Commemorazione di tutti i fedeli defunti.

02 Novembre 2022

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

 

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,37-40)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

PRIMA LETTURADal libro di Giobbe (Gb 19,1.23-27)

Rispondendo Giobbe prese a dire:
«Oh, se le mie parole si scrivessero,
se si fissassero in un libro,
fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,
per sempre s’incidessero sulla roccia!
Io so che il mio redentore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

Salmo 26.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. R..

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? .R

Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario. R.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.R.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.R.

SECONDA LETTURA Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani(Rm 5,5-11).

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Moriamo insieme a Cristo, per vivere con lui”.
Dal libro «Sulla morte del fratello Satiro» di sant’Ambrogio, vescovo

Dobbiamo riconoscere che anche la morte può essere un guadagno e la vita un castigo. Perciò anche san Paolo dice: «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). E come ci si può trasformare completamente nel Cristo, che è spirito di vita, se non dopo la morte corporale?
Esercitiamoci, perciò, quotidianamente a morire e alimentiamo in noi una sincera disponibilità alla morte. Sarà per l’anima un utile allenamento alla liberazione dalle cupidigie sensuali, sarà un librarsi verso posizioni inaccessibili alle basse voglie animalesche, che tendono sempre a invischiare lo spirito. Così, accettando di esprimere già ora nella nostra vita il simbolo della morte, non subiremo poi la morte quale castigo. Infatti la legge della carne lotta contro la legge dello spirito e consegna l’anima stessa alla legge del peccato. Ma quale sarà il rimedio? Lo domandava già san Paolo, dandone anche la risposta: «Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Rm 7,24). La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (cfr. Rm 7,25 ss.).
Abbiamo il medico, accettiamo la medicina. La nostra medicina è la grazia di Cristo, e il corpo mortale è il corpo nostro. Dunque andiamo esuli dal corpo per non andare esuli dal Cristo. Anche se siamo nel corpo cerchiamo di non seguire le voglie del corpo.
Non dobbiamo, è vero, rinnegare i legittimi diritti della natura, ma dobbiamo però dar sempre la preferenza ai doni della grazia.
Il mondo è stato redento con la morte di uno solo. Se Cristo non avesse voluto morire, poteva farlo. Invece egli non ritenne di dover fuggire la morte quasi fosse una debolezza, né ci avrebbe salvati meglio che con la morte. Pertanto la sua morte è la vita di tutti. Noi portiamo il sigillo della sua morte, quando preghiamo la annunziamo; offrendo il sacrificio la proclamiamo; la sua morte è vittoria, la sua morte è sacramento, la sua morte è l’annuale solennità del mondo.
E che cosa dire ancora della sua morte, mentre possiamo dimostrare con l’esempio divino che la morte sola ha conseguito l’immortalità e che la morte stessa si è redenta da sé? La morte allora, causa di salvezza universale, non è da piangere. La morte che il Figlio di Dio non disdegnò e non fuggì, non è da schivare.
A dire il vero, la morte non era insita nella natura, ma divenne connaturale solo dopo. Dio infatti non ha stabilito la morte da principio, ma la diede come rimedio. Fu per la condanna del primo peccato che cominciò la condizione miseranda del genere umano nella fatica continua, fra dolori e avversità. Ma si doveva porre fine a questi mali perché la morte restituisse quello che la vita aveva perduto, altrimenti, senza la grazia, l’immortalità sarebbe stata più di peso che di vantaggio.
L’anima nostra dovrà uscire dalle strettezze di questa vita, liberarsi delle pesantezze della materia e muovere verso le assemblee eterne.
Arrivarvi è proprio dei santi. Là canteremo a Dio quella lode che, come ci dice la lettura profetica, cantano i celesti sonatori d’arpa: «Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti. Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno dinanzi a te» (Ap 15,3-4).
L’anima dovrà uscire anche per contemplare le tue nozze, o Gesù, nelle quali, al canto gioioso di tutti, la sposa è accompagnata dalla terra al cielo, non più soggetta al mondo, ma unita allo spirito: «A te viene ogni mortale» (Sal 64,3).
Davide santo sospirò, più di ogni altro, di contemplare e vedere questo giorno. Infatti disse: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore» (Sal 26,4).

Trascrizione dell’Omelia.

Pur nel suo dettato semplice, questa parola alle nostre orecchie non arriva tanto comprensibile, sembra un po’ un giro di parole come spesso succede nel Vangelo di Giovanni. Eppure qua c’è proprio il segreto della nostra promessa della redenzione, perché Gesù dice che: “Tutto ciò che il Padre mi ha dato verrà a me e dunque io non lo escluderò da me, anzi per questo sono venuto, proprio per conquistare tutti”, e dice che: “Questa è la volontà di Colui che mi ha mandato, che non perda nulla, chiunque vede il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna”, che vuol dire credere nel Figlio? Vuol dire: “Io penso, perché no, si c’è stato Gesù, si lo credo”, credi che è morto? “Si lo credo” che è risorto? “Pure”. Ti basta questo? Se tu credi in qualcuno, hai bisogno di relazionarti con lui, hai bisogno di dirgli cose e di ascoltare cose, perché l’atteggiamento come un contratto firmato un giorno e poi mai più rispolverato neanche la tua casa potrebbe reggere su una logica del genere. Bisogna invece che questo contratto diventi una relazione, un rapporto e che tu lo conosca gradualmente e mentre lo conosci tu possa accorgerti che conosci anche te stesso, perché lui non è altro rispetto a te, lo spirito tuo viene da lui, lo Spirito suo vuole parlare a te. Dunque c’è una familiarità con il Figlio di Dio che addirittura, dirà san Paolo, ci ha ottenuti la figliolanza di Dio. Eravamo di natura umana, lo siamo ancora, ma la nostra natura umana oramai è “infettata” dalla natura divina, totalmente conquistata dalla natura divina, solo, la natura divina, attende che questa natura umana si lasci informare, cambiare, convincere. È un processo che dura tutta la vita ma chi, quegli uomini e quelle donne, che in qualche modo hanno ascoltato lo Spirito e si sono lasciati convincere, si sono lasciati raggiungere, perché hanno ascoltato una parola di Dio e vi hanno creduto tutte le volte che capitava loro nell’esistenza ed hanno scommesso su questa parola, direbbero come san Paolo, tutti, donne, uomini, tutti quelli che hanno vissuto questo, direbbero: “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me”, tu dirai: “In qualche modo?”, certo, in qualche modo, non te ne accorgi bene come, ma “Cristo vive in me” e ormai “questa vita che vivo nella carne”, cioè nella natura umana, “io la vivo già nella fede di Colui che ha dato Se Stesso per me”, lo dice Paolo, lo puoi dire anche tu, questo è quello che ci è stato consegnato. Ora, la vita umana finisce, la vita umana invecchia, la vita umana muore, viene sepolta e si consuma, ma la vita divina che è in noi, questa ha il potere di riscattare tutto quello che abbiamo. Tutto, i nostri ricordi, i nostri pensieri, i nostri desideri, tutto quello che ci ha composto in questa esistenza, tutto è riscattato da Dio perché Gesù Cristo se l’è acquistato, ormai è suo. Dunque noi possiamo andare anche senza troppa paura, si mi rendo conto, il distacco, lasciare le persone che amiamo, ma possiamo andare con sicurezza verso questo luogo, verso questo appuntamento con Lui, perché ormai siamo già stati acquistati, già una caparra ci è stata versata dice san Paolo, che è lo Spirito di Dio e lo Spirito di Dio non muore, ha il potere di acquistare tutto quello che pensavamo ci appartenesse, il resto lo possiamo lasciare alla polvere. D’altronde tu quando ti tagli i capelli mica preghi per i capelli che se ne vanno, no? Quando ti tagli le unghie, mica piangi perché le unghie se ne vanno, è qualcosa che non è destinato alla gloria, ma quello che sei intimamente, tu sai a cosa mi riferisco, quello non è destinato a perdersi, guardalo bene, servilo con amore, non cedere a tutte le tentazioni che ti vengono davanti e si conserverà puro fino al giorno in cui il Figlio di Dio lo riscatterà del tutto. Sia lodato Gesù Cristo.

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