Assunzione della Beata Vergine Maria – Messa Vespertina
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal vangelo secondo Luca (Lc 11,27-28)
In quel tempo, mentre Gesù parlava alle folle, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
PRIMA LETTURA – Dal primo libro delle Cronache (1 Cr 15, 3-4. 15-16; 16, 1-2)
In quei giorni, Davide convocò tutto Israele a Gerusalemme, per far salire l’arca del Signore nel posto che le aveva preparato. Davide radunò i figli di Aronne e i levìti.
I figli dei levìti sollevarono l’arca di Dio sulle loro spalle per mezzo di stanghe, come aveva prescritto Mosè sulla parola del Signore. Davide disse ai capi dei levìti di tenere pronti i loro fratelli, i cantori con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cimbali, perché, levando la loro voce, facessero udire i suoni di gioia.
Introdussero dunque l’arca di Dio e la collocarono al centro della tenda che Davide aveva piantata per essa; offrirono olocausti e sacrifici di comunione davanti a Dio.
Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore.
SECONDA LETTURA – Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1 Cor 15, 54-57)
Fratelli, quando questo corpo mortale si sarà vestito d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov’è, o morte, la tua vittoria?
Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?».
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
“O Vergine, per la tua benedizione è benedetta ogni creatura”
Dai «Discorsi» di sant’Anselmo, vescovo
(Disc. 52; PL 158, 955-956)
Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell’uomo o disposte per la sua utilità si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall’oppressione e avevano perso vivezza per l’abuso di coloro che s’erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellite dall’uso degli uomini che lodano Dio.
Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall’alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti dal frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.
Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl’inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.
O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce, inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.
A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l’unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio, che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.
Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene.
Davvero con te è il Signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te
Trascrizione dell’Omelia
Che strano questo Vangelo, sembra una processione in cui una figlia di Maria con la medaglietta miracolosa, dice quello che direbbe ogni devoto della Madonna cioè “beato il ventre che t’ha portato, beato il seno che t’ha allattato” [Lc 11,27] e tutti avrebbero gridato: “evviva Maria!”. Invece Gesù dice: “beato piuttosto colui che ascolta la parola e la osserva” [Lc 11,28], senza nulla togliere alle glorie di Maria. Capisci che prospettiva? Andiamo a vedere insieme, abbiamo un po’ di cose da capire prima di entrare, di penetrare nella bellezza di questa solennità che noi oggi celebriamo: l’assunzione della Madre di Dio.
Innanzitutto, la prima lettura dal libro delle Cronache, ci ricordava un esempio: l’Arca dell’Alleanza. L’Arca dell’Alleanza è un simbolo, e qua dobbiamo chiarirci un po’. Per noi un simbolo non è la realtà, è una figura ma non dice la realtà, diciamo “questo è simbolico” quasi per dire che non è vero. Nel linguaggio cristiano, della Chiesa, quando si parla di simbolo, non si parla mai di una cosa che non è vera, ma proprio di una realtà che contiene il vero. Chi guardava l’Arca dell’Alleanza guardava una realtà che conteneva il vero. Che cos’era questa verità che l’Arca conteneva? Non era una realtà magica, conteneva una presenza, conteneva le tavole della Legge, le cosiddette Dieci Parole, che Dio aveva dato a Mosè sul Sinai, cinquanta giorni dopo la Pasqua, nel giorno di Pentecoste. Le aveva regalate a Mosè e a tutto il popolo perché tutto il popolo potesse capire, conoscere i pensieri di Dio e praticarli. Dieci Parole: sintesi e riassunto di tutti i cinque libri del Pentateuco, della Torah, come la chiamano gli ebrei. Dunque quello che Dio pensa, quello che affida all’uomo, quello che fa parte di Dio è dentro queste Dieci Parole. Allora chi si avvicina alle Dieci Parole a cosa si avvicina? Ad un simbolo. A chi si avvicina attraverso questo simbolo? A Dio. Queste Dieci Parole contengono l’amore di Dio per l’uomo. Andare verso queste Dieci Parole significa desiderare incontrarle, non capirle con la mente, incontrarle, conoscerle! Sapete quando uno conosce una persona, non fa come facciamo certe volte, la vedi due secondi e poi dici “ah, va bene, la conosco basta, non ci vediamo più!”. No, conoscerla vuol dire “ti voglio rivedere, quando ci rivediamo? Ci vediamo ancora? Io ho voglia di conoscerti!”.
Allora, per esempio, una di queste Dieci Parole dice Onora il padre e la madre e tu dici “Ah si, si, ho capito, certo è chiaro!”. Un’altra dice: Non uccidere e tu: “certo, lo so!”. E ancora dice. Non rubare, e tu: “è chiaro no?! Non rubare!”. Invece chi si metteva davanti all’Arca dell’Alleanza, ci si metteva con rispetto e il desiderio dell’amante che vuole relazionarsi, che vuole conoscere e farsi conoscere, vuole sapere che cos’è la Legge di Dio ma vuole che quella Legge gli venga incontro. Forse come fai tu quando vieni alla Messa, all’inizio, all’atto penitenziale, quando noi riconosciamo i nostri peccati, cosa fai? Chiedi a Dio di perdonarti per conoscerlo, quindi vuoi che Lui ti conosca o meglio ti riconosca. Perché, sai, il diavolo ti ha dipinto una faccia piena di sensi di colpa, allora tu dici “ma Dio mi riconoscerà come suo figlio?” e glielo chiedi all’inizio della Messa: “riconoscimi, abbi pietà di me, misericordia di me”, cioè “guardami, riconoscimi e fammi entrare in questa celebrazione. Io ti voglio riconoscere ed incontrare quando ascolterò la tua Parola e prenderò l’Eucarestia e voglio essere riconosciuto, se no come faccio a stare qui davanti a te?”.
Allora questa era l’Arca, capite? L’Arca, l’uomo la guarda con il desiderio di relazionarsi con essa, conoscerla e farla propria, farla diventare una realtà per me, perché mi faccia vivere. Dall’altra parte l’Arca non era solo questo, era anche una realtà di Dio, anche Dio guarda l’Arca come la guarda l’uomo. E come la guarda l’Arca Dio? Dice “Io vedo l’Arca e gli uomini intorno ad essa, Io ho posto nell’Arca la mia alleanza e nella mia fedeltà perché Io sono un Dio fedele, mi relazionerò con questo popolo che è notoriamente infedele”. Allora dice Dio nell’atto penitenziale della Messa: “lo so chi sei, lo so da dove vieni, conosco il tuo peccato, mi sta sempre davanti come sta davanti a te, ma io ti guardo partendo dalla mia fedeltà all’alleanza, non dalla tua, se no ti brucerei, ti bruceresti”, lo capisci, no?
Adesso capito tutto questo dell’Arca, facciamo una sostituzione, togliamo questo simbolo, che è tanto lontano, e mettiamoci l’altra Arca, quella del nuovo patto, quella che porta con se una Legge alla quale Dio sarà fedele fino alla fine; Egli desidera che tu guardandola desideri essere fedele fino alla fine. Qual è questa carta scritta, qual è questa alleanza che Dio ha posto in questa nuova Arca? Non più le tavole di pietra, ma è il Figlio stesso di Dio; così come aveva detto Dio nel Libro Ezechiele: “Io ti toglierò un cuore di pietra e ti darò un cuore di carne [Ez 11,19]. Quella Torah che stava scritta sulle tavole di pietra io la scriverò sulle tavole di carne”. Ed infatti ci ha dato il suo Figlio nella carne, che meraviglia, che noi abbiamo potuto vedere la Legge di Dio non come una norma da seguire, ma una persona da conoscere. E l’abbiamo desiderata questa persona, abbiamo incontrato il Cristo che ci veniva incontro per liberarci, per toglierci la cecità dagli occhi, per farci camminare spediti su questo cammino, per perdonarci, per sostenerci, per mostrarci la fedeltà del Padre, per metterci nelle condizioni di dire anche noi: “Padre nostro, Abbà! Padre! [Rm 8,15]. Non sono più schiavo, non sono più un peccatore qualsiasi, sono tuo figlio, mi vedi, mi riconosci? Io ti riconosco”. Allora noi come abbiamo contemplato questa logica, questo prodigio meraviglioso? Certamente quando abbiamo incontrato il Figlio di Dio, ma già quando quest’Arca ci veniva incontro come Elisabetta noi abbiamo detto: “e come mai che la madre del mio Signore viene a me? [Lc 1,43] Appena ti avvicini, appena ti prego, appena ti conosco, appena dico la mia Ave Maria, appena sento il tuo nome, Maria, sento dentro di me un progetto che comincia a muoversi, una volontà di Dio che comincia a spiegarsi, che comincia a diventare possibile, chiara! Se la Madonna ha potuto fare ciò che Tu le hai comandato, allora anche io posso fare qualcosa. Allora non dirò più solamente: beato il ventre che ti ha portato, il seno che ti ha dato il latte ma ‘beato me, che, nel ventre, nel seno della Beata Vergine, cioè nella sua carne, riconosco la mia sorte, riconosco la mia vocazione. Pure io sono chiamato a portare nel grembo della mia vita la tua Parola come un seme, che diventi carne dentro di me, che io possa farlo crescere con la preghiera, che possa farlo diventare un bambino, un Figlio di Dio per gli uomini attraverso la mia fedeltà, attraverso la mia devozione. E perché io possa alla fine, anche e soprattutto nel dolore, quello che ci fa tanta paura, partorire questo bambino e tutti gli uomini possano dire, e io possa dire, come ha detto Maria: Tutte le generazioni mi chiameranno beata [Lc 1,48]. Anche io, se partorisco il Cristo in mezza a questa generazione avrò la beatitudine, gli uomini se ne accorgeranno, questa generazione mi riconoscerà come un Figlio di Dio, come un sale che dà sapore alla vita [Mt 5,13], come un lievito che fermenta la pasta [Mt 13,33]’”.
Guardate amici che questo ci viene chiesto adesso! Se pensate ancora che la nostra fede è una specie di religione fatta di “io ti do, tu mi dai…quanto costa? Dieci euro…Poi ripasso”. Non è più così, le Chiese si svuotano. Non c’è più niente, non c’è più nulla! Non ci sono i cristiani, ci sono tanti devoti, ma pochi cristiani, pochi fari accesi e tante lampadine fulminate, in una via oscura in cui gli uomini non sanno da che parte andare. Adesso le lampadine non si tirano in fronte alla gente, si illuminano affinché la gente possa vedere la strada, e questo è chiesto a noi tutti, a me, a voi, a noi tutti! A me nel sacerdozio ordinato e a voi nel sacerdozio battesimale, quando vi svegliate? Quando ve lo prendete?
Allora dice Gesù: “se sei venuto a guardare quest’arca dell’alleanza, che pure il Padre mio sta guardando compiacendosi, vieni e capisci questa logica, ascolta la parola e osservala”. Come ha detto Gesù: “beato colui che ascolta questo annuncio e fa propria questa missione, questa vocazione, che entra in questa identità cristiana e la osserva”. Cioè la vive, la compie, si lascia rivestire, diceva san Paolo, che siamo rivestiti di cose e abbiamo un corpo corruttibile, quando incontreremo l’identità che Dio ha preparato per noi saremo rivestiti di incorruttibilità [1Cor 15,53-54]. Egli ci rivestirà ci farà nuovi, gli altri se ne accorgeranno, ci relazioneremo a partire dall’esperienza che abbiamo ricevuto, dall’amore che abbiamo ricevuto e a partire dall’esperienza di amore che abbiamo donato.
Questa è la fede, questa è la Chiesa, questa è l’unica logica che mette insieme tutti noi, diversi, separati, lontani, tristi, senza speranza, annoiati, nascosti, individualisti, eccetera eccetera. La speranza cioè, che Dio ci mostri davvero il volto del Suo Figlio.
Sia Lodato Gesù Cristo.