Messa di ringraziamento di fine anno, Scuola di Preghiera 2014
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Alleluia, alleluia.
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi,
per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Alleluia.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,7-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
PRIMA LETTURA – Dal libro del Siràcide (Sir 48,1-14)
Sorse Elìa profeta, come un fuoco;
la sua parola bruciava come fiaccola.
Egli fece venire su di loro la carestia
e con zelo li ridusse a pochi.
Per la parola del Signore chiuse il cielo
e così fece scendere per tre volte il fuoco.
Come ti rendesti glorioso, Elìa, con i tuoi prodigi!
E chi può vantarsi di esserti uguale?
Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte
e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo;
tu hai fatto precipitare re nella perdizione
e uomini gloriosi dal loro letto
e hai annientato il loro potere.
Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero,
sull’Oreb sentenze di condanna.
Hai unto re per la vendetta
e profeti come tuoi successori.
Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco,
su un carro di cavalli di fuoco;
tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri,
per placare l’ira prima che divampi,
per ricondurre il cuore del padre verso il figlio
e ristabilire le tribù di Giacobbe.
Beati coloro che ti hanno visto
e si sono addormentati nell’amore,
perché è certo che anche noi vivremo
ma dopo la morte la nostra fama non perdurerà.
Appena Elìa fu avvolto dal turbine,
Elisèo fu ripieno del suo spirito;
nei suoi giorni non tremò davanti a nessun principe
e nessuno riuscì a dominarlo.
Nulla fu troppo grande per lui,
e nel sepolcro il suo corpo profetizzò.
Nella sua vita compì prodigi,
e dopo la morte meravigliose furono le sue opere.
Salmo 96
R. Gioite, giusti, nel Signore.
Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono. R.
Un fuoco cammina davanti a lui
e brucia tutt’intorno i suoi nemici.
Le sue folgori rischiarano il mondo:
vede e trema la terra. R.
I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria. R.
Si vergognino tutti gli adoratori di statue
e chi si vanta del nulla degli idoli.
A lui si prostrino tutti gli dèi! R.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
“Dopo il cibo, si chiede il perdono del peccato”
Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 18. 22; CSEL 3, 280-281, 283-284)
Dicendo la preghiera del Signore, noi chiediamo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Ciò può essere inteso sia in senso spirituale che in senso materiale, poiché l’uno e l’altro significato, nell’economia divina, serve per la salvezza. Infatti il pane di vita è Cristo, e questo pane non è di tutti, ma certo nostro lo è. E come diciamo «Padre nostro», perché è Padre di coloro che intendono e credono, così invochiamo anche il «pane nostro», poiché Cristo è pane di coloro che come noi assumono il suo corpo.
Chiediamo quindi che ogni giorno ci sia dato questo pane. Noi viviamo in Cristo e riceviamo ogni giorno la sua Eucaristia come cibo di salvezza. Non accada che, a causa di peccati gravi, ci venga negato il pane celeste, e così, privati della comunione, veniamo anche separati dal corpo di Cristo. Egli stesso ha proclamato infatti: Io sono il pane di vita, che sono disceso dal cielo. Se uno mangerà del mio pane, vivrà in eterno. E il pane che io vi darò è la mia carne per la vita del mondo (cfr. Gv 6, 51). Dice che se qualcuno mangerà del suo pane vivrà in eterno. È evidente dunque che vivono coloro che gustano il suo corpo e ricevono l’Eucaristia per diritto di comunione. Da ciò si deduce che se qualcuno si astiene dall’Eucaristia si separa dal corpo di Cristo, e rimane lontano dalla salvezza. È un fatto di cui preoccuparsi. Preghiamo il Signore che non avvenga. È lui stesso che pronunzia questa minaccia, dicendo: Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi (cfr. Gv 6, 53). Per questo chiediamo che ci sia dato ogni giorno il nostro pane, cioè Cristo, perché noi che rimaniamo e viviamo in Cristo, non ci allontaniamo dalla sua vita divina.
Dopo queste cose preghiamo anche per i nostri peccati, dicendo: «E rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Dopo aver chiesto il sussidio del cibo, chiediamo pure perdono delle colpe. Come è davvero necessario, e come è prudente e salutare essere avvertiti che siamo peccatori, ed essere spinti a pregare per i nostri peccati! In tal modo, mentre chiediamo il perdono a Dio, l’animo fa riemergere la consapevolezza di sé. E perché non avvenga che qualcuno si compiaccia come se fosse senza colpe e, salendo in alto, non abbia a cadere più rovinosamente, viene istruito e ammaestrato che egli pecca ogni giorno, e perciò gli si comanda di pregare ogni giorno per i peccati.
Così ammonisce anche Giovanni nella sua lettera, dicendo: Se diremo che non abbiamo alcun peccato, ci inganniamo da noi stessi, e non c’è in noi la verità. Se invece confesseremo i nostri peccati, il Signore è fedele e giusto, e ci rimette i peccati (cfr. 1 Gv 1, 8). Nella sua lettera ha unito assieme l’una e l’altra cosa: che noi dobbiamo pregare per i nostri peccati e che otteniamo indulgenza quando preghiamo. Con questo, ha anche chiamato fedele il Signore perché mantiene fede alla sua promessa di rimetterci i peccati. Colui infatti che ci ha insegnato a pregare per i debiti e le colpe, ha promesso la sua paterna misericordia e il suo perdono.
Trascrizione dell’Omelia
Qualcuno mi ha ricordato che anche l’anno scorso nella celebrazione eucaristica di chiusura della scuola c’era questa lettura del “Padre Nostro” nel Vangelo ed io, chi mi conosce se lo può immaginare, né l’anno scorso né quest’anno l’avevo programmato, non lo sapevo, è capitato per caso me ne sono accorto stasera quando sono venuto a celebrare alle 18,30… ho visto che c’era il “Padre Nostro”. Ora, quelli che hanno frequentato il primo anno non se ne rendono conto ma dal secondo anno in poi tutti sanno che cos’è per noi il “Padre Nostro”, come sia il segno di un passaggio da una logica pagana nella quale abbiamo provato a relazionarci con Dio guardandolo dal basso verso l’alto, pensando che stesse in cielo, pensando che avessimo dovuto fare qualcosa per raggiungerlo, che dovessimo creare noi un linguaggio, delle parole, delle immagini, per accattivarcelo proprio come fanno i pagani, invece abbiamo cominciato con il “Padre Nostro”, dal secondo anno in poi (e quelli che hanno fatto il primo anno spero che si incuriosiscano per l’anno che viene), abbiamo cominciato a capire che questo non è un Dio che noi abbiamo cercato, no, questo è un Dio che ha cercato noi e questa è proprio la nostra novità, non siamo stati noi ad amare Dio ma Dio ci ha amati per primi (1Gv 4,19) cioè lui ha fondato le logiche per venirci ad incontrare, ha trovato i sistemi ed i linguaggi per poterci trovare ed anche quando noi ci siamo allontanati a causa del peccato, della debolezza, della carne, etc., lui non ha disdegnato assumere anche la carne perché noi potessimo incontrarlo proprio là dove magari da pagani avremmo immaginato, tutti quanti pensavamo che se ci fossimo comportati bene il Signore certamente ci avrebbe premiato, siccome bene non ci siamo comportati abbiamo vissuto sempre di sensi di colpa, oggi invece, ce lo dice anche il versetto dell’Alleluia, ci siamo accorti che siamo figli, che possiamo dire: “Abba Padre” (Rm 8,15), che quello Spirito che si muoveva dentro di noi senza che noi comprendevamo che cosa volesse dire, ora comincia a metterci in relazione con Dio, allora molti di voi si ricorderanno quelle lezioni in cui abbiamo affrontato il rapporto tra lo Spirito di Dio e lo spirito dell’uomo, tutte le logiche che abbiamo visitato per vedere quali distrazioni, quali difficoltà, tante cose, tante cose … ed io tutti gli anni quando siamo a questo punto, mi accorgo sempre che Dio mi ha donato due anime, una quella delle settimane della Scuola di Preghiera, che si infiamma, si accende, che si dimentica degli anni che ha, trova sempre molte cose, gira sempre a destra e a sinistra e l’altra … questa, che nell’ultima Messa che facciamo insieme la sapete una cosa? Non so proprio che cos’è che devo dire, vi sembrerà strano ma è così e la tenerezza di Dio la interpreto proprio in questo incontro col “Padre Nostro” questa sera, come se Dio mi dicesse: “Guarda, hai già detto abbastanza tutto l’hanno,questi lo sanno, con la stanchezza rischi pure di dire le stesse cose, lascia perdere, lo dico Io, dico a tutti che noi qui preghiamo il Padre Nostro, che noi qui impariamo a pregare” ed io veramente non ho il desiderio di dire molto di più, vi guardo, vi ho guardato sempre, vi ho scrutato durante questi anni, nei giorni ho cercato di intravvedere gli interessi, le difficoltà, la stanchezza dei vostri giorni che poi si traduceva la sera in vera difficoltà anche di intenzione, vi ho sollecitati, qualche volta vi ho pure graffiati, conoscevo molti, non tutti, dei vostri problemi, ho a cuore personalmente molte circostanze che vi riguardano, ve lo dico, ho pregato per voi, penso sempre alle cose che anche lasciate trasparire dal vostro volto anche quando non ne parlate, anche quando non lo dite, condivido con voi questa gioia di incontrare il Signore ed anche questa fatica, questa pena, quando ci sembra (ma non è così) che lui non si faccia trovare, ma una cosa certamente abbiamo condiviso, l’ebbrezza incredibile di poter andare verso Dio e non immaginarcelo e non sapercelo raffigurare e non saperlo pensare, abbiamo parlato, abbiamo detto, consapevoli di non dire nulla, di non aggiungere nulla e di non poter togliere nulla a questo mistero nascosto (Ap 22, 18-19) che si premura così tanto di farsi conoscere là dove noi lo cerchiamo, questa ebbrezza io la percepisco al centro della mia vita così posso capire per quale motivo tanto slancio in certi momenti si traduca poi in un silenzio, in un’incapacità di proferire anche solo un’omelia, la capisco perché la vedo anche respirare dentro le vostre attese, io e voi, la chiesa, stiamo aspettando questa manifestazione, l’aspettiamo nella preghiera, l’aspettiamo nella ricerca, la nostra scuola si chiama “Bet Midrash”, la casa della ricerca, ‘darash’, del ricercare, ci diamo pena per queste parole che vagano sui monti di Israele (Ez 34), perché tornino un giorno a formare un solo gregge, con un solo Pastore perché tutte queste parole narrino il dolore dell’uomo, rappresentino all’uomo la misericordia di Dio e coinvolgano anche il nostro prossimo, i nostri contemporanei che fanno così tanta fatica, nonostante la tenerezza di Dio mostrata anche nel nostro Pontefice, fanno tanta fatica a lasciare i pregiudizi e a riavvicinarsi ad una scuola di comprensione, di ricerca profonda, di attenzione, di pazienza, di attesa e di speranza. Della fede parliamo, la speranza la condividiamo, io spero che un giorno ne possiamo vivere anche pienamente la carità e non parlo del giorno per eccellenza in cui ci troveremo tutti da qualche altra parte, parlo del giorno in cui la nostra scuola, che già sta facendo dei passi interessanti, possa diventare uno strumento in mano alla chiesa, voi sapete che quest’anno abbiamo avuto l’approvazione da parte dell’ente religioso della provincia dei frati Minori Conventuali dell’associazione privata di fedeli che è in corso di ratifica e presso il notaio ed il commercialista stiamo lavorando affinché questo abbia una sua definizione, ci sono in corso anche altri progetti, insomma vedrete, preghiamo insieme perché tutto questo accada, solo io desidero condividere con voi la passione per Cristo per questo tempo, la traduzione della volontà di Dio per l’uomo contemporaneo, desidero accendere il vostro cuore come cerco di fare tutto l’anno anche stasera e nel tempo che verrà, di accendere il vostro cuore perché ognuno sia uno strumento utile in questa logica salvifica e redentiva per questo tempo della storia. Poi certo devo dirvi grazie per la pazienza, per l’attenzione, ringrazio Dio perché mi ha fatto stare in salute (mi sono ammalato una volta sola, un solo raffreddore), ringrazio per questa opportunità grande che ha dato alla mia vocazione e alla vostra, di incontrarci.
Amen.