Passione del Signore
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal vangelo secondo Marco (Mc 14,1 – 15,47)
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco
– Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».
– Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».
– Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.
– Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
– Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
– Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
– Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.
– Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
– Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
– Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.
– Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.
– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei? ». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
– Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
PRIMA LETTURA – Dal Libro del profeta Isaia (Is 50,4-7)
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 2,6-11)
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
ECCO IL RE GIUSTO
Dal «Commento sul profeta Isaia» di san Cirillo di Alessandria
«Ecco, un re regnerà secondo giustizia e i principi governeranno secondo il diritto» (Is 32,1).L’Unigenito Verbo di Dio era il Re universale insieme a Dio Padre e, venendo, sottomise ogni creatura visibile e invisibile. E benché l’uomo terrestre, allontanandosi e svincolandosi dal suo regno, avesse tenuto in sì poco conto i suoi comandi da lasciarsi irretire dalla mano dominatrice del diavolo coi lacci del peccato, egli, amministratore ed elargitore di ogni giustizia, lo sottomise nuovamente al suo giogo. Rette infatti sono tutte le sue vie. Diciamo vie di Cristo i detti evangelici, per mezzo dei quali tendiamo a ogni virtù e, ornando il nostro capo con le insegne della pietà,giungiamo al premio della superna vocazione. Davvero rette queste vie, nulla di fallace e perverso è in esse: sono diritte e lineari. È scritto infatti: Il sentiero del giusto è diritto, e piano il suo cammino (cfr. Is 26,7).In realtà, la via della legge è dura, perché passa per molti simboli e figure, e di una intollerabile difficoltà. Al contrario, la via dei precetti evangelici È agevole e non presenta nulla di aspro o di scabroso. Rette sono dunque le vie di Cristo, che edificò la santa città, la Chiesa, nella quale egli stesso dimorargli infatti abita nei santi, e noi siamo divenuti tempio de! Dio vivente, possedendo in noi stessi Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. Il Signore ha fondato la Chiesa, ed egli stesso è il fondamento sul quale anche noi, come pietre pregiate e preziose, veniamo edificati in tempio santo, dimora di Dio, per mezzo dello Spirito (cfr. Ef 2,20-22).Salda è pertanto la Chiesa, che ha Cristo quale fondamento, e inamovibile è la sua base. Dice infatti la Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare,scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso» (1 Pt 2,6). Egli, avendo fondato la Chiesa, liberò il suo popolo dalla schiavitù: liberò dal peccato e custodì noi che eravamo oppressi sulla terra dalla tirannide di Satana, e ci sottomise al SUO giogo; e questo senza prezzo né doni. Dice infatti il suo discepolo: «Non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia» . Egli dunque versò per noi il suo sangue: non apparteniamo più a noi stessi, ma a lui che ci ha comprati e riscattati. Perciò molto giustamente, coloro che trasgrediscono la retta norma della vera fede, sono accusati dalla voce dei santi come negatori del Dio che li ha redenti.
AD IMITAZIONE DI CRISTO, IMMOLIAMO NOI STESSI A DIO IN SACRIFICIO DI LODE
Gregorio di Nazianzo, Oratio XLV, in Pascha, 23-25
Saremo partecipi della Pasqua, ora ancora in figura, sia pure più chiaramente che nell`antica legge(la Pasqua legale: oso dire una figura di un`altra figura, giuoco d`ombre); ma un giorno, quando il Verbo berrà con noi il calice nuovo nel regno del Padre, parteciperemo più perfettamente e con vista più chiara,perché allora il Verbo mostrerà ciò che ora ci ha fatto vedere meno pienamente. Quale sia quella bevanda e visione noi possiamo farne parola, ma lui deve dar la dottrina e insegnarla ai discepoli. La dottrina, infatti, è cibo di quello stesso che ci alimenta. Suvvia, facciamoci partecipi della legge, ma in senso evangelico, non letterale, in un senso perfetto ed eterno. Prendiamo per capitale non la terrena Gerusalemme, ma la città celeste; non quella, dico, che è percorsa da eserciti, ma quella che è lodata dagli angeli. Sacrifichiamo non vitelli né agnelli che mostrano corna e unghie, cose ormai senza senso; ma immoliamo a Dio, insieme ai cori celesti un sacrificio di lode. Attraversiamo il primo velo, accostiamoci al secondo, guardiamo nel “Sancta sanctorum” e, dirò di più, immoliamo noi stessi a Dio; immoliamoci ogni giorno, immoliamo tutti i nostri movimenti. Accettiamo tutto per amore del Verbo, imitiamo attraverso le nostre passioni la Passione col nostro sangue onoriamo il Sangue, saliamo con decisione la croce. I chiodi son dolci, anche se molto acerbi. E` meglio soffrir con Cristo, che accompagnarsi agli altri nel piacere. Se sei Simone Cireneo, prendi la croce e segui il Maestro. Se, come il ladro, sei appeso alla croce,da uomo onesto, riconosci Dio: se lui per te e per i tuoi peccati è stato aggregato agli empi, tu, per lui,fatti giusto. Adora colui che è stato per tua colpa sospeso a un legno; e, se tu stai appeso, ricava un vantaggio dalla tua malvagità, compra la salvezza con la morte, entra in Paradiso con Gesù, per capire da quale altezza eri caduto. Contempla quelle bellezze; lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d`Arimatea, chiedi il corpo a chi lo crocifisse, fai tuo il corpo che ha espiato i peccati del mondo. Se sei Nicodemo, quel notturno ammiratore di Dio, ungilo con funebri unguenti. Se sei una Maria, o altra Maria, o Salome, o Giovanna versa lagrime alla prima luce. Fa` in modo da poter vedere la tomba scoperchiata, o forse gli angeli, o perfino lo stesso Gesù. Di` qualche cosa, sta` a sentire. Se dirà: – “Non mi toccare” tieniti lontana. Adora il Verbo, ma non piangere. Egli sa da chi dev’essere visto per primo. Celebra le primizie della risurrezione; va` incontro ad Eva, che cadde per prima e per prima vide Cristo e avvertì i discepoli. Imita Pietro o Giovanni, corri al sepolcro, insieme e a gara, in onesta emulazione. Se sarai primo, vinci in amore, non piegarti, guardando da fuori; entra. Se, come Tommaso sarai lontano dal gruppo dei discepoli che videro il Risorto, dopo che l`avrai visto anche tu, non rifiutar la tua fede.
Trascrizione dell’Omelia
Come ogni anno, ci troviamo in questa liturgia della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo a contemplare il grande mistero che ha accomunato la nostra sorte a quella del Figlio di Dio o, meglio, quel grande mistero che il Figlio di Dio ha scelto per accomunare la sua vita, la sua vicenda umana, alla nostra e il perché, come mai, è successo questo.
Il Figlio stesso di Dio, il Verbo del Padre, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, all’origine di ogni pensiero di Dio, del progetto stesso dell’Onnipotente, guarda all’uomo, ad Adamo, come all’uomo che è stato messo nelle condizioni di obbedire a Dio e di trattenersi dal violentare il limite che gli è posto davanti, di mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, un limite che precede appena un po’ la possibilità di entrare nella vita eterna, di cogliere anche dell’albero del frutto della vita.
Questo Adamo, invece, lo sapete, lo sappiamo e lo sperimentiamo costantemente, non riesce ad obbedire al tempo di Dio, a comprendere che il progetto è di Dio, che la vita è di Dio, che la sorte dell’uomo è nelle mani di Dio, ma come ogni uomo capace, intelligente, autonomo in qualche modo, pensa di potersi scegliere la propria sorte, di poter interagire con la storia, senza tener conto di nessun limite e questa disobbedienza è stata da lui in poi, dall’inizio dell’umanità, lo scoglio sul quale si è infranto il cammino di tutte le generazioni. Tutti quanti siamo entrati nel mondo con questa presunzione, con l’idea di poterci in qualche modo salvare da soli, in qualche modo farci un’idea, un’immagine, di chi ci avrebbe salvati e tutte le volte ci siamo trovati soli. Quando? Allorché, inevitabilmente, ci ha raggiunti la morte, il disagio, la difficoltà, l’ostacolo o, semplicemente, la consapevolezza, la constatazione della nostra debolezza. Tutti noi conosciamo bene la nostra fragilità, la nascondiamo, non la facciamo conoscere agli altri, ma sappiamo di cosa si tratta, come ci aliena in qualche maniera, come ci condiziona, come getta un cono d’ombra sul futuro e ci fa avere paura della morte prima ancora che ne sentiamo il sopraggiungere.
Come si risolve questo? Il Verbo di Dio, il Benedetto Figlio di Dio, guarda con compassione a quest’uomo che non ce la fa con le proprie forze a tirarsi fuori da questa sorta di condanna e decide di prendere su di sé questa scommessa, di affrontare questa difficoltà dell’uomo ed entra nella nostra vita, nella carne, entra Egli stesso nell’esperienza della debolezza, della limitatezza e della fragilità della condizione umana. Gli uomini, noi, quando lo abbiamo visto lo abbiamo amato, lo abbiamo pensato come finalmente il nostro salvatore, gli abbiamo proiettato addosso proprio le nostre aspettative e gli abbiamo detto: finalmente, Dio si è ricordato di noi, finalmente, il Signore è venuto a toglierci dalla solitudine, dal tradimento che abbiamo subito, dall’esperienza dell’infedeltà, da questa difficoltà che viviamo nella carne, dal peccato che sempre ci opprime, finalmente, Dio si è preso cura della nostra natura umana, venendo Egli stesso a condividerla. E abbiamo pensato: se Egli è venuto a prendere la nostra condizione umana, ce la deve strappare di dosso senza dolore, lo abbiamo ripetuto in tutte le generazioni e continuiamo a dirlo ancora, anche al nostro tempo. Continuiamo a ripetere al Signore. “togli la nostra croce, leva la nostra difficoltà, liberaci da questo problema, guariscici da questa malattia, non farci entrare nella morte” e tutte le cose che empiamente chiediamo a Dio.
Per questo, restiamo sconcertati di fronte al modo di fare di Dio, manifestato nel modo di fare del Suo Figlio. Quando? Quando lo accompagniamo volentieri nel suo ingresso a Gerusalemme, allorché entra quasi nel tripudio popolare, mentre tutti gli stendono i mantelli e agitano le palme acclamando: Osanna, è arrivato, è giunto il Messia, finalmente si apriranno le porte del Tempio, un culto nuovo inizierà, ora vedremo Dio faccia a faccia ma, soprattutto, quei poveri, quei peccatori, quelle prostitute, quegli Zacchei, quei pubblicani, che lo avevano sentito parlare, gli storpi, i ciechi, gli zoppi, come dice Isaia [Is 53, 5-6], hanno pensato finalmente cambierà la nostra condizione. Lo farà ora, lo farà adesso, lo farà per noi e lo farà qui. E lo hanno seguito, curiosi, dentro il Tempio, mentre continuava ad insegnare, mentre affrontava apertamente Scribi, Farisei e i Sommi sacerdoti e dopo aver rovesciato tutte le bancarelle che c’erano nel Tempio, dopo aver mandato all’aria la logica che stava davanti al Santo dei Santi.
Come se fosse quella la logica per entrare in relazione con Dio, il mercanteggiamento: io ti do, tu mi dai, io ti faccio questo, poi tu mi fai quell’altro…, Gesù la manda all’aria nello sconcerto di tutti, non solo dell’autorità, ma anche di quei poveri che lo avevano seguito. Forse i suoi Apostoli, e tra tutti Giuda, che era di Gerusalemme, diversamente dagli altri che erano Galilei, avrà pensato, lui con gli altri, adesso, infine, tutti si accorgeranno, tutti comprenderanno, ho giocato bene la mia moneta, ho messo in un porto sicuro la mia speranza, costui è il Messia e non può essere diversamente.
Qui si apre il grande iato, si è divaricato il cielo di fronte a queste persone, perché Gesù cambia il proprio linguaggio, si consegna ai Sommi sacerdoti, alle autorità e si lascia maltrattare e quella sera, al Getzemani, mentre i suoi apostoli, quelli più vicini, addirittura Pietro, Giacomo e Giovanni, stanno dormendo ad un tiro di sasso da dove Gesù sta supplicando il Padre, finalmente mostra qual è il suo messaggio, qual è la sua missione e come intende salvare l’uomo.
Ancora oggi, quando ci poniamo davanti a questa preghiera di Gesù, non sappiamo come porci, ci chiediamo cosa sta chiedendo Gesù al padre, come è possibile che dica liberami da questa morte? Allora, non ha creduto, ha dubitato, e qualcuno arriva a dire: beh umanamente ha dubitato, ma poi ci ha ripensato… In un momento così drammatico, così forte, Gesù si è permesso prima di dubitare, poi ha cambiato, poi ha ridubitato, per tre volte addirittura.
Cosa dice il brano ascoltato [Mc 14,1-15,1-47]? Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. Ma quale ora? L’ora della sua morte? Lo dirà in un altro brano è per questo che sono venuto. E che debbo dire, Padre, liberami da questa ora? [Gv 12,27], certo che non lo dirò. E perché dovrebbe dirlo adesso? È come se affermasse al Padre: “liberami da questa ora in cui hai deciso di giudicare il mondo. Se io vado in croce, il mondo finirà oggi e tu inizierai a giudicare un popolo che tutto il tempo, da quando gli hai donato la tua Torah, non è riuscito a conoscerti, ad amarti, a servirti, non è riuscito a rispettare l’orfano e la vedova, a venire incontro a tutti quelli che avevano bisogno, che erano in difficoltà. Allontana questa ora, allontanala da me, allontanala da questo popolo. Non fare ora il tuo giudizio. Li troverai tutti senza fede, in grande difficoltà. Guarda i miei apostoli, sono lì che dormono, non riescono neanche ad entrare in questo dramma, non ne hanno la capacità, si sono appesantiti i loro occhi, non riescono a vedere che la paura”.
Non sta parlando anche di te? Non sta dicendo quello che gridi, quando si avvicina la calamità, la morte, quando affermi: ora, forse Gesù non ci sarà più, forse Dio non c’è più, adesso veramente non c’è più nessuna risorsa. Gesù fa questa preghiera per tre volte e ad un certo punto, dopo aver detto questo, si consegna totalmente ed è come se dicesse al Padre: “non secondo la mia volontà. Vorrei spostare questo tempo, perché costoro possano ancora cambiare, ma fa come hai pensato tu sin dall’eternità, che sia questa l’ora del giudizio, solo non pesare su di loro”.
Gesù ottiene da Dio l’esaudimento di questa preghiera. Tu dici: ma come l’esaudimento? Va in croce proprio il giorno dopo, Dio lo ha esaudito? Certo che lo ha fatto, perché dal momento in cui Gesù va in croce, Dio inizia a fare una cosa nuova, non celebra il giudizio universale, non mette tutte le popolazioni al muro, ma come aveva detto Gesù: non vi preoccupate, perché vi precederò in Galilea [Mc 14,28]. Non abbiate paura che io vada in croce, perché la storia, finalmente, si è dilatata, il tempo si è divaricato, non ci sarà il giudizio finale ma, da ora, mi vedrete ogni giorno, fino alla fine del mondo, sarò sempre con voi [Mt 28,20].
È quello che poi la Chiesa celebra, perché tutte le generazioni, i cristiani, i battezzati – noi – entrino in questo dramma e continuino a dire a Dio: non fare il giudizio sui nostri nemici, non fare il giudizio finale su quelli che non credono, dilata ancora il tempo, lascia che su questo fico sterile si continui a zappare e a mettere concime, perché porti frutto al tempo opportuno che tu hai scelto e Gesù dirà anche agli uomini: quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra [Lc 18,8]?, o troverà ancora un popolo che dorme? Da allora in poi, dice San Paolo [1Cor 7,29] svegliatevi, perché l’ora è vicina, il tempo si è fatto breve, ormai ci siamo allontanati dalle tenebre, stiamo andando verso il giorno della luce. E gli uomini sono rimasti lì a replicare: questo giorno no, forse domani, forse dopodomani, forse non è la nostra generazione, forse è un’altra. L’uomo non comprende che tutto questo tempo è interamente racchiuso nella preghiera di Gesù al Getzemani.
Entriamo per una porta mirabile in questo momento, in questa ora di Gesù, quando celebriamo l’Eucarestia, in cui facciamo memoriale del sacrificio di Cristo sulla croce, dunque, il tempo finalmente implode in se stesso e noi entriamo davanti alla croce del Cristo, non esiste il tempo che è passato, non c’è più, è stato dilatato per amore degli uomini, diventa niente di fronte alla celebrazione del sacrificio di Cristo. Siamo tutti nello stesso giorno, nella stessa ora, nello stesso momento in cui Cristo tende le mani al Padre, perché finalmente si operi la giustizia sulla disobbedienza del demonio. E la sua obbedienza finale, che ottiene da Dio l’esaudimento diventa per noi fonte di speranza, nessuno dubiti più.
Solo Giuda, solo quelli che si sono scandalizzati quando il pastore è stato percosso [Zc 13,7; Mt 26,31], hanno detto no, facciamo così, siccome non si può passare per questo varco, per questa porta così stretta del dolore e della sofferenza, inventiamoci un Cristo che non soffre, una religiosità dove comando io, dove sto bene, in pace, dove non mi manca nulla, dove ho benessere, salute e dove posso morire a 100 e più anni, magari mentre sto correndo per andare a prendere il treno… Ci siamo ideati una religiosità che passa come in uno slalom nelle difficoltà della vita, che mai decide si affrontare l’esistenza, come se fosse sempre l’ultimo giorno, come se fosse sempre questa ultima ora, l’ora della morte di Gesù, quella della sua offerta, l’ora della nostra salvezza.
Chiediamo a Dio, fratelli, di darci uno spirito di intelligenza, per penetrare questi significati, per entrare in questo tempo consapevoli e per raccontare all’uomo un modo nuovo di pensare Dio, un modo nuovo di conoscere la salvezza e anche di affrontare la croce, la morte, la sofferenza, tutte quelle cose che possiamo dire tranquillamente ci scandalizzano, ci fanno male dentro, non vorremmo che ci fossero e invece Dio le ha scelte proprio perché lo conoscessimo.
Sia Lodato Gesù Cristo
Preghiera dei fedeli
Padre Santo e Misericordioso,
in questa ora mirabile in cui noi ad un tempo celebriamo l’obbedienza del Tuo Figlio e l’ora della nostra salvezza, officiandola sull’altare come rito a Te gradito, degnati di ascoltare la supplica del Tuo popolo, non lasciarci in preda alla paura, al timore e alla sopraffazione delle cose negative della storia, donaci la forza di rompere questo diaframma, di entrare consapevoli in questo tempo e di vigilare, finché il Tuo Figlio torni a salvarci dalla morte.
Ti preghiamo Padre Santo per la Tua Chiesa,
l’hai posta nel mondo come hai posto l’anima dentro il corpo, perché informi questo mondo sulla bellezza del Tuo progetto, perché faccia conoscere agli altri uomini come Tu hai desiderato condividere la nostra realtà umana, fa che la tua Chiesa non sia mai di scandalo per nessuno, mostri a questa generazione e a quelle che verranno la Tua misericordia, la Tua bontà, la Tua capacità di perdonare tutti i peccati.
Padre Santo e Misericordioso,
per la mitezza del Tuo Figlio, che entrò a Gerusalemme senza rivendicare diritti, ma mostrando un cuore aperto alle necessità dell’uomo, degnati di conferire anche a noi questa virtù della mitezza, perché possiamo incontrare il nostro nemico e il nostro fratello senza giudicarlo, amandolo, conoscendolo, aprendo per lui le porte della vita eterna.
Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso,
per i poveri, i miseri, quelli schiavi del peccato, perché non si scandalizzino del dolore, della sofferenza, perché non restino oppressi dalla cappa della disobbedienza, perché conoscano il Tuo amore e siano riscattati nella loro debolezza.
Ti prego Padre Santo e Misericordioso
per questi tuoi figli, strappali dalla mediocrità di questo tempo, falli entrare nel tempo redento in cui tu manifesti la Tua Grazia, dove operi meraviglie, portando a compimento il Tuo disegno fino alla fine del tempo,
te lo chiedo per Cristo Nostro Signore