Hai nascosto queste cose ai sapienti per rivelarle ai piccoli
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Alleluia, alleluia.
Francesco, povero e umile,
entra ricco nel cielo,
onorato con inni celesti.
Alleluia.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
PRIMA LETTURA – Dal libro del Siracide (Sir 50, 1.3-7)
Ecco chi nella sua vita riparò il tempio, e nei suoi giorni fortificò il santuario. Ai suoi tempi fu scavato il deposito per le acque, un serbatoio ampio come il mare. Premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortificò la città contro un assedio. Come era stupendo quando si aggirava fra il popolo, quando usciva dal santuario dietro il velo. Come un astro mattutino fra le nubi, come la luna nei giorni in cui è piena, come il sole sfolgorante così egli rifulse nel tempio di Dio.
Dal Salmo 15
R. Tu sei, Signore, mia parte di eredità.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. R.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare. R.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. R.
SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 6,14-18)
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
“Dobbiamo essere semplici, umili e puri”
Dalla «Lettera a tutti i fedeli» di san Francesco d’Assisi
(Opuscoli, ed. Quaracchi 1949, 87-94)
Il Padre altissimo fece annunziare dal suo arcangelo Gabriele alla santa e gloriosa Vergine Maria che il Verbo del Padre, così degno, così santo e così glorioso, sarebbe disceso dal cielo, e dal suo seno avrebbe ricevuto la vera carne della nostra umanità e fragilità. Egli, essendo oltremodo ricco, volle tuttavia scegliere, per sé e per la sua santissima Madre, la povertà.
All’approssimarsi della sua passione, celebrò la Pasqua con i suoi discepoli. Poi pregò il Padre dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt 26, 39).
Pose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre. E la volontà del Padre fu che il suo Figlio benedetto e glorioso, dato per noi e nato per noi, offrisse se stesso nel proprio sangue come sacrificio e vittima sull’altare della croce. Non si offrì per se stesso, non ne aveva infatti bisogno lui, che aveva creato tutte le cose. Si offrì per i nostri peccati, lasciandoci l’esempio perché seguissimo le sue orme (cfr. 1 Pt 2, 21). E il Padre vuole che tutti ci salviamo per mezzo di lui e lo riceviamo con puro cuore e casto corpo.
O come sono beati e benedetti coloro che amano il Signore e ubbidiscono al suo Vangelo! E’ detto infatti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta la tua anima, e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10, 27). Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e pura mente, perché egli stesso questo ricerca sopra ogni cosa quando dice «I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 23). Dunque tutti quelli che l’adorano devono adorarlo in spirito e verità. Rivolgiamo a lui giorno e notte lodi e preghiere, perché dobbiamo sempre pregare e non stancarci mai (cfr. Lc 18, 1), e diciamogli: «Padre nostro, che sei nei cieli» (Mt 6, 9).
Facciamo inoltre «frutti degni di conversione» (Mt 3, 8) e amiamo il prossimo come noi stessi. Siamo caritatevoli, siamo umili, facciamo elemosine perché esse lavano le nostre anime dalle sozzure del peccato.
Gli uomini perdono tutto quello che lasciano in questo mondo. Portano con sé solo la mercede della carità e delle elemosine che hanno fatto. E’ il Signore che dà loro il premio e la ricompensa.
Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto semplici, umili e casti. Non dobbiamo mai desiderare di essere al di sopra degli altri, ma piuttosto servi e sottomessi a ogni umana creatura per amore del Signore. E su tutti coloro che avranno fatte tali cose e perseverato fino alla fine, riposerà lo Spirito del Signore. Egli porrà in essi la sua dimora ed abitazione. Saranno figli del Padre celeste perché ne compiono le opere. Saranno considerati come fossero per il Signore o sposa o fratello o madre.
Trascrizione dell’Omelia
Il Siracide è uno dei Libri dell’Antico Testamento che fa parte dei Libri Sapienziali e verte sulla fede di un popolo che sta ragionando sulle cose di Dio a partire anche dalle cose che sperimenta, che contempla, ciò che si muove nel cuore di questi uomini che leggono la storia a partire dalla Legge che Dio gli ha dato. In questo Libro del Siracide c’è un brano piccolo, l’abbiamo letto questa sera, nella Prima Lettura, un brano che fa riferimento ad un sommo sacerdote che aveva avuto l’onore di ricostituire il culto, di rimettere in piedi un culto vero, autentico, profondo, coinvolgente e che aveva anche fortificato nello spirito la città, Gerusalemme, perché potesse affrontare le insidie che le venivano dall’esterno. Allora questo Libro del Siracide, scritto qualche secolo prima della venuta del Signore, guardate come si esprime: “Ecco chi nella sua vita riparò il tempio, e nei suoi giorni fortificò il santuario. Ai suoi tempi fu scavato il deposito per le acque, un serbatoio ampio come il mare. Premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortificò la città contro un assedio”, noi possiamo prendere questo brano e non attribuirlo intimisticamente alle nostre aspettative, alle nostre aspirazioni … oggi festeggiamo San Francesco di Assisi, quanta roba gli abbiamo appiccicato addosso, lo abbiamo fatto diventare il patrono degli animali e non so che cos’altro. Allora che cosa fa la chiesa, prende questo brano dell’Antico Testamento e con questo brano legge la storia di Francesco, perché si fa così amici, si prende la scrittura non per proprio uso e consumo ma per interpretare la storia e che diceva la storia? La storia diceva che cadendo un modo di pensare, un modo di costruire la società e l’economia nel ‘200 quando ormai l’era feudale era agli sgoccioli, dovendo affrontare l’era comunale con l’uomo al centro dell’universo ecco che Francesco si trova ad essere interprete di questo tempo. Dio gli ha messo dentro questo spirito, la capacità cioè di riconciliare questa attesa con una serie di eventi che la storia molto vorticosamente, già a partire dal comune di Assisi, stava cominciando a produrre. Allora che fa la chiesa? Dice: “Bene, che cosa ha fatto Francesco? Ha fatto questo, ha riparato il tempio, nei suoi giorni ha fortificato il santuario”, cioè ha interpretato il culto a Dio in un modo nuovo, tenendo conto di quanto era la tradizione che l’aveva preceduto, riproduce per la generazione che viene un modo di pensare Cristo, di pensare il rapporto con lui e di viverlo autenticamente, non più legato alle vecchie forme ma forme nuove che non contraddicono, che non tradiscono la sostanza, semplicemente la ripropongono. Guardate è Francesco, San Francesco che sta facendo questo, penso, ti sarà venuto in mente, che oggi, in questo tempo, un altro Francesco sta interpretando questo culto, non per riadattarlo al modo di pensare, come dicono quelli che pensano male, non lo sta riadattando, sta pensando la relazione con Dio in un modo ancora più comprensibile per gli uomini perché gli uomini non si sentano ostacolati, messi in difficoltà, perché capiscano veramente a chi si rivolgono. Allora dice questo brano di Siracide, facciamo questa esperienza insieme adesso, pensiamo a Francesco e non a quel sommo sacerdote che neanche conosciamo, dice il Siracide: “Come era stupendo quando si aggirava tra il popolo, quando usciva dal santuario dietro il velo”, guarda a questa figura … com’era stupendo questo piccolo uomo neanche tanto bello, neanche tanto appariscente, quando usciva dal suo rapporto con Dio, dal santuario, dalla sua relazione con Dio, come quella notte trascorsa in una caverna col desiderio di recitare il “Padre Nostro”, ne uscì al mattino avendo detto solo “Padre”, avendo aperto solo la porta di questa relazione pieno dello stupore di poter chiamare un Dio apparentemente tanto lontano con un attributo così vicino, “Padre”, a chi lo diresti se non a chi esercita nella tua vita una autorità paterna, familiare. Così, che cosa dice allora il Siracide, che cosa dice questa tradizione? Dice che c’è un modo migliore per entrare nel cuore di Dio che Cristo ci ha aperto e questo è un po’ il senso anche della Seconda Lettura che calza benissimo con la Festa che celebriamo, tratta dalla Lettera ai Galati, proprio quella lettera in cui San Paolo dice: “Sono stato crocifisso con Cristo”, cioè: “La mia vita aderisce alla vita divina attraverso le piaghe di Gesù, sono diventate per me un sigillo quelle piaghe, che avvicinano il mio desiderio alla sua volontà e la sua volontà alla mia possibilità di realizzarla, cioè di desiderarla, di amarla, di farla diventare ancora carne per tutte le generazioni”. Dice allora San Paolo in questo brano: “Io sono stato crocifisso ed il mondo è stato crocifisso per me” non c’è niente nella storia che non entri dentro questa logica della passione, morte e resurrezione, che poi sono i tre pilastri autentici della fede, senza questi tre pilastri ogni religiosità non ha senso, noi crediamo nella passione, morte e resurrezione del Figlio di Dio, perché nella nostra vita questo siamo chiamati a sperimentare. Allora dice San Paolo: “Questa è la Legge, questa è la Torah, questa è la volontà di Dio, non c’è più bisogno della circoncisione”, cioè non c’è più bisogno di osservare quelle vie tanto difficili, tanto impervie, tanto complesse, pur gloriose, come Israele le ritiene, però così lontane per chi invece viene dal paganesimo, per chi viene dal mondo, per chi come te si lamenta continuamente di non avere un linguaggio per parlare a Dio faccia a faccia. Dice San Paolo: “Bene, non esiste più la circoncisione, esiste questa circoncisione del cuore, non più le azioni che ripetono quello che dice la Legge ma il cuore che ragiona secondo la Legge, che guarda i fatti secondo la Legge e agisce, interagisce, nella storia come Dio ci ha messo nel cuore” e qua ancora vedi in controluce la figura di questo Santo che tutti quanti noi amiamo così tanto. E poi finalmente la perla preziosa di questa liturgia che è il Vangelo, è Gesù stesso che parla e dice a Dio: “Padre ti benedico perché tu hai nascosto queste cose alle vie degli intelligenti, alle vie dei sapienti, tant’è che questi quando parlano tutto dicono meno che la tua grandezza, tutto esprimono meno che del dono di grazia che tu ci hai fatto, si sono persi, nell’orgoglio delle loro ricerche si sono perduti e si sono allontanati, ma le hai rivelate ai piccoli”, come hai fatto a rivelarle ai piccoli? Lo hai fatto in un modo semplice, non hai fatto una scuola per i piccoli, no, ci hai dato una grammatica che tutti possiamo capire, quale? L’umanità del Verbo. Ma chi lo poteva vedere Dio? Dice Giovanni: “Dio nessuno lo ha mai visto il Figlio di Dio che è nel seno del Padre lui ce lo ha fatto conoscere” (Gv 1), lui solo, che ha visitato le profondità di Dio, le ha ritradotte perché gli uomini le comprendessero. Come le ha ritradotte? Amando, usando misericordia, avvicinando e lasciandosi avvicinare, parlando ai piccoli, parlando con semplicità, operando i prodigi che liberano gli uomini e li rendono più uomini, non marionette in mano alle mentalità di questo mondo. Guardate a volte quanto gli uomini sono sciocchi, io non nego il dolore e la sofferenza profonda che certe circostanze della vita di alcuni possono generare ma la croce, cioè il dolore delle nostre realtà personali, la croce la portiamo onorevolmente aderendo a questa grazia sapendo che il Figlio di Dio ci ha messo le mani sopra, non la spacchiamo in testa a tutti, non la usiamo per andare perfino contro la madre che ci ha generati. Ma che cosa avevi promesso? Non avevi promesso la tua vita? Non avevi promesso il tuo celibato? Non avevi promesso tutto quello che ti riguarda? Cosa vuoi se non che Dio riconosca questo celibato e lo prenda? E, come diceva uno, ho detto tutto. Queste cose vanno pure dette perché il mondo è pieno di bocche che parlano e spesso a vanvera. Allora dice Gesù in questo caso: “Padre, mi hai dato tutto e io ho capito che posso ridare tutto quello che mi hai dato, a tutti”, dice: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio, nessuno può accedere al Padre se il Figlio non glielo permette”, ma il Figlio può non permettercelo? Quando ci guarda, che cosa guarda? Non guarda la nostra umanità? E lui di questa umanità che si è scandalizzato? No, l’ha presa, l’ha assunta. Se l’ha assunta, se l’ha presa anche lui, allora può compatirci, dice la Lettera agli Ebrei (Eb 5), è un Sommo Sacerdote che può avere compassione di noi perché sa la nostra carne che cosa desidera, la nostra carne dentro quali trappole può cadere ma lui che è libero e non è condizionato da nulla se non dall’amore che ha verso il Padre non cade mai in queste trappole, non è mai messo in difficoltà. Dice Gesù: “Allora se avete capito questo …” guardate qua c’è proprio tutto San Francesco, lo puoi guardare mentre dico queste parole, dice Gesù: “Allora se avete capito che Dio viene nella tua carne e nella carne viene a salvarti, a conoscerti e a farsi conoscere, allora avvicinatevi, venite a me voi tutti che siete stati affaticati e oppressi dalle cose di questo mondo e io vi ristorerò, perché io posso farlo, perché io conosco le vostre esigenze, perché io so di che cosa avete bisogno, mettete sulle vostre spalle non il giogo di una legge, di una tradizione assurda, mettete sulle vostre spalle il giogo dell’amore, il giogo della misericordia, il dolce giogo di questa umanità che io sono venuto a condividere con voi”, Francesco questo fa, si lascia mettere questo giogo addosso, la sua tonaca esprime questo, questo giogo, questa croce che Dio gli ha imposto e su questa croce, attenzione, si lascia sposare da Dio, configgere su questo talamo nuziale in cui tutta la passione si trasforma in desiderio di eternità, in cui tutto il desiderio di amore umano si trasforma in una voragine di amore divino. Noi se lo avessimo visto fare da qualche santone da qualche parte avremmo pure avuto qualche sospetto, ma quando lo abbiamo visto fare da questo poverello abbiamo detto, come dice Agostino: “Ma se lui perché non noi? Perché non io? Perché non ora? Perché non qui? Perché non per sempre?”, con questa fede noi attraversiamo la storia, con questa fede restituiremo un culto nuovo, un culto migliore, un culto autentico a questa generazione un po’ malata di cui pure noi facciamo parte. Possa lo Spirito di Dio tanto generoso nella vita di Francesco, riversare nel tuo cuore tanta speranza e tanta consolazione.
Amen