Domenica delle Palme

Anno Liturgico A
13 Aprile 2014

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo (Mt 26,14 – 27,66)

– Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?

In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.

– Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?

Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

– Uno di voi mi tradirà

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

– Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue

Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

– Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge

Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».

Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.

– Cominciò a provare tristezza e angoscia

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».

Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

– Misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono

Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

– Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza

Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo».

Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».

– Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte

Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

– Consegnarono Gesù al governatore Pilato

Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.

Allora Giuda – colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato Campo di sangue fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore».

– Sei tu il re dei Giudei?

Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.

Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.

Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».

Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

– Salve, re dei Giudei!

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

– Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».

Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

– Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

– Elì, Elì, lemà sabactàni?

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.

– Giuseppe prese il corpo di Gesù e lo depose nel suo sepolcro nuovo

Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.

– Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete

Il giorno seguente, quello dopo la Parascève, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risorto dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.

PRIMA LETTURA Dal libro del profeta Isaia (Is 50,4–7)

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

Salmo 21 (22)
R. Nell’angoscia t’invoco: salvami, Signore.

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa. R.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele. R.

SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 2,6-11)

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele”
Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo
(Disc. 9 sulle Palme; PG 97, 990-994)

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. È disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell’ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.
Egli salì verso oriente sopra i cieli dei cieli (cfr. Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana innalzandola dalle bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese.
Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi, in virtù del lavacro battesimale della salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele».

Trascrizione dell’Omelia

Tutti gli anni, quando le nostre liturgie diventano silenziose nella Settimana Santa, a partire da questo giorno, dell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme, noi ascoltiamo questa narrazione della passione di Gesù e della sua morte e tutti gli anni cerchiamo sempre una modalità, un sentimento, qualcosa che portiamo nel cuore che ci abiliti a guardare questa vicenda potendo partecipare in qualche modo; ma tutti gli anni ci accorgiamo che ogni nostra possibilità di avvicinarsi a questi fatti è inadeguata: noi non sappiamo sentire il dolore del Cristo, non sappiamo comprendere qual è la sua speranza e spesso ci sbagliamo anche nel decifrare questo tracciato che il Vangelo ci mette davanti, credendo addirittura che Gesù, nell’ultimo momento, quando sta per consegnarsi agli uomini, dubiti che il Padre possa salvarlo, possa amarlo. Ma potendo invece entrare in questa scena della logica della Passione forse in modo liturgico come ci suggerisce Matteo che scrive agli ebrei a quelli che si sono convertiti dall’ebraismo che conoscono il dettato dei riti ebraici della Pasqua del popolo di Israele, potremmo entrare con lui e accorgerci che quest’Uomo si sta preoccupando, come è riportato spesse volte in questo testo, di portare a compimento la Scrittura, quest’Uomo sta dicendo che tutto deve compiersi non perché il destino ha stabilito che è così ma perché Dio, volendosi rivelare fin dal tempo di Abramo, ha voluto farsi conoscere gradualmente e gradualmente ha accompagnato l’uomo con la debolezza della sua carne, fino davanti a questo scenario incomprensibile per mettere l’uomo finalmente davanti al dubbio che porta profondo radicato nel suo cuore: “Debbo ambire alle realtà celesti e odiare la carne o devo amare la carne come unica prospettiva e dubitare che esistano realtà celesti?”. È proprio il tuo dubbio, è proprio il sospetto di questa generazione: “Devo credere cioè che la mia carne è inadeguata a pensare le cose del cielo e dunque devo farne a meno, devo avere cioè qualche logica per raggiungere una pace una consapevolezza mentale delle cose divine, cosa farò della mia carne? Oppure vivrò solo dentro i bisogni della carne?” e questa generazione mi sembra si sia decisa poi a farlo dimenticando le istanze del cielo le esigenze della vita eterna, allora questa liturgia ebraica ci porta dentro questo dramma per dire: “Adesso deciditi, adesso guarda bene, guarda quali sono le grandezze in gioco”. Gesù dopo aver deciso di celebrare questa Pasqua con i suoi avendo scelto un luogo, cioè volendo dividere questa liberazione e farla vivere ai suoi discepoli in modo definitivo autentico e pieno, allora drammatizza tutta questa realtà con questo banchetto pasquale e poi dopo aver detto come gli uomini si comporteranno di fronte a questo stigmatizzerà sia Pietro, il primo degli apostoli, sia Giuda quello che forse è arrivato per ultimo perché è di Gerusalemme, conosce il tempio, conosce anche i sommi sacerdoti, è vicino alle realtà del tempio… Questi uomini avevano pensato in modo diverso, Giuda aveva pensato: “Vabbé, questo fa i suoi prodigi, fa le sue cose ma poi sicuramente a Gerusalemme si rivelerà e riscatterà quello che deve riscattare”, Pietro da parte sua aveva detto: “Tu sei il Figlio di Dio”, ma di fronte alla possibilità di soffrire si era tirato indietro “Non è possibile, non lo permetterò mai” e anche in questo momento sta dicendo: “Signore io non mi scandalizzerò” e Gesù dice: “Pietro la tua debolezza, la debolezza della tua carne, uguale a quella di Giuda, uguale a quella di tutti gli apostoli, tu non hai la facoltà di credere nel momento della prova, sono Io che credo alla fedeltà di Dio nel momento della prova”, né Giuda né Pietro per dire: “Neanche tu, con le tue speranze, le tue devozioni veglierai in questo combattimento, sono Io che entro per te, Io giocherò questa partita fino alla fine” e dopo aver cominciato il rito pasquale, dopo aver consacrato il pane ed il vino dirà poco dopo la benedizione del calice dirà: “Io non berrò più il frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno Padre mio”, lasciando intendere a questi uomini, molti provenienti dalla Galilea, che questo era proprio come nella tradizione, era un matrimonio come quello che si celebrava in Galilea, là dove la sposa lasciata la casa di suo padre dice: “Io non berrò più del frutto della vite finché non lo berrò nuovo nella casa dove andrò ad abitare con mio marito”, capisci? Sta dicendo a questi uomini: “Io sto celebrando uno sposalizio, la carne e lo spirito che ti sono di scandalo, Io li sto portando verso un incontro, una comunione decisiva, Io faccio questo connubio, dunque ti salverò totalmente, salverò le tue espiazioni, salverò anche la tua debolezza, porterò fino al cospetto di Dio tutto ciò che tu desideri di più eterno, di più meraviglioso ma vi porterò anche ciò che è stato per te motivo di scandalo cioè il peso della tua carnalità, la sofferenza della tua carne”, immaginate lo stupore di questi uomini… poi subito dice loro che vivranno questo scandalo e sappiamo cosa risponde Pietro e cosa accadrà ma dopo aver illustrato come sarà questa offerta di Sé finalmente lascia gran parte dei discepoli e con i tre che lo seguono dappertutto si allontana un tiro di sasso, dice loro di vegliare e fa questa “strana” preghiera al Padre: “Padre passi da me questo calice”, siamo ancora nella mentalità della liturgia ebraica, siamo ancora nella mentalità del banchetto della Pasqua e quella quarta coppa che non si deve bere perché si berrà alla fine, la coppa dell’ira di Dio, quella che si svuoterà al momento del giudizio universale, quando i morti usciranno dalle tombe, anche questo Vangelo lo racconta, dopo la morte di Gesù molti sono usciti dalle tombe e si sono visti girare per Gerusalemme, sta dicendo Matteo: “Siamo nell’area del giudizio universale, siamo nel momento del compimento del progetto di Dio”, tutto quello che si doveva fare è stato fatto, tutto è compiuto dirà Gesù sulla croce, proprio quello che Dio aveva preparato fin dai tempi antichi e raccontato al suo popolo attraverso la Torah e attraverso i profeti ma questi discepoli mentre Gesù sta implorando al Padre che questo giudizio non si faccia, questi discepoli stanno dormendo, l’umanità non ce la fa a capire, l’umanità ha un’idea di Dio che fa paura è quella che hai anche te, Dio farà un giudizio universale e sarà a mio detrimento mi spubblicherà davanti a tutti, dirà tutti i miei peccati davanti agli angeli: “Questo non lo posso tollerare, non ce la faccio”, è quello che credi tu e pur amando Dio ne temi l’avvento e pur desiderando la vita eterna ne rimandi l’occasione, chiedi anzi anche te a Dio: “No, non ora”, allora Gesù interpretando il desiderio che tu porti nel cuore dice al Padre: “Non permettere che sia questo il momento in cui si tireranno le sorti di questo tuo popolo e di tutto il mondo che tu hai creato, tu amante della vita che nulla disprezzi di quanto hai creato (Sap 11,24) abbi compassione di questi tuoi figli, se questo calice non può passare io lo berrò, questo calice dell’ira alla fine non si verserà per loro, si verserà per me, tu distruggerai me, io vengo per essere distrutto”, perché questo documento della nostra condizione, venga stracciato da Dio, stracciato nel suo corpo, stracciato nella sua carne questo documento che ci è sfavorevole (Col 2,14) perché ci siamo accorti che ci è impossibile raggiungere Dio da soli, allora Egli va a morire per le nostre colpe, va a morire per la nostra paura, perché il debito che noi portavamo a causa del peccato che ha generato questa paura fosse tolto di mezzo per sempre. Dunque deve bere questo calice dell’ira, guarda bene, se tu sei entrato in questa liturgia in cui l’Agnello si offre per bere Lui l’ira di Dio che incombeva sul genere umano a causa della cattiveria, a causa dell’immondezza, delle cose che hanno perturbato la storia fin dalle origini ma se Lui va a morire per me quanto amore mi riserva? Di quale amore mi ha amato? Lui che ha avuto la capacità di respingere il giudizio e di tenere fermi gli apostoli che dormono in questo giardino del Getsemani perché si ricelebri un’era nuova, un’era di speranza si diradi nel tempo, faccia entrare altri popoli, altre persone che non hanno mai sentito parlare di Dio, raccolga la preghiera di molte generazioni e di generazione in generazione (Es 3,15) o di gloria in gloria (2Cor 3,18) prepari il tempo dell’incontro con l’Altissimo al quale tutti siamo invitati, noi per primi nel Battesimo e gli altri grazie a noi in forza del nostro Battesimo, noi perché abbiamo deciso di seguirlo e gli altri che lo hanno conosciuto per la nostra fedeltà e per il nostro sacrificio, è chiesto allora anche a te di far attendere il giudizio di Dio sui cattivi, guai a quelli che dicono: “Possa scendere adesso il giudizio di Dio così elimina tutti quelli che ci stanno antipatici”, guai! Noi siamo chiamati a intercedere per loro, a morire anche noi per loro come dice Tommaso nel Vangelo di Giovanni: “Andiamo anche noi a morire con Lui” (Gv 11,16), qua si celebra questa grande donazione di tutta la Chiesa, il grande suffragio che entra in questa porta che Gesù ha aperto e si nutre dello squarcio del costato del Figlio di Dio e ne prende la grazia necessaria, la grazia sacramentale perché tutto il mondo si salvi, per la vita del mondo come diciamo sempre. Ed è la parola finale di Gesù sulla croce: “Tutto è compiuto” mentre gli altri mostrano di fare le cose che si fanno normalmente, mentre Gesù ha gridato: “Elì, Elì lemà sabactàni”, il Salmo che significa: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” è la condizione umana che non vede più l’amore di Dio ma è il Salmo che celebra, però, l’amore di Dio e Gesù lo sa, per questo lo prega sulla croce e lo consegna dalla croce alla preghiera di ogni uomo, gli altri continuano a fare le cose che devono fare, uno va a prendere una spugna la imbeve di aceto sembra che niente si veda, che niente si celebri, che nulla si capisca, proprio come accade a te che mentre vivi la tua passione e doni la tua vita per i peccatori, per te che vivi la fede autenticamente e sembra che il resto del mondo stia facendo le stesse cose che fa sempre, anche loro vanno a prendere la spugna, anche loro dicono: “Era veramente il Figlio di Dio” ma ancora non hanno capito e questa celebrazione liturgica sembra perdersi, disciogliersi la speranza delle nuove generazioni dentro la storia del male, dentro la storia del demonio, dentro la storia della grande ubriacatura del mondo, perché l’uomo ricominci a sperare. Noi ci fermiamo davanti a questa parete, alla parete in cui si sigilla la forma di Gesù e la speranza sembra terminare ma chiediamo a partire da questo giorno, da questa sera, da questo ascolto entriamo in una preghiera incessante che ci farà ripercorrere tutti questi momenti fino alla morte santa della Pasqua dove guarderemo con speranza insieme al cero pasquale, che venga la luce della prima stella del mattino a risvegliare il nostro anelito di essere totalmente di Dio, sempre con Lui, pieni della sua grazia, testimoni della sua fedeltà.

Sia lodato Gesù Cristo.

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