Venerdì Santo (Passione del Signore)

02 Aprile 2021

Venerdì Santo (Passione del Signore)

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 18,1- 19,42)

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

– Catturarono Gesù e lo legarono
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

– Lo condussero prima da Anna
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

– Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

– Il mio regno non è di questo mondo
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

– Salve, re dei Giudei!
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

– Via! Via! Crocifiggilo!
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

– Lo crocifissero e con lui altri due
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

– Si sono divisi tra loro le mie vesti
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

– Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui si genuflette e di fa una breve pausa)

– E subito ne uscì sangue e acqua
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

– Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

PRIMA LETTURA – Dal libro del profeta Isaìa (Is 52,13- 53,12)

Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.

Salmo responsoriale Salmo 30.
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. R..

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele. R

Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare. R.

Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.R.

Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.R.

SECONDA LETTURA Dalla lettera agli Ebrei (Eb 4,14-16; 5,7-9).

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
[Cristo, infatti,] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“La forza del sangue di Cristo”.
Dalle «Catechesi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo

Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? Richiamiamone la figura, scorrendo le pagine dell’Antico Testamento.
«Immolate, dice Mosè, un agnello di un anno e col suo sangue segnate le porte» (cfr. Es 12, 1-14). Cosa dici, Mosè? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l’uomo ragionevole? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell’antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo.
Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore. A Gesù morto e ancora appeso alla croce, racconta il vangelo, s’avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue. L’una simbolo del Battesimo, l’altro dell’Eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accadde per l’Agnello: i Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quel sacrificio.
E uscì dal fianco sangue ed acqua (cfr. Gv 19, 34). Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che quell’acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell’Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell’Eucaristia. E i simboli del Battesimo e dell’Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva.
Per questo Mosè, parlando del primo uomo, usa l’espressione: «ossa delle mie ossa, carne della mia carne» (Gn 2, 23), per indicarci il costato del Signore. Similmente come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l’acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l’acqua durante il sonno della sua morte.
Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato.

Trascrizione dell’Omelia

Nella gloriosa e sfolgorante comunione con il Padre, un giorno il Verbo guardò il volto di Dio e si accorse che una vena di solitudine, in qualche modo, lo oscurava. Impossibile immaginare una ferita di questo genere sul volto di Dio e mentre lo guardava il Verbo sentì dentro di Sé qualcosa che lo muoveva, che lo commuoveva interiormente, guardando il Padre disse: “Padre, ma forse manchiamo di qualcosa?”, “No Figlio mio, certo che no”, “Allora perché il tuo volto è così triste?”, “Non sono triste Figlio mio, ma vedo la tua gloria e vedo che nella tua gloria manca l’uomo, quello che io ho creato a nostra immagine e somiglianza. Vallo a cercare”. Allora il Verbo comprese in cuor suo, questo desiderio di riunificare tutto, tutta la creazione, sotto un amore, sotto una legge di amore che l’uomo in qualche modo aveva tradito e allora disse al Padre: “Si, volentieri vado, vado a cercare l’uomo. Ma dove è andato?”, “Vieni ti porto io con lui, ti mando lo Spirito, ti porterà fin dove l’uomo sta giacendo a causa del suo peccato e per i suoi dolori”. Allora il Verbo si è incamminato, è entrato nel seno di una storia piena di odio, di guerre, di sopraffazioni, di malattie, cose atroci, terribili, in un luogo dove la prevaricazione in quel momento aveva la parte più grande, un popolo schiavo. E chi c’era sotto questa schiavitù? Gente qualsiasi divisa in se stessa, l’uno contrapposto all’altro, perfino le autorità contro i più piccoli e i più piccoli l’uno contro l’altro: i pubblicani tradivano il popolo, i signori del popolo, il re, i Sommi Sacerdoti non se ne prendevano cura e questa gente dispersa come pecore senza pastore, non sapeva volgere lo sguardo al cielo. Allora il Verbo comprese in quel momento, che proprio perché questa gente non sapeva volgere lo sguardo al cielo, valeva la pena volgere lo sguardo fino alla loro abiezione, comprese che avrebbe dovuto prendere la carne umana, comprese che sarebbe dovuto entrare dentro quella contraddizione. Ve lo immaginate il Verbo che guarda verso Dio e vede la perfezione rilucere sul suo volto e poi guarda l’uomo e vede la povertà dell’uomo, si qua e la qualche desidero di santità e di redenzione ma frammisto a tanta sopraffazione, a tanto dolore. Ma poteva lui rinunciare alla sua divinità e mettersi addosso queste vesti così lacere, così logore, dell’uomo che aveva trovato in fondo in fondo alla storia? Certo che non poteva farlo, tuttavia lo fece, se ne addosso come se si addossasse le loro colpe e si accorse che in quel luogo di peccatori, pubblicani e prostitute, Egli non aveva da mangiare nulla, Egli non aveva la possibilità di godere di quella gloria che in qualche modo, aveva lasciato nel seno del Padre. Camminando in mezzo alle miserie degli uomini, scorse tra tutti l’uomo che era più oltraggiato, quello che era più in difficoltà, quello al quale non davano neanche le carrube che danno ai maiali, come dice la parabola che conosciamo. Un uomo che aveva perso la sua identità, un uomo che non sapeva più riconoscersi con nessuno, lo chiamavano uomo ma era quasi un animale, era un figlio di Dio, ma viveva come le bestie. Allora il Verbo lo ha guardato, lo ha preso per mano e gli ha detto: “Vieni, torniamo insieme. Torniamo insieme per la via che ci riporta in questa comunione”, ve lo immaginate quell’uomo? Sta più sotto di te, tu lo giudichi, tu lo hai allontanato dai tuoi interessi, tu hai pensato che sta troppo in basso perché potessi averne, in qualche modo, un briciolo di interesse. Il Verbo no, il Verbo lo ha guardato e si è accorto che questo piccolo uomo nei peccati, portava una cifra dentro, un qualche cosa che riverberava i tratti del suo volto. Non potendo mascherarsi delle stoltezze degli uomini che si credono qualche cosa di sé, quest’uomo appariva così com’era, così com’era nel pensiero di Dio, così com’era nel volto del Verbo fatto carne. Allora si incamminarono insieme e lungo tutta la strada il Verbo ha insegnato a quest’uomo, a passare da una sudditanza rispetto alla quale Dio è un lontanissimo personaggio inarrivabile, inimmaginabile, gradualmente gli ha chiesto di cominciare a chiamarlo Padre. E si avvicinano insieme fino a questo appuntamento, ma quando stanno per vedere il Padre, che tuttavia gli viene incontro, c’è un fratello che sta a casa e dice: “Come? Io sono perfetto e tu a me non mi tratti così, perché tratti lui così?”, si scandalizza dell’amore di Dio, costui si scandalizza non solo dell’amore di Dio che vuole salvare l’uomo che sta nelle condizioni di peccato, ma si scandalizza anche del fatto che ci sia un Verbo che vada a recuperare quest’uomo così lontano: “Non è giusto, non si ammazza un vitello grasso per uno che peccatore! Non si ammazza il Figlio per un servo o uno schiavo e si è condannato alla sua miseria a causa dei suoi peccati”, si scandalizza che il Verbo possa stare alla mercé degli uomini e allora gli invia contro tutti quelli che lo possono, come diceva Isaia nella Prima Lettura che abbiamo ascoltato, gli invia tutti quelli che lo potevano mettere in difficoltà, che lo avrebbero maltrattato, oltraggiato, che gli avrebbero sputato in faccia, fino ad ucciderlo. Ma il Verbo guardava solo quell’uomo, guardava solo l’uomo peccatore e con lui è salito alla croce. Ha gridato, dice la Lettera agli Ebrei oggi, “con forti grida e lacrime perché Dio potesse risparmiarlo dalla morte”, chi lui? Il Verbo è immortale, ma quella umanità che Egli aveva abitato, quella umanità che Egli stava riscattando, stava chiedendo al Padre di avere pietà dell’uomo peccatore, perché lui non si è mai scandalizzato dei peccati dell’uomo, non ha mai pensato: “Questi uomini sono troppo sporchi non mi posso mettere a ragionare con loro”, questo lo dico anche per quelli che con il fazzoletto in mano non prendono la Comunione perché hanno le mani sporche, ipocriti, stolti, superbi e giudici degli altri uomini, che invece si mettono con umiltà con le mani ad accogliere il corpo di Cristo. Finalmente questo dramma si scioglie, quando nel momento di andare in croce, di andare alla morte, il Verbo sfila da Sé quest’uomo, gli consegna tutto quello che gli abbisogna per vivere e va lui a morire. D’ora in poi chi guarda, chi ha il coraggio di guardare, a colui che hanno trafitto, costui vede in questo serpente di bronzo innalzato, come diceva il Libro dei Numeri, la salvezza da ogni male, da ogni mormorazione, da ogni giudizio, da ogni ferita di peccato, egli sa che l’umanità ormai è acquistata dal Verbo e se fosse anche una umanità deturpata dal peccato che commette, quello che noi tutti siamo disposti a giudicare, in quel momento l’uomo sa che il Verbo non ha disdegnato questa natura umana. E siamo diventati allora, se me lo permettete, se è una parola un po’ forte, “fanatici” della natura umana, ce la siamo ripresa in mano questa natura umana, sapendo che se è capace del peccato, tanto più è chiamata alla salvezza, che se è vero che è sottomessa alla morte, alle malattie, alle difficoltà della vita, è anche riscattata da un amore che è del Padre, celebrato dalla morte del Figlio, assicurato dalla presenza dello Spirito, un amore che non è destinato a perire e a consumarsi. E questa parola io la dico a te, che forse la vecchiaia, forse la malattia, forse la solitudine subita perché il tuo coniuge se n’è andato, perché qualcuno ti ha abbandonato, perché qualcuno ti ha giudicato, perché tu sappia che non c’è una realtà così infima, così lontana, così depressa, che il Verbo non abbia sposato, non abbia acquistato, non abbia riscattato per sempre. Il mondo sta aspettando che noi gliela raccontiamo questa speranza. Oggi adorando la croce di Cristo, adoriamo il nostro peccato redento, adoriamo la nostra ferita guarita, la nostra carne, assunta da lui, è diventata per noi cardine della salvezza. Sia lodato Gesù Cristo.

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