

SECONDA LETTURA Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 1,3-9).

Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza.
La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“I due avventi di Cristo”.
San Giovanni Crisostomo
sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa

Nella sua prima venuta, Dio è venuto senza alcun splendore, sconosciuto dai più, prolungando per lunghi anni il mistero della sua vita nascosta. Quando scese dal monte della Trasfigurazione, Gesù chiese ai suoi discepoli di non dire a nessuno che era il Cristo. Veniva allora, come un pastore, a cercare la sua pecora smarrita e, per impadronirsi dell’animale ribelle, gli occorreva rimanere nascosto. Come un medico che si guarda bene dall’impaurire al primo approccio il suo malato, così il Salvatore evita di farsi conoscere all’inizio della sua missione: lo fa soltanto impercettibilmente e poco a poco. Il profeta aveva predetto tale venuta senza splendore in questi termini: « Scenderà come pioggia sull’erba, come acqua che irrora la terra » (Sal 7,16). Non ha squarciato il firmamento per venire sulle nubi, ma è venuto in silenzio nel seno di una Vergine, portato in grembo durante nove mesi. È nato in una greppia, come il figlio di un umile artigiano…; Va di qua e di là, come un uomo qualsiasi; il suo vestito è semplice, la sua mensa più frugale ancora. Cammina senza posa fino a stancarsi.
Ma tale non sarà la sua seconda venuta. Verrà con tanto splendore che non ci sarà bisogno di annunciare la sua venuta. « Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo » (Mt 24,27). Questo sarà il tempo del giudizio e della sentenza pronunciata. Perciò il Signore non apparirà come un medico, bensì come un giudice. Il profeta Daniele ha visto il suo trono, il fiume che scorre dinanzi al tribunale e il carro di fuoco con le ruote (7, 9-10). (…) Davide, il re profeta, non parla che di splendore, di chiarore, di fuoco risplendente: « Davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta » (Sal 49,3). Tutte queste similitudini ci servono per farci capire la sovranità di Dio, la luce splendente che lo circonda e la sua natura inaccessibile.

Trascrizione dell’Omelia.

Come ogni anno i giorni che precedono la prima Domenica di Avvento, cioè questa ripresa del cammino di attesa della manifestazione del Signore, sono connotati da una parola che ci fa pensare al giudizio finale, alla fine del tempo, abbiamo visto in queste Domeniche passate ma anche durante l’ultima settimana, tutte visioni apocalittiche che dicono un po’ che cosa ci prepariamo ad attendere. E questa parola di Marco oggi, fa un po’ da cesura tra le cose che ascolteremo e quelle che abbiamo ascoltato, come se ci richiamasse l’attenzione e ci dicesse: “L’avete capito? Dobbiamo stare attenti, dobbiamo vigilare, dobbiamo prepararci, perché? Perché il Signore verrà ..”, noi abbiamo dato un connotato a questa parola che il Signore verrà, negativo, perché quando verrà ci metterà in difficoltà, ma come è possibile che il Signore venendo ci metterà in difficoltà, se quando è venuto per noi è morto e noi eravamo peccatori come lo siamo oggi? E se lui si dona ogni volta alla nostra vita benché noi non ne siamo degni, nell’Eucarestia sull’altare, manda il suo Spirito perché noi possiamo dire qualche parola che abbia senso al suo cospetto, come è possibile che verrà a visitarci con durezza e a farci del male? Allora “Vigilate” forse ci richiama ad un’attenzione diversa, se il Signore vuole venire per amarci, io per vigilare mi dovrò preparare ad essere amato, ad accettare di essere amato e a mia volta a riaccendere l’amore verso di lui. Non ritorna per vederci con la testa abbassata “come un giunco” dice Isaia, ritorna per donarci quello che ci manca, ritorna per rifonderci quello che il maligno ci ha tolto, quello di cui la vita ci ha depredato. Allora se vogliamo prepararci possiamo entrare in quella grande preghiera, che è un po’ anche uno sfogo dell’anima, dello spirito com’è nel profeta Isaia, che comincia questo capitolo 63 dicendo (ed io vi prego a casa di andarlo anche a rileggere): “Tu Signore sei nostro padre” ed Isaia manco lo sapeva che voleva dire che Dio è nostro Padre, noi lo sappiamo perché siamo figli per adozione, perché da quando Cristo ha dato la sua vita per noi, noi possiamo dirgli con confidenza: “Padre nostro, tu sei nostro Padre” ed un padre, non so che esperienza abbiate voi del padre, un padre è sempre sollecito alle richieste dei propri figli, se no non è un padre, è un patrigno. Dunque Isaia comincia dicendo: “Tu sei nostro padre e da sempre sei chiamato nostro vendicatore, e allora Signore perché ci lasci vagare lontano dalle tue vie, guarda siamo rimasti così, depredati da molte logiche”, qualcuno mi ha mandato un articolo da leggere, così mi preparo nell’animo alla Domenica, di un certo tedesco che ha detto che il cristianesimo è alla fine, il cattolicesimo soprattutto è alla fine, .. alla fine di che? Alla fine di che se noi abbiamo visto andare il Figlio di Dio alla tomba e risorgere vittorioso nella Pasqua, alla fine di che cosa siamo? Forse siamo alla fine di un certo modo di pensarlo il cristianesimo, triste, pesante, pieno di difficoltà, forse possiamo cominciare a guardarlo con una visione diversa, non stiamo forse aspettando, lo diremo tra un po’ nella liturgia: “Maranathà”, non stiamo aspettano che questo Signore ritorni? E se ritorna non vorremo essere come lui, trovati come lui, santificati dalla sua grazia, sostenuti dal suo Spirito, purificati dal suo sangue, per questo veniamo a Messa a cibarci del suo corpo? Allora possiamo mettere da parte un modo forse ignorante, cioè senza nessuna conoscenza della forza della sua parola e possiamo riprepararci ad aspettare uno che invece finalmente siccome l’abbiamo conosciuto lo possiamo anche riconoscere: lo abbiamo conosciuto nella predicazione, lo abbiamo conosciuto nella parola, lo abbiamo incontrato nella preghiera personale e anche ecclesiale, dunque lo possiamo anche riconoscere. Allora “Vegliate!” vuol dire “Preparatevi”, prepariamoci a conoscerlo in modo nuovo. Dice Isaia nella preghiera corale di questo brano, dice alla fine: “Siamo divenuti tutti come una cosa impura e come un panno immondo tutti i nostri atti di giustizia” e la gente ce lo rimprovera che noi siamo diventati così, ci guarda e dice: “Ma che chiesa siete? Guarda qua, guarda là, guarda quello, guarda quell’altro”. “Le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento” che immagine terribile “come il vento” nel senso che hanno confuso le nostre strade, hanno cancellato i sentieri e le orme di chi dovevamo seguire, per cui stiamo così, confusi. “Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si riscuoteva per stringersi a te”, tutte le logiche di questa generazione fanno grandemente a meno del nome di Dio e di tutto ciò che comporta, e noi che siamo onorati di servirlo questo nome di Dio, non sappiamo da che parte rifarci. “Perché tu ci avevi nascosto il tuo volto e ci hai messo in balia della nostra iniquità”, qualcuno mi diceva stamattina che forse quello che stiamo vivendo ce lo siamo meritato, non lo so, non credo che ce lo siamo meritato, però siamo tanto irresponsabili, tanto, siamo stati orgogliosi, presuntuosi, abbiamo chiamato la creazione “natura” e l’abbiamo difesa perché era natura, in realtà l’abbiamo depredata ugualmente, se l’avessimo trattata come era, cioè come la creazione, ne avremmo riconosciuto la presenza delle parole di Dio nascoste nell’essere di tutte le cose, e invece no e ne abbiamo strappato doveabbiamo potuto. “Ma tu”, finisce Isaia e finisco pure io, “ma tu Signore ricordati, sei nostro padre, noi siamo argilla, dunque siamo ancora nelle condizioni di essere riformati e tu sei colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani”, allora prepararci oggi a questo avvento forse, può significare che solo ricordarci che siamo opera delle sue mani, che la nostra vita è in relazione alla sua bontà e al suo amore, e siccome è in relazione a lui, che cosa ci darà il Padre alla fine di questo tempo di attesa? La stessa parola il Verbo che si incarna, ma con un suono nuovo, che potrà risuonare non nel vuoto dei nostri sentimenti, ma nella pienezza della nostra devozione. E poi vegliare, a parte queste parole che io ho esagerato anche a dire, vegliare significherà anche aspettare in silenzio, finché tutto quello che stiamo vivendo non si apra ad un significato nuovo e non ci apra ad una comprensione nuova, allora saremo “istruiti da Dio”, lo dice anche la parola. Sia lodato Gesù Cristo.

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