Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,20–26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
PRIMA LETTURA – Dal primo libro dei Re (1Re 18,41–46)
In quei giorni, Elìa disse [al re] Acab: «Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale». Acab andò a mangiare e a bere.
Elìa salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: «Sali, presto, guarda in direzione del mare». Quegli salì, guardò e disse: «Non c’è nulla!». Elìa disse: «Tornaci ancora per sette volte». La settima volta riferì: «Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare». Elìa gli disse: «Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!”».
D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elìa, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
La circoncisione del cuore
Dalle «Dimostrazioni» di Afraate, vescovo
(Dim. 11 sulla circoncisione, 11-12; PS 1, 498-503)
La legge e il patto hanno subito totali mutazioni. Infatti Dio mutò il primo patto con Adamo e ne impose un altro a Noè. Poi un altro ne stipulò con Abramo, aggiornato in seguito con quello che strinse con Mosè. Siccome però anche il patto mosaico non veniva osservato, egli fece un’alleanza nuova con l’ultima generazione. Essa non doveva più essere mutata. Infatti ad Adamo aveva imposto la legge di non mangiare dell’albero della vita, a Noè fece apparire una arcobaleno nelle nubi, ad Abramo, già eletto per la sua fede, impose in seguito la circoncisione, come carattere e segno per i posteri. Mosè ebbe l’agnello pasquale, quale propiziazione per il popolo. Tutti questi patti differivano l’uno dall’altro. Tuttavia la vera circoncisione approvata da colui che ha dato quei patti, è quella di cui parla Geremia quando dice: «Circoncidete il vostro cuore» (Ger 4, 4). Che se fu saldo il patto che Dio concluse con Abramo, anche questo è saldo e durevole, né si potrà più stabilire un’altra legge per iniziativa sia di coloro che sono fuori della legge, sia dei soggetti alla legge.
Infatti egli diede la legge a Mosè con tutte le sue osservanze e i suoi precetti: però siccome non li osservavano, rese vani sia la legge che i profeti, promettendo che avrebbe dato un nuovo patto, che disse sarebbe stato diverso dal primo, quantunque il datore di entrambi fosse unico. Il patto poi che promise di dare è questo: «Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro». E in questo patto non c’è più la circoncisione della carne e un segno distintivo del popolo.
Dio, nelle diverse generazioni, stabilì delle leggi, che furono valide fino a che gli piacque, e poi andarono in disuso come dice l’Apostolo: In passato il regno di Dio assunse forme diverse nei diversi tempi.
Tuttavia il nostro Dio è veritiero, e i suoi precetti sono fermissimi: e qualunque patto, nel suo tempo, fu mantenuto fermo e vero, e coloro che sono circoncisi nel cuore hanno la vita per la nuova circoncisione che si opera nel Giordano cioè nel battesimo ricevuto per la remissione dei peccati.
Giosuè, figlio di Nun, fece circoncidere nuovamente il popolo con un coltello di pietra, quando col suo popolo passò il Giordano; Gesù nostro Salvatore, fa di nuovo circoncidere con la circoncisione del cuore le genti che hanno creduto in lui, e che furono lavate nel battesimo e circoncise con la spada, che è la parola di Dio, più tagliente di una spada a doppio taglio (cfr. Eb 4, 12).
Giosuè, figlio di Nun, fece entrare il popolo nella terra promessa; Gesù nostro Signore, promise la terra della vita a tutti coloro che hanno passato il vero Giordano e hanno creduto e furono circoncisi nell’intimo del loro cuore.
Beati, quindi, coloro che furono circoncisi nell’intimo del cuore, e sono rinati dalle acque della seconda circoncisione. Essi riceveranno l’eredità con Abramo, capostipite fedele e padre di tutte le genti, perché la sua fede gli fu computata a giustizia.
Trascrizione dell’Omelia
Due aspetti importanti in questa lettura del Vangelo ci aiutano anche a capire come nascono e come sarebbero superabili tante difficoltà che inevitabilmente abbiamo sperimentato anche noi anche quest’anno nel nostro cammino.
La prima sicuramente è questa consapevolezza di non riuscire ad avere un cuore in pace, perché inevitabilmente quando si cammina insieme nascono tante difficoltà; le abbiamo registrate, le abbiamo viste, anche arrivare da lontano, le abbiamo subite, e abbiamo anche cercato di affrontarle.
Dall’altra parte la necessità di superare questa realtà, cioè di andare oltre il lievito dei farisei, oltre il modo di pensare degli scribi e dei farisei che tirano le somme sulla realtà, per cui “chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori”.
La necessità, cioè, di avere un cuore aperto alle problematiche che accadono e anche un atteggiamento di misericordia, io direi, più che la precisione degli scribi e dei farisei, un cuore circonciso, un cuore che ragiona secondo Dio, che sa aspettare, che sa pazientare, che con mitezza guarda la storia senza spaventarsi.
Allora dentro questa prospettiva sarebbe sciocco prendere letteralmente questo brano che abbiamo ascoltato e pensare che Gesù ci stia chiedendo di andare adesso, prima dell’offertorio, a riconciliarci con tizio, caio e sempronio perché forse non siamo stati in grande consonanza. Sarebbe da una parte sciocco e dall’altra parte orgoglioso, sapete perché? Perché non ci è dato e non ci è neanche chiesto di fare queste operazioni immediate per trovare immediatamente una risposta alle nostre difficoltà o metterle a tacere immediatamente. Guardate che questo avverbio, “immediatamente”, non può coniugarsi, non può comprendersi dentro il linguaggio dei credenti in Cristo, perché per questi la mediazione del Cristo presuppone che un uomo cammini con pazienza, si lasci guidare dallo Spirito e giunga alla comprensione intera del mistero di Dio e possa fare anche un dono di sé consapevole, e non appunto affrettato e stolto come fa qualche volta qualcuno da altre parti.
Mi piace questa espressione che usa Gesù: “Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui”. Qua “presto” non vuol dire “subito”, ma significa “impegnati, mentre sei in cammino con lui, a incontrarlo e a chiedergli perdono e a ricevere il suo perdono se è necessario”. Cosa vuol dire “mentre sei in cammino con lui”? Durante quell’arco dell’esistenza in cui tu sei chiamato a conoscere il modo di pensare di Dio e ad attuarlo, in cui sei chiamato a cercare la perla preziosa che è nascosta nel cuore dell’altro. Se tu volessi immediatamente raggiungerla, allora dovresti affermare, come dice questo brano, che il tuo compagno è pazzo, oppure stupido, oppure uno degno di riprovazione, di biasimo. Questo è ciò che l’immediatezza del giudizio e della valutazione ti fa dire. La Parola invece ti chiede di avere pazienza con il tuo fratello, pazienza nel giudizio. E guardate che questa è una cosa importante, sapete perché? Ve lo voglio dire una volta per tutte: non per le relazioni tra le persone, che pure sono chiamate a rispecchiare la relazione trinitaria, ma perché dicono il tempo in cui la Parola può fecondare la nostra vita. Sono legate al tempo che occorre alla Parola per portare frutto dentro l’esistenza. Tante volte l’ho detto: questa Parola non è destinata a portare frutto stasera e neanche domani sicuramente. E’ destinata a portare frutto in un altro ambito, dove Dio vorrà incontrarci, spiegarci quello che abbiamo semplicemente ascoltato, nutrirci di frutti che per adesso non conosciamo.
Pensate a questa immagine di Elia. Elia, vi ricordate, ne parliamo anche alla Scuola di preghiera, è quello che entra nella caverna e sente il terremoto, il vento, il fuoco prima di poter parlare con il Signore [1Re 19,9]. Elia è quello che si mette sotto il ginepro per dire: “Signore, riprendimi insieme ai miei padri, perché io qua mi sento solo, perché più parlo delle cose che ti riguardano e più questi vanno da altre parti. Non so più come dirle queste cose!” [1Re 19,4]. Allora Dio, vi ricordate, gli permette di fare questa esperienza con i quattrocento profeti di Baal, col fuoco sul monte Carmelo. Ma prima ancora di questa solitudine di Elia, il profeta solo, unico, il profeta della solitudine in mezzo a tante cose, Dio manda una siccità, perché l’uomo nella siccità si ricordi del deserto, si ricordi dove Dio l’ha chiamato, dove Dio l’ha sposato. Noi qualche volta ci dimentichiamo da dove siamo venuti, che eravamo soli, che non avevamo logiche per parlare di Dio. Dio si è aperto, si fatto conoscere e ci ha raccontato, anzi, si è raccontato. Allora anni di siccità su questo paese di Canaan, della Palestina e tutto il popolo che geme e soffre per la mancanza di cibo e poi finalmente il re corrotto Acab è avvisato da Elia che la pioggia sta arrivando. Bellissimo, quando verrete anche voi sul monte Carmelo, si vede da là il golfo che sta ad Haifa e il mare Mediterraneo. E’ lì che Elia ha pregato chiuso in se stesso, con la testa nelle ginocchia, quasi nella disperazione, che Dio finalmente avesse pietà di questo popolo senza misericordia. E poi manda questo fanciullo a guardare verso il mare – il monte Carmelo lì è molto alto rispetto al mare – e dice: “che cosa vedi?”, “ancora nulla”.
“Ancora nulla” per sette volte, che vuol dire per tante volte: una speranza che macina nella difficoltà, nel dolore. Poi alla fine, come una mano arrivare dall’orizzonte, una nuvola che giunge a portare fertilità e grazia, benedizione a una terra arida ed arsa, come diciamo nel salmo [Sal 63,2]. Così Dio agisce rispetto alla nostra preghiera, così Dio si fa conoscere, si fa vedere, proprio quando la nostra speranza sarebbe terminata, finita dentro le nostre difficoltà e dentro le nostre solitudini.
Questa non è una lettura del tempo della Scuola di preghiera, però è una carezza da parte di Dio, che io recepisco per me e che volentieri ri-dono a tutti voi, perché ognuno possa, in questa estate, ripercorrere queste vie, accordarsi di nuovo col proprio cuore in difficoltà e tornare a fare l’offerta di sé all’altare della storia dove Dio vuole sacrificarci, dove Dio ha sacrificato il suo Figlio, al talamo sul quale Dio vuole sposarci per generare una generazione di fedeli, di credenti, di uomini disposti a morire per Lui in mezzo a tante contraddizioni che stiamo vivendo, in mezzo a tanti pericoli e a tanti problemi che emergono. Noi ne sentiamo il rumore e non sappiamo come giudicarli, non sappiamo cosa dire, né come vivere ancora da cristiani. Viviamo le nostre esperienze quando facciamo le catechesi e la scrutatio e poi torniamo al lavoro e troviamo intorno a noi persone che non vogliono ascoltarci, che non ci capiscono, che forse velatamente ci giudicano e ci pensano dei poveri imbecilli che vanno appresso a idee che ormai sono finite, che ormai non hanno più senso. Questo è ciò che la storia ci sta mettendo davanti, e noi maciniamo nel silenzio un seme di speranza che porterà certissimamente frutto a suo tempo.
Di questo noi siamo testimoni, di questo io sono testimone e grato a Dio e allo Spirito suo. Di questo io sono anche onorato in mezzo a voi, perché in mezzo a voi scopro la mia vocazione, trovo la mia identità, vinco anche la mia insicurezza, sicuramente, e insieme a voi ho la capacità di sperare nel tempo che viene, tempo che è di Gesù, che è tutto di Gesù, tempo che tutta questa generazione sta aspettando.
Sia lodato Gesù Cristo.
Preghiera dei fedeli
Padre Santo e Misericordioso, noi ti lodiamo e ti benediciamo, e ti rendiamo grazie per questo anno che ci hai dato, per la luce, per il dono dell’intelletto, per il dono di scienza. Ti ringraziamo perché ci hai dato la possibilità di contemplare il tesoro di gloria che Tu hai riservato per noi, perché ci hai fatto percorrere queste vie della scoperta della nostra identità e della tua bellezza. Tu ci hai tolto la paura e la vergogna della nostra fragilità e della nostra debolezza, ci hai fatto conoscere invece il tuo amore misericordioso. Padre Santo, soccorrici sempre, resta sempre con noi, spiana le vie a questo cammino che abbiamo appena intrapreso. Possa questo popolo conoscere e sperimentare la tua grazia, per tutti gli anni che Tu vorrai aiutarci in questo lavoro.
Te lo chiedo per Cristo nostro Signore.