XXIV° Domenica del tempo ordinario

Anno Liturgico C
11 Settembre 2016

Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte

Messa della mattina

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-32)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

PRIMA LETTURA – Dal libro dell’Èsodo (Es 32,7-11.13-14)

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Dal Salmo 50
R. Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.

Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.

SECONDA LETTURA – Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (1Tm 1,12-17)

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo”
San Pietro Crisologo (ca 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Discorso 5 sul figlio prodigo; PL 52,197

Il figlio torna da suo padre e dice: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi garzoni”… Ma il padre gli corse incontro, e corse da lontano. “Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8). Il padre corse… nella persona del Figlio, quando per lui è disceso dal cielo ed è venuto sulla terra. “Il Padre che mi ha mandato è con me” dice nel Vangelo (cfr Gv 16,32). Gli si gettò al collo: si è gettato fino a noi quando, per mezzo di Cristo, tutta la sua divinità è scesa dal cielo e si è stabilita nella nostra carne. E lo abbracciò. Quando? Quando “Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal 85,11).
Gli fece portare un abito di festa: quello che Adamo aveva perduto, la gloria eterna dell’immortalità. Gli mise un anello al dito: l’anello dell’onore, il suo titolo di libertà, il distintivo dello spirito, il segno della fede, la caparra delle nozze celesti. Ascolta l’apostolo Paolo: “Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo” (2Cor 11,2). E gli fece mettre sandali ai piedi: perché i nostri piedi siano calzati quando annunciamo la buona novella del vangelo, perché siano benedetti “i piedi del messaggero che annunzia la pace” (Is 52,7; Rm 10,15).
E fece ammazzare per lui il vitello grasso…Il vitello è ucciso per ordine del padre perché Cristo, Dio, Figlio di Dio, non poteva essere ucciso senza il volere del Padre; ascolta ancora l’apostolo Paolo: “Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” (Rm 8,32).

TRASCRIZIONE dell’OMELIA

Un cammino, dall’Egitto a casa, alla terra promessa. Di questo è figura la parabola del figliol prodigo come la conosciamo noi o del Padre misericordioso e focalizziamo generalmente l’attenzione su questa circostanza che è il peccato del figlio che se ne va e che poi ritorna. Sia bene inteso non che l’abbiamo compresa proprio bene questa cosa perché non riusciamo a capire come mai questo figlio che si era preso la parte di sostanza che gli spetta, quando la sperpera, torna a casa e la ritrova. Non è certo la tua speranza. Se fosse la tua speranza, se tu avessi compreso che dentro questa parola c’è il fondamento della tua speranza, allora tu saresti meno schiacciato dai tuoi peccati, saresti più consapevole dell’amore di Dio. Se io ho ricevuto da Dio quello che mi spettava, l’ho sperperato, sono ritornato e l’ho ritrovato… ma allora Dio mi ama di più di quello che pensavo io. Io pensavo di potermi accontentare come questo figlio che ritorna: “Dammi qualche cosa, trattami come uno dei tuoi garzoni”. Ma andiamo a guardare qual è l’insegnamento di questa parola perché concentrarci sul perdono del Padre verso questo figlio e sulla situazione di questo figlio è interessante, ma è ancora più interessante vedere ciò che è accaduto quando cominciano a far festa. Il fratello che stava fuori nei campi a lavorare mentre quello era ritornato dai bagordi, quando vede questa festa dice quello che diresti tu: “Ma come, io mi spacco la schiena là fuori per te, e questo ha fatto tutto quello che ha fatto, è ritornato, e tu lo perdoni? Ma chi sei, come ragioni? Gli ridai la sostanza che ha perduto, forse la toglierai a me.” C’è qua la chiusura del cuore di questo primo figlio che rimane a casa. Gesù racconta questa parabola per il figlio dell’elezione cioè per l’Israele della storia, lo racconta ai Giudei per dire: “Vedete, voi vi siete sentiti così figli dell’elezione che quando arrivano gli altri avete paura subito che vi possano togliere qualcosa, che possano togliervi la speranza, che possono togliervi qualcosa che vi spetta, forse addirittura l’eredità. Ma perché, l’eredità non sono io a concederla? E se volessi concederla a voi e agli altri con uguale magnanimità non posso farlo? Vi ricordate, Gesù racconta molte cose a questo proposito, Come di quei lavoratori che aveva raccolto in diverse ore della giornata e che anche quelli che arrivano alla fine li paga come quelli dell’inizio. Capisci? C’è un dono di Dio che non si può frammentare. Il dono di Dio ha una sua unità, una sua forza, che tu non puoi dividere. Erroneamente noi ancora pensiamo al mondo e alla storia come fatta di buoni e cattivi, ma questa è la mentalità del mondo. Dio non guarda la storia così, Dio guarda la storia come la sua, come un gregge. Un gregge è vero e buono e autentico nella sua interezza, per questo il pastore va in cerca di quella pecora che si era perduta e lascia le 99 che non si erano perse. Questa concezione dell’unità del suo gregge dice qual’è la forza del suo amore. Ma andiamo a vedere dove affondava le radici questa sapienza, com’era cominciata la storia, ce lo dice la prima lettura. Un momento in cui tutto Israele si sta lamentando contro Dio, e Mosè sta davanti a Dio con questa supplica perché questa gente si è pervertita. Hanno fatto un vitello d’oro, hanno cambiato la loro devozione a Dio e si sono fidati delle cose del mondo, come facciamo noi, pari pari, anche se non siamo nel deserto e non facciamo vitelli di oro fuso. Allora Dio quando vede tutte queste cose dice: “Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice, ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro.” Che cosa doveva dire Mosè. Mosè e il primo fratello, Mosè sei tu, cosa doveva dire Mosè? Doveva dire: “Sì uccidili tutti, tanto a me hai promesso questo e quello, non ti preoccupare io sarò con te ma questi li uccidiamo.” Mosè avrebbe detto…. forse tu avresti detto: “Premia me, e questi mettili da parte, tutti, mia cognata, mia suocera, quella vicina di casa, mettili tutti fuori.” Che fa Mosè invece? Mosè dice: “No Signore, ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi.” Cioè ricordati della totalità di questo popolo che tu hai eletto, non farlo perire per colpa di alcuni. Io intercedo per questo popolo, dice Mosè, e Dio che farà? Punirà il popolo ma non lo ucciderà, chiara questa lezione? Hai capito cosa doveva fare il primo fratello quello che stava a casa? Non doveva mettersi con la bilancia davanti al Padre a dire: “Allora chi ci ha ragione? C’hai ragione lui? C’ho ragione io?” No, il primo fratello, proprio perché era stato eletto, doveva intercedere per l’altro. Doveva dire al Padre: “Meno male che lo hai reintegrato, adesso siamo di nuovo una famiglia. Adesso, siccome noi siamo di nuovo una cosa sola, io capisco che anche tu sei uno con noi.” Ricordati la preghiera di Gesù, nel Vangelo di Giovanni al capitolo 17 quando dice al Padre: “Padre, come io e te siamo una cosa sola, anch’essi siano con noi una cosa sola.” Questa è l’intercessione sacerdotale che il Figlio di Dio è venuto a ristabilire perché il primo fratello, quello della promessa, non lo ha fatto. Allora il Verbo si è incarnato nella storia per essere un nuovo “primo fratello”, primizia, dice san Paolo nella lettera ai Romani, di quelli che sono morti. Un primo fratello che non condanna gli altri ma che li reintegra in questa comunione con Dio. Capisci? Ora se hai capito questo, leggiamo cosa dice San Paolo nel brano della lettera a Timoteo che abbiamo ascoltato forse un pò distrattamente. Dice Paolo: “Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, che mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero. Perché si meraviglia Paolo, si meraviglia perchè: “Io, che ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento, mi è stata usata misericordia.” – Capito chi sono i testimoni? Sono quelli che erano violenti e hanno capito che gli è stata usata misericordia. Non sono certo i nati buoni, i nati in sacrestia. – “Perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato nella fede. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io” – dice San Paolo. Allora San Paolo si mette le vesti di questo figlio che era rimasto a casa nella parabola del figliol prodigo e dice: “Padre hai fatto bene, io ho visto che il Cristo, il Verbo che ho conosciuto, ha preso la mia debolezza e non mi ha ucciso, Per questo tu mi hai guardato con misericordia, d’ora in poi anch’io guarderò con misericordia.” Allora questa non è più la parabola del Padre misericordioso, e neanche più la parabola del figliol prodigo, questa oggi diventa la parabola del cristiano misericordioso, cioè della tua vita che si è cambiata, si è volta all’amore di Dio, che comprende che gli è stato perdonato un grave peccato e che diventa luogo di riconciliazione con tutti. Allora quando vai a confessarti, smettila di guardare il tuo ombelico e le cose che non ti piacciono e come vorresti essere, guarda piuttosto a quello che manca all’edificazione di questo corpo unico, unitario, ricostruito, riconciliato, guarito. Guarda le ferite che gli altri portano anche per causa tua e implora il Padre, come ha fatto Cristo sulla croce, che rallenti il suo giudizio e lo trasformi in misericordia, ancora e ancora. Se questo è il Giubileo della Misericordia non è certo il Giubileo della Misericordia solo per te. Questo lo è per tutti, lo è per coloro che sono lontani da Dio, che non lo hanno conosciuto, che come San Paolo ancora non hanno la fede e stanno aspettando qualcuno che gliela testimoni, cioè stanno aspettando te. Smettila di giudicare, smettila di criticare, non prendertela più con nessuno, comincia a ricostruire, comincia a riedificare, sii tu un guaritore, ma non di quelli che fanno i miracoli nelle piazze, guarisci la piaga mortale che questo mondo e questa generazione portano in sé e cioè la sfiducia in Dio e quindi la sfiducia nell’altro. Allora questo mondo tornerà ad essere il mondo dell’Onnipotente, il mondo del quale Dio si è compiaciuto e che il Figlio ha redento.

Sia lodato Gesù Cristo.

Messa Vespertina

 

TRASCRIZIONE dell’OMELIA (Messa Vespertina)

Questa volta per entrare in questa parabola proviamo a metterci in un’altra prospettiva, in genere quella che ci piace di più e quella in cui ci riconosciamo è quella del figlio che se ne è andato e che ha sperperato tutti i suoi beni che aveva ottenuto dal padre, la sua parte di eredità, poi finalmente messo in condizione di difficoltà decide di ritornare verso il padre e trova il padre che scende da casa e gli va incontro , è proprio una categoria che ci piace tanto; mettiamoci invece nei panni dell’altro figlio e vediamo se le cose tornano ancora. Sappiamo di essere amati e perdonati da Dio, ma perché? Perché Dio ci perdona e ci ama? Bene, allora guardiamo l’altro figlio, l’altro figlio sta in casa, torna dai campi dove ha lavorato, dove ha fatto quello che doveva fare, quello che era giusto, quello che forse aveva pattuito con suo padre e quando torna a casa sente rumori di festa e dice: “Ma che è successo?”, “E’ successo che quel tuo fratello …”, traduci se vuoi tua cognata, l’amico tuo, qualcuno che ti ha fatto del male: “.. è ritornato e tuo padre si è riempito il cuore a vederlo”, ci stai in questi panni tu? Non nei panni del fratello che è tornato, nei panni di quello che sta a casa e che vede questo fratello tornare. “E che cosa hanno fatto?”, “Eh, tuo padre appena l’ha visto gli ha rimesso l’anello al dito, gli ha rimesso il vestito bello addosso e ha fatto ammazzare il vitello grasso e gli ha ridato tutto quello che lui aveva perso”, guarda bene: “Ma come gli ha ridato tutto quello che aveva perso? Ma lui ha chiesto la parte che gli spettava, quella che lo divideva da me, era una parte l’eredità di mio padre, l’ha fatta in due una per me e una per lui, si è preso la sua, l’ha sperperata, come ha fatto a ritrovarla integra quando è tornato? Se l’ha ritrovata integra, mica avrà preso del mio?”, che dici tu? Allora in cuor suo si lamenta contro il padre e va da lui a dirgli: “Ma come tu non mi dai un capretto per fare festa e a questo gli hai fatto tutto questo? Ma come? Ma non capisco, ma non comprendo più!” e sapete la risposta: “Tu sei sempre con me …”, “Tu sei sempre con me e sai perché sei sempre con me? Perché io ti ho scelto, io ti ho eletto, ti ho scelto perché tu stessi con me, prendessi del mio e imparassi a distribuirlo e con quello che era mio e che è divenuto tuo, ne facessi parte con quelli che ne avevano bisogno, ma non avevi capito? Ma non avevi capito che stare in casa, a casa tua dove io sono tuo padre, significava amministrare i beni a favore di chi non ne ha e anche di tuo fratello che ha peccato?”. Ma come si fa a capirla questa cosa? Vediamo un po’, torniamo un po’ indietro in queste Letture, andiamo alla Prima Lettura, l’avete ascoltata è tratta dal Libro dell’Esodo quando questi impiastri di israeliti nel deserto, siccome Mosè stava a ricevere le tavole della Legge, questi si erano fatti un vitello d’oro, cioè, siccome non vedevano più il volto di quello che Dio aveva chiamato per salvarli, si erano dimenticati dell’amore di Dio, si erano dimenticati della presenza di Dio in mezzo a loro ed hanno detto: “Facciamo da noi, ci facciamo un vitello d’oro”, capito che era successo? Non vedevano più il volto di Dio.. ti riconosci? Anche noi abbiamo smarrito il volto di Dio e abbiamo decido che la nostra fede, anzi la religione, non è buona più e dunque ci siamo fatti vitelli di oro fuso con tutte le cose che abbiamo incontrato. Allora Dio dice a Mosè: “Mosè hai visto che hanno fatto questi? Adesso io li prendo e li uccido uno per uno, perché hanno tradito me, però a te Mosè io darò tutto, darò la discendenza, ti costruirò un popolo a partire da te, questi li uccido, questi tuoi fratelli li uccido e salvo te!”, ci sei ancora? Stai ancora al posto giusto? Vediamo un po’ .. “Salvo te perché io ti ho scelto”, cosa avrebbe dovuto dire Mosè o meglio, che cosa avresti detto tu? “Certo, eh certo, puniscili perché se lo meritano e guarda come sono bravo, come ho fatto tutto quello che dicevi tu, invece quello, quello, quell’altra figuriamoci, si, si, fai così, ricominciamo io e te, che bello, siamo io e te!”, nella preghiera questo dici tu: “Siamo io e te, che ce ne importa degli altri? Io e te, gli altri sono cattivi”. Ma Mosè invece non fa così, Mosè dice: “Signore non trattarli così, non trattarli così! Ricordati di Abramo, Isacco e Giacobbe, tu hai fatto delle promesse e tu sei fedele, le hai fatte per Te Stesso, né per loro né per me, le hai fatte per Te Stesso, mantienile”, Dio lo guarda e dice: “Si, è vero, bene, Io proprio per questo salverò te e loro”. Allora ritorniamo alla nostra parabola, hai capito come funziona no? Che cosa avrebbe dovuto dire questo fratello che era rimasto a casa? Avrebbe dovuto dire: “Padre, quello si è sbagliato, non si ricordava più di te, non si ricordava più del tuo amore, si è preso le sue cose, le ha sperperate ma tu riaccoglilo, anzi Padre io ho capito che tu mi hai lasciato in casa a me perché io facessi questo in casa tua cioè intercedessi per i peccatori, io faccio questo, io il popolo che tu hai scelto ora…”, ma chi è questo fratello maggiore? Questo fratello maggiore è uno che è uscito dal Padre, che ha visto gli uomini peccatori ha preso la loro carne ed ha detto al Padre: “Adesso però non guardare loro, guarda me! Io ho scelto la carne, quella che per loro è uno svantaggio, guarda me e salva loro! Io sto sempre con te, adesso fa che anche loro stiano sempre con te!”, lo dice nel Vangelo di Giovanni al capitolo 17 quando dice: “Padre, come io e te siamo una cosa sola, pure loro siano con noi una cosa sola”, hai capito come funziona? Hai capito di che stiamo parlando? Adesso andiamo a guardare insieme lo specchio di quello che abbiamo detto, sta nel brano della Lettera a Timoteo che noi abbiamo ascoltato nella Seconda Lettura. Guarda bene, dice Paolo: “Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento”, San Paolo quello con la spada etc., San Paolo, un bestemmiatore e un violento: “Ma mi è stata usata misericordia perché agivo senza saperlo”, come il figliol prodigo, come quelli che si sono fatti un vitello di oro fuso, come quelli di questa generazione che si sono dimenticati del volto di Dio, non sanno più che è misericordioso e allora mormorano contro Dio, contro la chiesa e gli uni contro gli altri: “Lontano dalla fede mi trovavo e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù”, allora dice Paolo: “Questa parola è sicura, degna di essere accolta da tutti, Cristo Gesù, il fratello maggiore, è venuto nel mondo per salvare i peccatori, i fratelli minori che si erano allontananti perché si erano dimenticati dell’amore di Dio, del volto di Dio e avevano sperperato tutto, per questo io che sono l’ultimo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare a me per primo tutta la sua longanimità” e questa è la nostra vocazione, siccome Dio ha voluto manifestare in noi la sua longanimità, noi che eravamo peccatori, idolatri, bestemmiatori, mormoratori contro i fratelli, abbiamo giudicato, abbiamo peccato in ogni modo, Lui ci ha chiamati per nutrirci del suo Figlio, per avere la sua carne e la sua divinità, perché fossimo testimoni in questa generazione, questa vocazione è per noi un gloria e forse ancora adesso un peso perché non l’abbiamo compresa, perché i peccati degli altri ci scandalizzano ma l’uomo che come san Paolo dicesse che questa parola è sicura e certa e decidesse di vivere in questa intercessione per il mondo peccatore, si ritroverebbe perdonato e reintegrato. Saremmo allora non solo evangelizzatori, saremmo allora guaritori delle ferite di questo mondo, saremmo quelli che riconciliano finalmente gli uomini lontani con la volontà di Dio, non saremmo più i giudici, saremmo i medici di questa generazione. E’ questo il tema di Dio, troveremmo la nostra identità, troveremmo la nostra vocazione in questo piano, ci sapremmo benedetti dal Padre nostro e non diremmo più a lui: “Ma Padre perché hai trattato così i peccatori e a noi no?”, non solo, ma se noi vivessimo veramente questa vocazione, noi faremmo un’esperienza che fino adesso non abbiamo fatto, sai quale? Quella di essere esauditi, quella di fare le richieste a Dio e di essere esauditi, perché Dio è fedele, perché Dio è fedele al suo patto, sta aspettando che pure noi decidiamo di essere un po’ fedeli non al suo patto ma al suo amore e testimoni della sua misericordia.

Sia lodato Gesù Cristo

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