Cristo vero agnello pasquale
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 18, 1– 19,42)
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni
– Catturarono Gesù e lo legarono
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
– Lo condussero prima da Anna
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
– Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
– Il mio regno non è di questo mondo
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
– Salve, re dei Giudei!
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».
– Via! Via! Crocifiggilo!
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
– Lo crocifissero e con lui altri due
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».
– Si sono divisi tra loro le mie vesti
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato -, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.
– Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Qui si genuflette e di fa una breve pausa.
– E subito ne uscì sangue e acqua
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
– Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
PRIMA LETTURA – Dal Libro del profeta Isaia (Is 52,13– 53,12)
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente.
Come molti si stupirono di lui
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -,
così si meraviglieranno di lui molte nazioni;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua posterità?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per la colpa del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha spogliato se stesso fino alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i colpevoli.
SECONDA LETTURA – Dalla Lettera agli Ebrei (Eb 4, 14–16; 5,7–9)
Fratelli, poichè abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
[Cristo, infatti,] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
PERCHÉ ADORIAMO UN CRISTO CROCIFISSO?
Agostino d’Ippona, Sermone 218/C,3-4
Coloro, poi, che ci insultano perché adoriamo un Signore crocifisso, quanto più si ritengono sapienti tanto più irrimediabilmente e disperatamente sono insipienti. Né capiscono affatto quel che noi crediamo o diciamo. Poiché non affermiamo che in Cristo è morto ciò che era Dio, bensì quel che era uomo.
Infatti se un uomo qualsiasi muore, ciò in cui è essenzialmente uomo, ovvero quel che lo distingue dalla bestia, il fatto d’avere l’intelligenza, il fatto di discernere l’umano e il divino, il temporale e l’eterno, il vero e il falso, cioè la sua anima razionale, questa non patisce la morte con il proprio corpo, ma alla sua morte lo abbandona da viva e, nondimeno, si dice: è morto un uomo.
Così pure, quando è morto Cristo, non è morta la sua divinità presente nell’uomo Gesù. Gloriamoci dunque anche noi nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.
CRISTO È MORTO PER NOI
Da un’antica Omelia sul Sabato santo
Per te io, tuo Dio, son divenuto tuo figlio; per te io, il Signore, ho preso la tua natura di servo; per te io, che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e sotto terra; per te uomo, sono divenuto come un uomo senza aiuto, libero tra i morti; per te, che hai lasciato il giardino, sono stato tradito e dato in mano ai Giudei in un giardino; e in un giardino sono stato crocifisso.
Guarda gli sputi sulla mia faccia, che io ho ricevuto per te, per restaurare in te quel primo soffio vitale. Guarda gli schiaffi sulle mie guance, che ho accettato per riplasmare a mia immagine la tua forma rovinata.
Guarda i segni della flagellazione sul mio dorso, che ho accettato per disperdere il carico dei tuoi peccati, che era messo sulle tue spalle. Guarda le mie mani inchiodate all’albero della croce, per te che avevi steso la tua mano all’albero per il male.
Ho dormito sulla croce e una lancia entrò nel mio costato, per te che ti sei addormentato nel paradiso e hai fatto uscire dal tuo fianco Eva.
Trascrizione dell’Omelia
È il dramma davanti al quale ogni anno poniamo la nostra attenzione, i nostri occhi, dentro il quale proviamo a specchiarci, attraverso il quale cerchiamo di trovare anche la volontà di Dio sulla nostra vita. Gli evangelisti si preoccupano di farci entrare in questo dramma attraverso le Sacre Scritture, come ad indicarci che è impossibile verificare il volto del Cristo al di fuori e al di là di quel tracciato della rivelazione, che ha preparato tutto il popolo di Israele ad affrontare questo tempo, questo kairos, questo momento pieno, questo appuntamento che Dio ha fissato con tutti noi.
Tutta la Scrittura, per aiutarci a distinguere i tratti di questo volto sfigurato, maltrattato, condannato a morte e ucciso sulla croce. Sulla bocca di Gesù sette parole. E gli evangelisti, tutti insieme, abbiamo ascoltato Giovanni oggi, come a dire gli amici di Gesù, raccontano all’uomo di tutte le generazioni qual è stato il testamento ideale, qual è stata la logica con la quale l’uomo-Dio ha incontrato quella morte che fa paura a tutti gli uomini di ogni parte della terra. In queste sette parole se le andassimo a scovare, a investigare nel cuore del loro significato, troveremmo forse un itinerario simile a quello che Gesù stesso ha espresso con quella preghiera che ci ha consegnato come “passpartout”, per entrare in relazione con Dio, la preghiera del Padre Nostro: anche là, sette parole per orientarci, sette parole per uscire dall’Egitto, per poter dire “Padre Nostro” nella terra che Egli ci ha preparato, passando per quella porta che tutti noi vorremmo evitare, quella della morte, di una morte sofferente, obbrobriosa, di fronte alla quale ci si copre il volto, diceva il profeta Isaia [Cfr Is 52, 13 e Is 53,3], una morte che fa vedere quest’uomo appeso su un palo e, come è scritto nel Libro del Deuteronomio [Dt 21,23], dunque, scandalo per ogni figlio di Israele. Uno scandalo doppio, perché quest’uomo che pende dal legno, lo fa da un patibolo romano. Questa Parola, se veniva da Dio, è stata calpestata dai figli di Israele, ma anche dai figli di questo mondo, che non hanno saputo riconoscere, come scriverà San Paolo nella Lettera ai Romani [Rm 1,20] dalle perfezioni di Dio, dalle perfezioni che questo uomo ha compiuto nella sua vita, l’impronta che lo avrebbe presentato al mondo proprio come Figlio erede del Dio Altissimo.
Di tutte queste parole, vorrei soffermarmi su due espressioni, il momento in cui Gesù dice: “Elì Elì, lemà sabactàni” [Matteo, 27,46], Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato, e il momento in cui dice “tutto è compiuto”, il momento finale, perché questa è forse la porta per noi per comprendere come entrare esistenzialmente in questa parabola della morte del Cristo.
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato. Vi vedremmo, come fanno i laici, come vi notano quelli che non credono nella divinità del Figlio, un senso di sfiducia, di fallimento, la dichiarazione di essere stato abbandonato da Dio. E poi: tutto è compiuto, come a dire, ormai non c’è più niente da fare. Anche noi usiamo questa espressione con una valenza negativa, quando vogliamo sostenere che ormai non ci sono più risorse, non c’è più nulla da fare… allora, Dio mio Dio perché mi hai abbandonato… È veramente un grido di sfiducia, una constatazione di fallimento, o è piuttosto l’ultima soglia che è concessa agli uomini di raggiungere prima di fare i conti con Dio che viene come giudice?
Cosa aveva detto Gesù al Getzemani? “Padre, passi da me questo calice [Mc 14,36]”, quest’ora allontanala, non farla accadere ora, non farli entrare adesso impreparati nel giudizio universale, che li troverebbe peccatori, fuori della misericordia e della grazia, dà loro il tempo. E fu ascoltato, per la sua preghiera. Fu esaudito. Dio ci consegnò quel tempo, ce lo ha lasciato a causa di questa preghiera al Getzemani, affinché noi rientrassimo attraverso la celebrazione domenicale dell’Eucarestia.
Un tempo dilatato, che è il tempo dilatato della Grazia, la fonte zampillante di vita eterna, che sgorga dal costato di Cristo.
Sempre nel Getzemani, quando i soldati vengono a cercarlo, Gesù pone loro questa domanda, come la faremmo noi: chi cercate? Quali sono i tratti dell’uomo-Dio che voi vi immaginate di trovare? Chi è veramente che voi siete andati a cercare dentro l’oscurità del Getzemani, nelle tenebre dell’ultima ora e della sofferenza? Questa domanda è quella davanti alla quale restiamo anche noi allibiti, senza parole. Nella nostra afflizione, nel momento in cui non abbiamo più niente da dire e niente da sperare, quale Gesù stiamo cercando? Un Gesù che stia a nostro fianco, che ci faccia compagnia? Un re glorioso che ci venga a togliere la croce? O un Dio con un volto dell’uomo, che ben conosce il patire [Is 53,3], che non si scandalizza della nostra incapacità di vivere anche l’estremo momento della sofferenza, un Dio capace di mostrarsi nella lingua degli uomini e di parlarla, di interpretare anche lo sconcerto più forte che proviamo quando siamo maltrattati dalla terapia intensiva, dalle corsie di ospedale, maltrattati nel volto e nel corpo dalle terribili cure che dobbiamo subire quando i mali ci vengono incontro, ci sfigurano, non ci fanno ricordare più come eravamo, non riusciamo a vedere più niente dello splendore della nostra giovinezza e della nostra salute, siamo veramente in un momento di fallimento?
L’uomo, allora, si spinge fino alla croce con queste parole: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato [Sal 22,2]. Grazie al Figlio di Dio, l’uomo può dire nella sua esperienza della croce questa Parola, il salmo 22. È un tracciato, quello della preghiera. Abbiamo visto, dunque, la Parola Di Dio, la Scrittura, per incontrare il Cristo nella sua ora terribile, la sua ultima ora, e riconoscerlo, la preghiera, per stare accanto a Lui.
Sacra Scrittura e preghiera per poter dire in Cristo: sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra. Stavolta, però, con la parola finale, quella che dice tutto è compiuto. Esattamente come tu, Dio Padre, avevi pensato sin dai secoli eterni, tutto si è compiuto, ho obbedito a questa volontà in cielo, scoprendone la bontà anche nel dolore che ho patito sulla terra.
E un elemento ancora, oltre queste parole, c’è anche un riferimento interessante alla Chiesa. Sulla croce Gesù dice: donna ecco tuo figlio, figlio ecco tua madre, affidando all’apostolo la sua stessa madre e a Maria la Chiesa, che l’apostolo rappresenta.
Come a dire, la preghiera ti aiuterà ad entrare in questo dramma, la parola di Dio ti aiuterà a comprendere quali sono i lineamenti del volto del Cristo sofferente, per poterlo riconoscere anche sul volto dei poveri, sul volto del tuo prossimo che odi, sul volto del tuo nemico che ti odia, la preghiera del salmo, perché tu non ti sconcerti e possa andare oltre questo limite della morte che ti viene incontro e poi il luogo dentro il quale vivere tutto questo, che è la Chiesa, che è Maria, che nei racconti successivi alla resurrezione è sempre con i discepoli, sempre con gli Apostoli nei momenti importanti come al cenacolo e alla Pentecoste.
Gesù ti sta spiegando: c’è un luogo dove la Parola e la preghiera, incontrandoti, produrranno la salvezza, questo luogo è come mia madre, è una realtà obbediente, che ha la capacità di dire in ogni tempo che sia un tempo buono, un tempo produttivo alla capacità di dire: ecco io sono la serva del Signore. E a Giovanni: ecco la tua madre, qui dentro troverai la casa, qui dentro mi incontrerai, qui dentro le generazioni si bagneranno di nuovo nel lavacro del sangue e dell’acqua, per incontrare questo tracciato di salvezza, anche quando saranno nell’impossibilità di poter accedervi.
Fuori di questo linguaggio, non c’è la possibilità di darsi la salvezza e neanche di pensarla. Lo abbiamo visto: gli uomini che dipendono dalla legge, non riconoscono il Cristo, gli uomini che dipendono dalla filosofia e dal diritto, non riconoscono il Cristo.
Mirabile la risposta che dà Pilato: che cosa è la verità?, come si fa ad incontrare la verità, dentro il paradosso di un uomo che si dice Dio e che volentieri va a morire sula croce, un patibolo così brutto
Ecco l’uomo [Ecce Homo], eccola qua, non è solo l’uomo del Cristo che non riesci a riconoscere sfigurato, ecco l’uomo sul volto del tuo nemico, sul volto di chi ti ha fatto del male, ma ecco l’uomo allo specchio, quando ti scopri peccatore, lontano, abbattuto, senza risorse, ormai fuori dalla grazia di Dio. Ecco l’uomo, un uomo riscattato, redento sulla croce e per sempre, un uomo che entra nel silenzio di questo giorno, di questa notte. Domani in questo grande shabbat, silenzioso, mediteranno, appoggiandosi a Maria, l’unica credente, l’unica che conosce la promessa della resurrezione, questo grande shabbat, in silenzio, porterà le orme del Suo Signore, perché domenica possiamo insieme celebrare la Sua Resurrezione.
Sia Lodato Gesù Cristo