Santissima Trinità

Anno liturgico C
16 Giugno 2019

Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.(Messa del mattino e della sera)

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,12-15)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

PRIMA LETTURA – Dal libro dei Proverbi (Pr 8,22-31)

Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».

Salmo responsoriale Salmo 8.
O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! R..

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi? R.

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.R.

Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.R.

SECONDA LETTURA Dalla lettera ai Romani (Rm 5,1-5).

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Luce, splendore e grazia della Trinità”
Dalle «Lettere» di sant’Atanasio, vescovo

Non sarebbe cosa inutile ricercare l’antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s’intende che il Signore ci ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.
La nostra fede é questa: la Trinità santa e perfetta é quella che é distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma é tutta potenza creatrice e forza operativa. Una é la sua natura, identica a se stessa. Uno é il principio attivo e una l’operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, é mantenuta intatta l’unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che é al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed é in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E’ al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.
L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo é lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo é il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo é Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).
Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito é in noi, é anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi é anche il Padre, e così si realizza quanto é detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti vi é la luce, là vi é anche lo splendore; e dove vi é lo splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia é il dono che viene dato nella Trinità, é concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.

Trascrizione dell’Omelia

Abbiamo accompagnato Gesù nella sua predicazione, con lui siamo entrati nel dramma della sua passione e morte, davanti agli angeli abbiamo visto la sua resurrezione e poi gli effetti di questo mirabile prodigio che Dio ha operato e cioè l’ascensione al cielo della natura umana del Cristo e poi la discesa dello Spirito Santo. Se uno vedesse tutto questo così dall’esterno, in pochi tratti, così come io ho detto adesso, già forse si accorgerebbe che tutta questa consequenzialità dice le coordinate di un piano, di un piano che supera anche le nostre coordinate della vita, di concepire le relazioni, di nutrire la speranza o di affrontare le difficoltà e le tribolazioni, come diceva Paolo nella Lettura che abbiamo ascoltato. Dunque tutto il mistero di Cristo si è posto davanti a noi e noi potremmo dire: “Bene, abbiamo compreso, abbiamo visto, abbiamo capito”, purtroppo non è così, è vero abbiamo compreso, abbiamo capito, ma purtroppo questo sembra non bastare, perché di fatto la nostra vita non si adegua a questo messaggio, anzi, non ne coglie la forza fino in fondo. E quale sarebbe questo messaggio? Il saperci appartenenti a Colui che ci ha creato, ci ha guardato, ci ha risollevato, ci ha salvato dai peccati e finalmente ci ha assicurato una presenza presso di lui. Perché noi continuiamo a pensare che tra la nostra umanità e la sua divinità, c’è una distanza incolmabile, c’è una distanza irriducibile che nessuna cosa, neanche il nostro desiderio, neanche la santità, forse ci farebbe colmare e questo per noi è sempre principio di solitudine, principio di dolore, di sofferenza. Allora la chiesa, proprio dopo i fatti dei misteri di Cristo, ci mette davanti la bellezza luminosa, splendente, del dogma trinitario che non è un dogma da credere così senza capirlo, come qualche volta ci hanno raccontato e neanche una logica da fare matematica, allora uno per uno per uno, due per tre sei, capisci no? Qua c’è bisogno di sapienza e di conoscenza per penetrare questo mistero. E la filosofia ci aiuterebbe, la speculazione ci aiuterebbe ad entrare a capire queste cose, ma Gesù, Gesù che è la cifra della Trinità, Gesù che della Trinità è la parola comprensibile, che della Trinità è il desiderio di farsi conoscere agli uomini e dunque nella forma umana, nella carne dell’uomo ci ha incontrato per parlarcene, Gesù non usa la filosofia, Gesù usa delle parabole, dei racconti comprensibili. Per esempio ci parla della Trinità, anche se noi non ce ne accorgiamo, quando ci racconta di quel figlio che avendo preso della sua sostanza se ne va lontano e la sperpera insieme ai peccatori. E quando ritorna, non si sa perché ritorna noi non sempre ritorniamo, quando ritorna ritrova la sostanza intatta. Ma come è possibile? “E no, quando ritorna troverà qualche cosa, il padre visto che è il figlio, avrà misericordia di lui e forse gli darà qualche spicciolo”, e invece no, ritrova la sostanza come non l’avesse sperperata. Che voleva dire questo? Voleva dire che primo, il figlio ha chiesto qualcosa che non sa che non si può separare, non si può dividere, qualcosa che gli appartiene, gli è appartenuto e gli apparterrà per sempre ed è la relazione con suo padre, questa è la sostanza, la relazione con suo padre, i soldi non sono le sostanze, i soldi sono delle cose che vanno e vengono, voi lo sapete no? Più vanno che vengono. Dunque se ne va lontano, sperpera queste cose ma a un certo punto sente il desiderio di tornare, tu dirai: “Perché aveva fame!”, mica tutti i figli tornano quando hanno fame, possono inventarsi anche qualche altra cosa, se un figlio torna a casa perché ha fame, vuol dire che sa che a casa da mangiare c’è, e questo mangiare che c’è a casa è proprio questa sostanza, dunque quello che lo fa tornare a casa è un desiderio che lo supera, che somiglia alla fame, ma che sa di poter trovare sollievo presso il padre, ed è un desiderio ancora di relazione ed è il desiderio di incontrare suo padre anche se pensa che ormai non è più il padre ma è un padrone davanti al quale si comporterà come un servo. Ma quando il padre lo incontra lo chiama figlio, dunque lo riconosce, perché lo riconosce? Tu dici: “Beh, è suo figlio lo riconosce!”, lo riconosce perché quel desiderio che il Figlio porta dentro, viene dal Padre, sta parlando della Trinità, quel padre è il Padre, il figlio è il Figlio di Dio e questo desiderio è lo Spirito, desiderio di relazione. Dunque è una parabola, come tante, la parabola per esempio del “Buon Pastore” che va a prendere la pecorella che si è perduta e ne lascia novantanove, chi lo farebbe questo? Anche questo un racconto per dire che l’integrità della realtà di Dio non può fare a meno di un elemento che se ne va, Dio è l’intero, Dio comprende tutto il gregge, il Pastore si riconosce in tutto il gregge, non può permettere che una pecora stia fuori. Se tu hai capito questo, hai capito che tu, in qualsiasi condizione ti trovi, appartieni a Dio e siccome appartieni a lui, lui appartiene a te nella stessa misura. Se anche oggi tu non fossi pronto ad accogliere questa misura dell’appartenenza di Dio, Egli ti porterebbe gradualmente alla relazione totale, vera, autentica, quella che ha la capacità di compiere il progetto di Dio in Cristo. D’altronde Gesù, il Verbo incarnato, salendo al Padre non ha portato qualcosa della nostra carne, non è che ha portato che so, la bellezza ma poi la ciccia la lasciata da un’altra parte, Gesù ha portato presso il Padre tutto quello che ci apparteneva e la promessa che fa a noi è che quello che si salva non è il nostro buon pensiero, il nostro spiritello, la nostra animuccia che sta da qualche parte, tutto è destinato a tornare a lui, perché noi siamo marcati dalla sua presenza, noi siamo totalmente invasi dall’appartenenza a Dio, scoprirlo è principio di pace, incontrarlo è una fonte zampillante, come quella che Gesù aveva promesso alla samaritana, celebrarlo significa ricostituire il Regno, il corpo di Cristo, attraverso l’aiuto dello Spirito Santo. Allora vedi che non c’è un’operazione, di quelle che si compiono nell’economia della salvezza, che è l’economia degli uomini, che è le relazioni degli uomini, le speranze degli uomini, le fatiche degli uomini, persino le tribolazioni degli uomini, nulla c’è che non appartenga a questo progetto di Dio. Dall’altra parte, la nostra ignoranza secondo la quale se stiamo soffrendo, se c’è una malattia, se il marito se n’è andato tradendoci con un’altra, la moglie uguale, se è successo questo allora forse questo amore di Dio si è nascosto, non c’è, dubitiamo anche che ci sia mai stato, come se noi potessimo metterci fuori da questa relazione .. amici: “né la tribolazione, né la nudità, né la fame, né il pericolo, né la spada, nulla può separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù”, dice Paolo, segno che c’è un segreto nascosto anche nella nostra tribolazione, anche nella condizione che stai vivendo e che è infamante, perché chi ti aveva promesso di amarti se n’è andato, anche in questa condizione di tribolazione c’è una promessa che è destinata a germogliare e a compiersi, ed è affidata alla tua speranza, alla tua capacità di attendere. Mi rendo conto quanto questo costi alla tua vita, quanto costi anche alla mia vita, quanto costi alla nostra vita, ma noi guardiamo a questa relazione compiuta in Cristo e sappiamo che anche questa relazione frammentata nella nostra esistenza, un giorno si ricapitolerà dentro questa pace, dentro questa eternità e ne godremo, perché vedremo faccia a faccia come siamo stati fatti, perché siamo stati fatti così e anche perché abbiamo dovuto attraversare difficoltà così grandi. Allora la Trinità non è più un dogma, la Trinità non è più una realtà lontana che non esiste, la Trinità è un respiro, lo stesso respiro che ci fa incontrare, lo stesso sentimento che ci permette qualche volta di superare la nostra natura e perdonare chi fa del male, è quel chicco di speranza, quel granello di senapa di speranza, pur piccolo, pur infimo, che dice tuttavia che siamo fatti per la vita eterna e che questa vita eterna già pulsa al centro del nostro essere e ci trascende sempre e ci spinge sempre e scava sempre dentro di noi un posto, un luogo per la santità di Dio, per il suo amore e la sua misericordia. Non ti preoccupare di capirla fino in fondo, perché questa Trinità si offre costantemente alla tua vita come ti ho detto, non ti preoccupare anche di non aver capito una parte di tutto questo, perché la Trinità si relazione con te ed è in questa relazione che tu puoi dire: “Finalmente ho conosciuto l’amore di Dio: ero lontano sono stato perdonato, avevo peccato sono stato rialzato, ero morto ho riavuto la vita”, fa che questa testimonianza raggiunga anche uomini che non hanno mai sentito parlare di queste cose e che stanno ancora là a cincischiare se i dogmi, se le verità, sono vere, si possono credere o no, tu entra per la porta dello Spirito in questa relazione e vi troverai il motivo della tua esistenza e anche della tua vita eterna. Sia lodato Gesù Cristo.

Messa Vespertina

 

Trascrizione dell’Omelia

“Molte cose ho ancora da dirvi ma per ora non siete capaci di portarne il peso”, ma direi forse potrebbe intendersi così, molte cose che Gesù certamente avrebbe voluto ancora insegnare, non le avremmo capite, abbiamo a stento comprese quelle che ci sono state trasmesse. In che cosa consta questa trasmissione delle cose di Gesù e come questa trasmissione arriva verso il suo compimento, così che noi possiamo conoscere le cose di Dio? Beh, partiamo dalle origini, noi sappiamo dalla rivelazione che siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, è quasi dire niente perché quale sia l’immagine di questo Dio non lo sappiamo, figuriamoci se ci possiamo immaginare come gli somigliamo. Però, da come ci ha creati, qualche cosa su quello che Dio è, su quello che Dio fa, forse potremmo ancora intenderlo. Ci ha creati maschio e femmina, ci ha creati cioè con una capacità relazionale, naturalmente ci ha messo nelle condizioni di incontrarci ed incontrandoci di poterci relazionare fino in profondità. Dunque se ci ha creati a sua immagine e somiglianza e ci ha creati nella distinzione, non nella diversità, non nell’opposizione, vuol dire che la relazione lo connota, che la relazione fa parte di Dio, che la relazione dice di Dio qualcosa di originario, di autentico, perché ci ha creati così. Ora, se c’era un principio con il quale noi avremmo potuto capire come questa relazione ci avrebbe fatto vedere le profondità di un Dio in relazione, forse questo principio nella relazione quale potrebbe essere? Quand’è che io scopro le profondità dell’altro in relazione? Quand’è che lascio scoprire le mie profondità in relazione con l’altro? Quando mi comporto con rispetto, con fiducia, con atteggiamenti di stima, per dire tutto insieme in una parola, che non sia però un sentimento, quando io esercito amore nei confronti dell’altro. Questo amore darebbe alla mia relazione con l’altro, un connotato quasi eterno, direi, perché l’amore, lo dice san Paolo, ha la capacità di passare sopra molte cose: “Tutto copre, tutto spera, tutto sopporta” dice san Paolo. Dunque questa relazione si sarebbe dovuta tradurre, comprendere, dentro atteggiamenti di fiducia, di scambio reciproco, di amore, ma noi sappiamo che un pensiero serpeggiante, è entrato e si è sostituito a questa relazione, a questo amore e della relazione non ha interpretato la fiducia, piuttosto il sospetto, il sospetto nei confronti dell’altro, il sospetto nei confronti l’uno dell’altro, il sospetto di entrambi nei confronti di Dio. Se c’era un’ immagine e somiglianza che ci avrebbe fatto conoscere il Dio relazionale, per relazionarci anche con lui, questo peccato originale ci ha allontanati, ci ha messo nelle condizioni di non capire più chi era Dio e allora Dio non ha fermato là il suo amore per noi, ma pur avendo noi peccato sospettando della sua bontà, della sua misericordia, Egli in tutta la stria ci ha raccontato, attraverso le cose della creazione, attraverso i fatti della storia, attraverso gli interventi che Egli Stesso ha compiuto nella storia, attraverso i personaggi che ha mandato nella storia ad illustrarci i punti più oscuri, i recessi più segreti più reconditi, dei fatti anche più duri che abbiamo attraversato, perfino dirà san Paolo in questo brano che abbiamo ascoltato stasera, perfino nella tribolazione, anche là Dio ha nascosto qualcosa del suo amore. Anzi, ci ha preparato a guardare questa realtà nascosta, come un tesoro nascosto in un campo: ecco è venuto Gesù alla pienezza del tempo a dirci come funziona questo ritorno alla comprensione delle profondità di Dio. E ce lo ha raccontato con delle parabole, ce lo ha raccontato in un modo in cui noi potessimo comprendere, ce lo ha raccontato parlando di un figlio che si è allontanato da casa prendendo parte delle sue sostanze, secondo quello che pensava che gli spettava e dopo averlo sperperato tutto, quando ritorna a casa trova le stesse sostanze ad aspettarlo, ve lo ricordate? E’ il figliol prodigo, segno che il padre questa relazione non se l’è dimenticata. Se con Adamo ed Eva ce ne siamo andati lontani a sperperare la nostra immagine e somiglianza, le prerogative della figliolanza con la quale ci aveva creato, tornando a casa lui non dice: “Non vi conosco”, lui non dice: “No, no, andate via siete ..”, neanche tratta da servi come il figliol prodigo aveva forse immaginato, ma lo chiama: “Figlio mio”, lo riveste di nuovo. Poi ancora, ancora Gesù che ci insegna che Dio è come un pastore che quando una pecora si perde lascia le novantanove e la va a cercare là dove si è cacciata. Per dire che Dio non è felice in Sé, se così si può dire, finché non ha tutto ciò che gli appartiene, perché Egli in tutto ciò che gli appartiene si relaziona, si fa conoscere, si dona, si lascia intuire. Dunque come vedete e se andate a guardare negli insegnamenti di Gesù in molte occasioni, tutto quello che era nascosto dal peccato originale e che ci aveva impedito di vedere la bellezza della creazione, Gesù ce lo ha fatto conoscere, tutta la profezia, tutta la Scrittura e poi finalmente un Dio nella forma di un Uomo, perché niente delle cose di Dio fosse per noi astruso, astratto, lontano, difficile, incomprensibile. Noi siamo umani e quello che è umano lo capiamo e anche se non lo capiamo completamente, ne abbiamo l’intuizione, chi ha conosciuto Gesù forse si sarà scandalizzato che il Figlio di Dio potesse essere così, che il Figlio di Dio potesse essere maltrattato, che potesse anche andare in croce e morire, ma tutti quelli che lo hanno conosciuto, come i discepoli di Emmaus, si sono detti: “Ma non ci ardeva forse il cuore nel petto quando stava con noi, quando parlava con noi?”, non ti arde forse il cuore nel petto quando senti parlare di Dio in questo modo, quando pensi che Dio diventi di nuovo comprensibile, quando anche se hai delle relazioni frammentate, spezzettate, nella storia della tua vita, Dio ti chiama a relazionarti con lui e ti invita a relazionarti con quelli che non riesci ad amare o che non ti hanno amato? Noi non sappiamo comprendere tutto l’amore di Dio, però ne sentiamo il profumo e quando siamo raccomandati in questo modo, anche nella difficoltà di poter realizzare la pienezza di queste relazioni, ci sentiamo nobilitati all’idea che nelle nostre mani è la ricostruzione del Regno, che nelle nostre capacità è riversata la possibilità di ricostruire addirittura il corpo di Cristo. Bene amici, non vi strologate il cervello sulla dimensione speculativa, filosofica, della Trinità, però le relazioni cercatele perché a misura di quella relazione perfetta noi siamo fatti e quando desideriamo ricostruire questa unità, proprio l’Autore della relazione che è lo Spirito Santo ci viene in soccorso e come dice Gesù, viene a compiere in noi quello che Gesù non ci ha ancora detto, che non abbiamo ancora compreso, che non abbiamo ancora attuato. E mentre operi in questo modo, non perderti d’animo, non aver paura se la riconciliazione è impossibile, se le persone che non riesci ad amare stanno là a giudicarti anche solo con il loro ricordo, apri il cuore alla possibilità che sia Dio a comporre quello che non ti è possibile, questo è l’amore Trinitario e questo è il progetto che Egli realizzerà. Sia lodato Gesù Cristo.

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