III Domenica di Pasqua

Anno Liturgico B
21 Aprile 2024

Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.(Messa del mattino e della sera)

 

MESSA DEL GIORNO – LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Giovanni/strong> (Gv 10,11-18)

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore.

PRIMA LETTURADagli Atti degli Apostoli (At 4,8-12)

In quei giorn, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato.
Questo Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo.
In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
Parola di Dio.

Salmo Sal 117 (118) .
La pietra scartata dai costruttori è divenuta pietra d’angolo. R..

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti. R

Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. R.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre. R.

SECONDA LETTURA .Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,1-2)

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Parola di Dio.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

“Cristo, buon pastore”.
Dalle «Omelie sui Vangeli» di san Gregorio Magno, papa

«Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore», cioè le amo, «e le mie pecore conoscono me» (Gv 10, 14). Come a dire apertamente: corrispondono all’amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre l’amore della verità.
Domandatevi, fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell’amore; non del solo credere, ma anche dell’operare. L’evangelista Giovanni, infatti, spiega: «Chi dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo» (1 Gv 2, 4).
Perciò in questo stesso passo il Signore subito soggiunge: «Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le pecore» (Gv 10, 15). Come se dicesse esplicitamente: da questo risulta che io conosco il Padre e sono conosciuto dal Padre, perché offro la mia vita per le mie pecore; cioè io dimostro in quale misura amo il Padre dall’amore con cui muoio per le pecore.
Di queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr. Gv 10, 14-16). Di esse aveva detto poco prima: «Se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9). Entrerà cioè nella fede, uscirà dalla fede alla visione, dall’atto di credere alla contemplazione, e troverà i pascoli nel banchetto eterno.
Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch’è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l’anima si sazia senza fine del cibo della vita.
Cerchiamo, quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito. S’infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri desideri s’infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarà già un camminare.
Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare.

Trascrizione dell’Omelia.

La similitudine che Gesù usa con il Pastore, “il buon Pastore”, certamente facilita l’ingresso per noi nei significati di questo brano che la chiesa ci ha proposto oggi IV Domenica di Pasqua, ma quello che c’è nascosto in questo brano è di gran lunga superiore a quello che noi abbiamo potuto comprendere muovendoci tra questi personaggi, il pastore, le pecore, altre pecore di altri greggi, insomma quello che abbiamo ascoltato. E che cosa c’è qua in nuce, che cosa c’è nascosto in questo brano? Beh, lo dice Gesù ad un certo punto, quando dice: “Per questo il Padre mi ama, perché io do la mia vita per poi riprenderla di nuovo, nessuno me la toglie, questo è il comando che ho ricevuto dal Padre”, allora qua ti è chiesto, a tutta la chiesa, a te ti è chiesto, di entrare nella contemplazione della missione del Verbo, dice Gesù: “Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio”, sta ad indicare il fatto che il Verbo che conosce il pensiero di Dio totalmente, sa che nel piano di Dio c’è un disegno incomprensibile, nessun uomo riuscirebbe a metterlo in pratica, adesso vedrai anche perché, ed in questo disegno, così paradossale, c’è il desiderio di salvare tutta la creazione, tutta la creazione! Vuol dire gli uomini, tutta l’umanità, tutta la creazione, tutte le cose create, tutto Dio vuole salvare. E tu dirai: “Ma perché Dio vuole salvare tutte le cose e soprattutto da che vuole salvarle?”, le vuole salvare dall’ignoranza, dall’ignoranza sull’amore, da quell’ignoranza di Dio che poi ha spinto i nostri animi ad odiare, a giudicare, a dividerci, a metterci l’uno contro l’altro, attaccandoci talvolta a ragioni che, lasciatemelo dire, farebbero sorridere se non fossero così banali da scandalizzare chi ci incontra. Dunque ci libera da quell’ignoranza che non permettendoci di essere consapevoli dell’amore di Dio, ci fa diventare così, un po’ bestioline gli uni con gli altri. E come fa a fare questo? usa una modalità, usa la natura umana, quella che tutti quanti noi possediamo. Perché usa la natura umana? Perché se fosse qualcosa di difficile da imparare, non so una filosofia troppo lontana, arcana da sviscerare, noi tutti saremmo giustificati, non saremmo capaci di capire l’amore di Dio, ma se Dio ci viene incontro nel volto del suo Figlio e quando si avvicina non si scandalizza se siamo prostitute, pubblicani, ladri, bestemmiatori, non si scandalizza, addirittura si fa uccidere al posto nostro, allora vuol dire che questo tipo di amore noi non l’abbiamo mai conosciuto, mai. Parliamo di amore in modo ridicolo, di sentimenti che adesso ci stanno poi se ne vanno e quando ci stanno gonfiano le cose e quando se ne vanno distruggono tutte le relazioni importanti e se ne possono andare, lo sai, se ne possono andare in un attimo, uno si svegli la mattina e dice alla moglie: “Non ti amo più” ed è finita. Noi siamo in questa inconsapevolezza e facciamo purtroppo questi errori, non si capisce come mai questi errori, così grossolani, si possano incontrare con un desiderio che invece ci supera che è un desiderio, dillo, di amore, di pace, di cose buone, di vita eterna, un desiderio incredibilmente alto, come possiamo nutrire un desiderio così alto e poi vivere delle realtà così basse, così meschine nelle relazioni? Eravamo perduti a considerare queste grandezze in lotta tra loro, lo dice anche san Paolo: “Lo vedo nella mia carne”, dice Paolo: “C’è una lotta che si fa tra le cose che desidero e quelle che faccio” è la storia di tutti. Allora come si può uscire da qua? Il Buon Pastore, quello di cui stiamo parlando oggi, è Colui che non ci è venuto incontro con una legge stringente per strozzarci, ma come direbbe Isaia: “Ha preso pian piano le pecore madri” e se l’è portate perché non faticassero troppo. Ha portato “gli agnellini sul petto”, sai che vuol dire portare gli agnellini sul petto da parte di Gesù, da parte di Dio evidentemente? Vuol dire che quelle piccole idee, quei tuoi piccoli desideri di cambiare, di rinnovarti e non riesci mai ad onorarli, lui non te li ha sbattuti in faccia ma se li è portati sul petto, se li è tenuti con lui per dire: “Ce la farai, hai capito? Ce la farai! Dove stai? In che situazione ti trovi? Ce la farai! Chi te lo dice? Te lo dico Io che sono il creatore, l’amante della vita e il salvatore di ogni cosa”. Allora quando Giovanni l’Evangelista e l’autore delle Lettere che abbiamo ascoltato stamattina, non solo ha parlato del “Buon Pastore”, ma anche ci ha detto in questo brano così piccolo, nella Seconda Lettura, dice: “Carissimi allora”, in base a quello che abbiamo detto ora, “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente” capito? Lo dice Giovanni non: “Ma allora quanto amore ci ha ..?”, no, dice: “Quale amore ci ha..”, un amore riconoscibile, un amore che ha il nostro volto, un amore raggiungibile, un amore possibile, non quello che vivi tu che oggi c’è e domani non c’è e non sai dove nasconderti. E dice ancora Giovanni: “Per questo il mondo non ci conosce, perché non ha conosciuto lui” e anche noi ci comportiamo così quando trasformiamo l’amore in giudizio, in rabbia, in odio, anche noi mostriamo di non aver conosciuto Dio, perché Dio non ci ha trattati così, mai ci ha trattati così. Chi si è andato a confessare, chi ha messo la propria vita in mano al sacramento della penitenza, sa che è stato perdonato, riconciliato, riscattato dall’accusa dei peccati. E poi dice Giovanni: “Carissimi, siccome ci siamo capiti, noi fin d’ora siamo figli di Dio” uè, te ne sei accorto? Tu dirai: “Ma da cosa mi accorgo? Non siamo tutti figli di Dio?”, no, siamo tutti creature di Dio, noi siamo figli perché lo Spirito di Dio è rimasto presso di noi, dice Paolo nella Lettera ai Romani e rimanendo presso di noi continuamente dice: “Abba, Padre” e ci ricorda che non siamo dei servi, che non siamo degli schiavi, che non siamo dei lontani, che siamo dei figli dunque, dirà Paolo: “eredi di Dio coeredi di Cristo”. Ora, permettimi se faccio questa similitudine banale, ma se tu fin d’ora, se tu sai oggi, non a babbo morto ma già oggi ti è stato riversato in banca un patrimonio, tu che fai vai a chiedere l’elemosina? Se vai a chiedere l’elemosina vuol dire che non lo sai. Allora la parola te l’annuncia: “Ce l’hai questo patrimonio, te ne sei accorto? No? Sbrigati allora. L’hai sentito questo Spirito che ti parla? Ancora no? E allora affina l’udito, apri il cuore, guarda bene se nei fatti della tua storia Dio non abbia già cominciato a dire qualcosa e non essere più incredulo ma credente”. E poi c’è una promessa in questa Lettera di Giovanni, che dice: “Tuttavia”, questa è proprio per noi, “sappiamo che quando Egli si sarà manifestato noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come Egli è”, questo è l’annuncio Pasquale, l’annuncio Pasquale per eccellenza che adesso desidero che tu ritenga proprio tuo e te lo metta addosso come un vestito e non te lo possa togliere mai. E qual è questo annuncio, l’oggetto di questo annuncio? Ti sforzi, qualche volta ce la fai, qualche volta no, a volte ti fidi di una parola alla quale credi, a volte no, te le scordi pure, ma il desiderio non se n’è mai andato, il desiderio di essere riscattato, di camminare a testa alta, di essere riconosciuto e finalmente amato, quel desiderio non se n’è andato, ebbene siccome sta dentro di te, quando il Figlio si manifesterà tu lo vedrai e sai perché lo riconoscerai? Perché non ha il volto che gli hai appiccicato tu, giudice, angelico, oppure non so che cosa, ti stupirà, perché quando il Figlio di Dio si manifesterà, sarà come te e tu sarai come lui e dirai: “Ma allora tutta questa vita che ho vissuto era vera, ma allora il desiderio che ho portato era autentico, ma allora tutto quello che tu hai seminato in me era destinato a farmi conoscere di quale amore mi hai amato, ma allora chi sei?”, dirà san Francesco: “ma chi sei altissimo Signore mio? Chi sono io? Mi sono comportato come un vermiciattolo qualsiasi”, riaccendi la speranza. Tu dirai: “Ma in quali circostanze dovrò vivere tutte queste cose?”, oggi abbiamo una parola scritta che abbiamo letto, l’hanno letta due persone che non avete visto mai a leggere, no? perché fanno 25 anni di matrimoni, dunque almeno per venticinque anni si sono dovuti dire tra loro e ognuno per sé: “Questa parola è una pietra angolare o una parola da scartare?” io penso che se la celebrano qua si sono detti: “E’ una pietra angolare” e se la celebrano vuol dire che questa pietra angolare è stato un fondamento vero, guarda che questo non lo diciamo per rinfacciare a chi i matrimoni ce l’ha rotti e purtroppo sta male davanti a queste cose, lo diciamo perché si può sempre sperare, Dio ti ha sposato prima ancora che il fedigrafo compagno che ti ha tradito, Dio ti ha sposato e lui non verrà mai meno, promesso, non verrà mai meno! E questo se lo devono essere detto probabilmente per 25 anni, non ne avranno mai parlato di questo, non lo so, lo sanno loro, però se lo sono detto in tutti i modi possibili, anche stavolta nei modi umani, Dio ci viene incontro con il volto di uomo, i due si incontrano con il volto umano che portano e lì celebrano la fedeltà di Dio. e se è questo che siete venuti a celebrare oggi, se siete consapevoli di questo, mettetelo sul lucerniere, non mettetelo sotto il moggio, trovate il modo, non c’è bisogno di andare a fare le crociate, trovate il modo, con i figli prima di tutto e poi con tutti quello che incontrerete ancora e ancora. E questo vale per tutti, amici miei, per tutti, questa è la speranza e sta scritto, sta scritto: “La speranza non delude”. Sia lodato Gesù Cristo.

Messa della sera

Trascrizione dell’Omelia.

Immagine feconda, soprattutto al tempo in cui Gesù l’ha racconta, questa storia del “Buon Pastore”, perché quella gente conosceva la pastorizia, di questo viveva Israele, un’immagine che è diventata poi alla fine poetica per chi la pastorizia, come noi, non l’ha conosciuta, non l’ha praticata. Eppure c’è nel cuore di questo racconto, anche così immaginativo, un segreto. Un segreto che vale la pena investigare e lasciarci anche invitare ad entrare nella contemplazione del mistero di Cristo. C’è un Libro della Bibbia, un Libro profetico, il Libro di Ezechiele, che porta proprio questo riferimento al pastore, ai pastori di Israele e Agostino quando prende questo capitolo 34 del Profeta Ezechiele, lo interpreta in modo così allegorico, cioè per immagini. Dice Ezechiele che Dio si lamenta contro quei pastori di Israele che pascono il gregge, che lasciano così il gregge vagare sui monti, non se ne curano. Non se ne curano proprio come quei mercenari a cui sta facendo riferimento Gesù in questo brano di Giovanni. Allora Agostino dice: “Come si può capire questa immagine? Con delle similitudini sicuramente, allora forse queste pecore non sono solo degli animali, sono delle parole, le parole di Dio che vagano sui monti di Israele”, cioè sui rotoli della Torah, sui rotoli della Scrittura, sui Libri, come se fossero dei monti, quei monti dei quali dirà il Salmo: “Alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto?”, ma proprio da lì, proprio da quelle pagine della Scrittura che ci sono state regalate per comprendere le cose di Dio, per adeguarvi la nostra volontà e finalmente per scoprire questo segreto di cui parliamo. Allora chi sarebbe il pastore? Sarebbe uno che sa mettere insieme queste parole. Sai, tu quando racconti la tua storia, i tuoi fatti, le tue difficoltà, la racconti sempre in modo così, un po’ caotico, non dici le cose come stanno, perché se tu avessi luce sulla tua storia e potessi raccontarla come un insieme comprensibile, tu stesso troveresti le soluzioni ai tuoi problemi o comunque il modo per affrontarli. Siccome invece fai una collezione di lamentele, di paure, di cose, allora non riesci a vedere che tracciato c’è scritto su queste pagine della tua vita e anche quando ti riferisci a Dio, poi alla fine non lo sai cosa chiedergli. Pensa invece che venga, nel bel mezzo di questo caos che qualche volta vivi, qualcuno che metta insieme cose e cose, quei momenti belli in cui ti senti veramente legato a Dio e capace di affrontare la storia, insieme a quelli in cui invece soccombi, tanto la nostra vita è così per tutti. A volte, diceva uno, ti sembra di essere un grande uomo, poi devi ricominciare da zero, quelli che hanno la mia età sorridono perché si ricordano questo testo della canzone. È la storia di tutti, ma se uno infilasse, come le perle anche diverse tra loro, questa collana di fatti e di racconti, tu avresti in mano un oggetto prezioso, non una vita frammentaria. Ebbene questo è il Pastore, anzi dirà Isaia parlando del Pastore Buono, come di uno che porta le pecore madri piano piano, cioè ha cura di quegli aspetti dell’esistenza che fanno più fatica a seguire la legge di Dio e tu li conosci, sono alcune realtà della tua esistenza che resistono rispetto alla chiamata di Dio. E poi porta gli agnellini sul petto, pure quelli conosci, perché pure tu hai dei desideri che sono delicati, che sono belli, come gli agnellini che sono ancora piccoli che vorresti che si realizzassero. E che fa questo Pastore? Li schiaccia come fa questo mondo quando gli racconti una parte dei tuoi sentimenti? No, se li porta sul petto, cioè li porta con sé, cioè ne ha cura, come batte il suo petto, come batte il suo cuore, così batte d’amore per questi pensieri che tu porti e che hai incapacità di realizzare. È una bella cosa questa, ma cosa c’è dentro tutte queste immagini che abbiamo visto? Dice Gesù in questo brano, che lui conosce le sue pecore ed esse lo conoscono, è vero, lui conosce tutte queste parole che abbiamo detto, conosce i sentimenti che hai e pure le paure, ma pure i sentimenti e le tue paure conoscono la sua voce, tant’è che quando tu li lasci nella preghiera andare verso di lui, questi pensieri si organizzano e diventano credibili e diventano luminosi e tu cominci per la prima volta a sperare, sperare! Cioè ad attendere di essere esaudito. E Gesù dice anche qual è il motivo per cui .. dice: “Le mie pecore conoscono me così come il Padre conosce me ed io conosco il Padre e do la mia vita per le pecore”, cioè dentro questo fare del Pastore c’è un preciso comandamento del Padre e lo dice alla fine di questo brano: “Per questo il Padre mi ama, perché io do la vita ..” e poi: “Ho il potere di darla e di riprenderla, questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio”, tu ti devi immaginare, se ci riesci, entra insieme a me, entra insieme a me nella relazione Trinitaria e pensa che il Padre, che ha creato tutte le cose e che ha passione e amore per tutte le cose, non sto parlando per le cose buone solo, ma per tutte, per tutta la creazione anche per quella che noi abbiamo sventrato, pensa che il Padre nella Trinità guardi il Figlio, il progetto dell’esistenza di tutte le cose e dica al Figlio: “Vai, Io amo tutto e non voglio perdere niente” ed il Figlio dica: “Vado, anche Io amo tutto e non voglio perdere nulla di ciò che è tuo perché è anche mio” e lo Spirito poi segua tutta questa missione allora il Verbo si fa carne come un Pastore e va a lavorare in mezzo alle pecore per rimettere insieme tutte quelle parole e fare dei tuoi racconti e delle tue speranze un’offerta gradita a Dio. Qual è il miracolo? Te lo dice lo stesso Giovanni nella Lettera che abbiamo ascoltato e adesso la leggerò, tanto è piccola, proprio come se Giovanni le stesse dicendo a te: “Carissimi, vedete bene quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio”, non c’è nessuno qua e neanche fuori di qua, che si possa a buon diritto ritenere estraneo a Dio pure se fosse un peccatore, quello che tu giudichi, Dio non lo disdegna. “E lo siamo realmente” dice Giovanni, abbiamo lo Spirito di Dio, se abbiamo il suo Spirito siamo eredi di Dio, dice Paolo, coeredi di Cristo, coeredi della santità, per questo il mondo non ci conosce, perché non ha conosciuto lui, sappi che se porti questa speranza, la racconti al mondo, il mondo non la capisce, se ne va, non sa chi è l’ideatore di tutto questo, anzi lo maledice. E poi dice: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio”, per dire: “Ma che non ve ne siete accorti?”, ma non vi siete accorti che c’è in voi un desiderio di superare questa vita, di pensare alla vita eterna, ma che tu credi che pensare alla vita eterna sia un fatto della nostra natura? No, la supera la natura, perché la natura non pensa alla vita eterna, organizza la vita, poi si ammala, invecchia e poi muore, lo sa, funziona così è la biologia. Eppure nonostante i ritmi stringenti di questa fisiologia nostra, rimane lo stesso un paradossale desiderio che tutto quello che possediamo possa ancora tornare ad essere oggetto del nostro amore per sempre. E dice ancora Giovanni: “Ma ciò che saremo ancora non è stato rivelato, sappiamo però ..”, qua fa appello al sentimento più profondo che hai, dice: “Sappiamo però che quando Egli, che è nel Verbo di Dio è diventato carne e si è manifestato per quello che è, allora noi addirittura saremo simili a lui lo vedremo così come Egli è” e saremo stupiti non nel vedere un essere bellissimo, altissimo e ancora lontano e diverso dalla nostra piccolezza, ma uno nel quale ci piacerà specchiarci, questo è l’oggetto della speranza! Non aspettare più mezzo metro quadro di paradiso come ricompensa di quelle quattro cose che hai fatto nella vita, spera invece di poterti specchiare in Gesù Cristo e di vedere che tu e Gesù Cristo siete simili, tutti noi siamo simili e quando ci scopriremo simili a lui tutti, ci guarderemo gli uni gli altri e ci stupiremo per esserci giudicati a vicenda, per quel motivo, per quella mancanza, per quella bruttura, per quel peccato, Egli ci ha amati tutti, riscattati tutti e tutti ci fa entrare in questa comunione altissima dalla quale peraltro Egli Stesso è proceduto per venire ad abitare in mezzo a noi. Abbi tutto lo Spirito che ti occorre per capire queste cose, non dubitare ma se dubiti non sospettare. Dubitare è lecito, sospettare no, sospettare viene dal maligno, apri piuttosto la tua mente e il tuo cuore alla conoscenza di queste parole e pure tu sarai un pastore che sa pascolare le pecore, le parole, i sentimenti, la vita di questo mondo e di questa generazione. Sia lodato Gesù Cristo.

La preghiera di Gesù // Musica Sacra
icon-downloadicon-download
  1. La preghiera di Gesù // Musica Sacra
  2. Isusova Molitva // Musica Sacra
  3. Preghiera di Gesù // Musica Sacra
  4. Agni Parthene // Musica Sacra
  5. Te Deum // Musica Sacra