II° Domenica di Quaresima

Anno Liturgico B
04 Marzo 2012

Questi è il Figlio mio, l’amato, ascoltatelo

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

PRIMA LETTURA – Dal libro della Gènesi (Gen 22,1-2.9.10-13.15-18)

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,31-34)

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

NELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE SI È MANIFESTATA IN PARTE LA FUTURA GLORIFICAZIONE DEL CORPO
Dal Trattato «Sulla Trasfigurazione del Signore» di Pietro di Blois

Colui che, pur rimanendo intatta la gloria della sua divinità, portava realmente la debolezza della nostra natura umana, ha potuto mostrare nella sua carne mortale la gloria della vera immortalità. E come dopo la risurrezione mostrò nel suo corpo glorificato le cicatrici delle piaghe, con la stessa potenza ha voluto mostrare nella sua carne ancora soggetta al dolore, la gloria della resurrezione.
Dunque, mentre era glorificato, conservava sempre la capacità di patire, egli che tra le debolezze della nostra natura mortale era assolutamente immortale. Ma non bisogna passare sotto silenzio che in questa trasfigurazione la futura gloria del corpo non apparve in misura completa, ma limitata. La glorificazione del corpo infatti consta di quattro qualità: la luminosità, l’agilità, la sottigliezza e l’immortalità. Qui il Signore apparve glorificato solo in quanto alla luminosità: dimostrò invece la futura sottigliezza dei corpi quando entrò dai discepoli a porte chiuse; l’agilità quando camminò sulle acque a piedi asciutti. «Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17,2). Mostrò cosi in sé quello splendore che avrebbe un giorno conferito ai giusti. Dice infatti la Scrittura: «1 giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13,43). E questo avverrà quando il Cristo «trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21). L’evangelista paragona il Sole di giustizia al sole materiale, tra gli elementi della creazione non vi era creatura che esprimesse in modo più significativo il Cristo, che con lo splendore della sua gloria supera talmente quello del sole e della luna quanto il Creatore deve superare la creatura. Se il trono di Cristo è paragonato al sole, come dice il Padre per mezzo del profeta: «il suo trono davanti a me, quanto il sole» (Sal 88,37), quanto più splendente del sole sarà il volto di chi siede. sul trono? E lui quel sole di cui dice il profeta: «Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna» (Is 60,19). Il suo splendore è al disopra di ogni splendore e bellezza!
È ciò che leggiamo nel profeta Isaia ispirato dallo Spirito Santo: «Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore degli eserciti regna sul monte Sion… e davanti ai suoi anziani sarà glorificato» (Is 24,23). Le vesti di Cristo sono i suoi fedeli che si rivestono di Cristo e sono da lui rivestiti, come afferma l’apostolo: «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27). Costoro, mondati da Cristo «mediante un lavacro di rigenerazione» (Tt 3,5), saranno più bianchi del candore delle nevi, come dice il salmista: «Lavami, e sarò più bianco della neve» (Sal 50, 9).

***
IL PADRE GLORIFICA IL FIGLIO
Dal Trattato «Sulla Trasfigurazione del Signore» di Pietro di Blois

«Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra» (Mt 17,5). Così l’Apostolo ricorda che «dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,20) Quindi, se consideriamo diligentemente ciò che apparve nella santa Trasfigurazione, conosceremo chiaramente che tutta la Santissima Trinità manifestò in essa la sua presenza.
Cristo infatti, essendo Dio da Dio, luce da luce, ben a ragione apparve avvolto nella luce, secondo ciò che è scritto: «Alla tua luce vediamo la luce» (Sal 35,10).
Lo Spirito Santo invece apparve nella nube, lui che un tempo trasse fuori dall’Egitto i figli d’Israele in una colonna di fuoco e li battezzò nella nube e nel mare; e perciò il Figlio risplende nella luce, mentre lo Spirito Santo avvolge con la sua ombra nella nube.
E perché tu sia certo che tutta la Trinità è qui presente, ecco che il Padre viene udito nella sua voce; venne infatti una voce dal cielo: «Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto» – io che in Adamo mi sono dispiaciuto – «Ascoltatelo» (Mt 17,5).
Questa è la parola di cui un giorno si servì Mosè, dicendo: «Dio susciterà un profeta di mezzo ai vostri fratelli: voi lo ascolterete come se fossi io. Se qualcuno non ascolterà le sue parole, sarà tolto via dal suo popolo» (cfr. Dt 18,18).
La profezia di Mosè circa il Figlio viene confermata dal Padre, di modo che la Scrittura concordi e tutti comprendano che là intendeva parlare del Cristo e non di un secondo Mosè. Cristo infatti spiega quello che di lui aveva detto Mosè quando dice: «Se credeste a Mosè, credereste anche a me: perché di me egli ha scritto» (Gv 5, 46).
Dice bene: «Il Figlio mio», non per adozione, ma per natura; non già nato nel tempo, ma coeterno; non di altra sostanza, ma consustanziale, amato da tutta l’eternità e prediletto in modo singolare. Di lui ha detto per mezzo del profeta: «ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio» (Is 42,1). Giustamente è chiamato diletto; di lui infatti la sposa dice nel libro dei Cantici : «Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me» (Ct 6,3).
Non c’è da meravigliarsi se viene prediletto dal Padre, lui che è l’Unigenito del Padre. Il Padre ama il Figlio, l’eterno il coeterno, il sommo ama l’eguale, l’amante colui che lo riama. Questo indica il Vangelo quando dice che il Padre glorifica il Figlio ed è glorificato dal Figlio (cfr. Gv 17,1.4-5). E perciò il Vangelo ricorda la mutua glorificazione tra il Padre e il Figlio, affinché il Figlio non sembri minore del Padre e perché non si creda che egli non abbia da se stesso la propria gloria, quasi fosse inglorioso.
Il Figlio chiede di essere glorificato con quella gloria che egli possedeva prima che il mondo fosse (cfr. Gv 17,5). Ciò significa che la gloria del Figlio non a quella del Padre, poiché come egli è uguale al Padre per la natura divina, così gli è coeterno nello splendore della gloria.

IL SACRIFICIO DI ABRAMO

Origene *

Abramo prese la legna dell’ olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono insieme (Gen. 22,6). Isacco porta lui stesso la legna per l’olocausto: per questo è figura di Cristo che portò egli stesso la croce (cfr. Gv. 19, 17). Eppure portare la legna per l’olocausto è compito del sacerdote. Cristo è dunque nello stesso tempo vittima e sacerdote. Questo è ciò che vuoi significare l’espressione: Poi proseguirono insieme. Infatti, mentre Abramo, che doveva compiere il sacrificio, porta il fuoco e il coltello, Isacco non cammina dietro a lui, ma accanto, dimostrando così di condividere col padre la funzione sacerdotale.
E la Scrittura continua: Isacco si rivolse a suo padre Abramo, e disse: Padre (Gen. 22, 7). E in quel momento la voce del figlio risuona come una tentazione. Prova a immaginare come sarà stato sconvolto il cuore del padre nell’udire la voce del figlio che sta per essere immolato. Infatti la fede di Abramo, sebbene lo portasse a una certa durezza di cuore, non gli impedì di rispondere con una parola affettuosa: Che c’è, figlio mio? E Isacco riprese: Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per il sacrificio? Abramo rispose: Dio si provvederà l’agnello per il sacrificio, figlio mio (Gen. 22, 8).
Questa risposta di Abramo, amorevole e insieme prudente, mi commuove. Non so che cosa vedesse in spirito, perché non parla in riferimento al presente, ma al futuro, quando dice: Dio stesso si provvederà l’agnello. Al figlio che l’interroga sul presente, risponde con l’intuizione del futuro. Il Signore infatti si era già provveduto una vittima nella persona di Cristo…
E Abramo – dice la Scrittura – stese la mano e afferrò n coltello per immolare suo figlio. – Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e disse: Abramo, Abramo! Ed egli rispose: Eccomi – E l’angelo disse: Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! adesso so che tu temi Dio (Gen. 22,10-12)… Facciamo un confronto con quel passo dell’apostolo in cui viene detto di Dio che non ha risparmiato n proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi (Rom. 8,32). Guarda con quale stupenda generosità Dio scende in gara con Q’li uomini: mentre Abramo ha offerto un figlio mortale, che di fatto non sarebbe morto, Dio ha consegnato per noi alla morte un Figlio immortale.
E Abramo alzò gli occhi e vide che c’era un ariete impigliato con le corna in un cespuglio (Gen. 22,13). Dicevamo prima che Isacco era figura di Cristo: ma Cristo sembra essere prefigurato anche nell’ariete. Vale la pena che cerchiamo di -comprendere come l’una e l’altra figura Isacco che non viene ucciso e l’ariete che lo è – si riferiscono entrambe a Cristo.
Cristo è il Verbo di Dio, ma il Verbo si è fatto carne (Gv. 1,14). C’è dunque in Cristo una natura che viene dall’alto, e una natura assunta dalla condizione umana, dal seno della Vergine. Ora, Cristo soffre, ma nella carne; si sottopone, alla morte, ma è la sua carne che la subisce, e di questo è figura l’ariete, come diceva anche Giovanni: Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (Gv. 1,29). Al contrario, il Verbo è rimasto nell’incorruttibilità: è lui il Cristo secondo lo spirito, e Isacco ne è l’immagine. Per questo egli è insieme vittima e sacerdote. Infatti, secondo lo spirito, Cristo offre al Padre la vittima e, secondo la carne, egli stesso viene offerto sull’altare della croce.

Trascrizione dell’Omelia

La quaresima, come la vita, non è un cammino doloroso, anche se molti aspetti ci inducono a pensare alla sofferenza, alla pena, alle difficoltà, soprattutto sperimentando la nostra debolezza. La quaresima, come la vita, è un luogo gioioso, che ha come principio, come origine, un disegno, un progetto, che è nel cuore di Dio e come finalità la possibilità di poterlo incontrare per poter stare sempre con Lui, trovando se stessi, in una dimensione di eternità e di compimento, che invece durante la vita non sperimentiamo.
Proprio durante questo cammino la Chiesa ci mette davanti alcune immagini, una delle più belle credo sia proprio quella della Trasfigurazione [Mc 9,2-10], che abbiamo sentito anche nel racconto degli altri evangelisti [Mt 17,1-9; Lc 9,28-36], ma quella di Marco è più scarna e diremmo anche un poco più vera, perché ci presenta i fatti come sono accaduti, ma nello stesso tempo i sentimenti come un po’ goffamente li hanno provati questi Apostoli, Giacomo, Giovanni e Pietro.
Si stanno recando su questo monte perché il Signore ha il desiderio di comunicare loro che stanno ripercorrendo un itinerario, lo stesso che Abramo aveva compiuto con il suo figlio, quando Dio gli aveva chiesto, come abbiamo ascoltato [Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18] nella prima Lettura, di sacrificarlo, di renderglielo. Si può immaginare con quale angoscia un padre, al quale è stato promesso che sarà padre di una moltitudine di popoli, porta il suo figlio, la sua unica speranza, al sacrificio.
Ricordate come si è svolto questo passaggio [Gn capp 17; 18,1-15; 22] e abbiamo visto stasera quale ne è lo scioglimento: al posto di Isacco viene sacrificato un capro. È la storia di Israele, sempre, tutte le volte che un figlio sta per essere sacrificato, qualcun altro si mette al suo posto. Questo per dire che Dio desidera tutto il cuore di ogni uomo, di ogni figlio del suo popolo e, allo stesso tempo, è disposto a dare tutto se stesso perché questo popolo si salvi.
Alla fine di questo cammino, di questo itinerario, c’è un monte dove, come dirà Isaia [Is 25,6], Dio vuole versare bevande autentiche, regalare un banchetto pieno di laute vivande, perché Israele possa scoprire a cosa Dio lo ha chiamato. E su questo monte della Trasfigurazione gli Apostoli rileggeranno, dopo la morte e resurrezione del Cristo, gli eventi, quello che veramente il Cristo voleva dire e quello che era accaduto.
Tuttavia, mentre si trovano lassù, quando vedono Gesù trasfigurarsi insieme a Mosè ed Elia che discorrono con lui, si sentono spaventati, a disagio. Pietro, investito dell’autorità dal Signore, usa questa espressione: Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Sembrerebbe una definizione dogmatica, sta dicendo il massimo di quello che poteva esprimere, invece, Marco, che ci racconta questo episodio, commenta l’espressione in questo modo: Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Pietro non sapeva cosa dire e se ne è uscito con un’espressione inadeguata rispetto a quanto stava accadendo. E, difatti, è un’espressione inadeguata ma, di fronte allo spavento dell’uomo che sale su questa montagna, nell’attesa di conoscere come la propria debolezza sarà veramente sposata dal Verbo, come la propria natura sarà finalmente riscattata dal Figlio di Dio, proprio in quel momento, una voce da una nube, segni della presenza dell’Altissimo, pronuncia queste parole: Questi è il mio figlio prediletto: ascoltatelo!
Come a dire a questi uomini e a tutte le generazioni: il modello della salvezza, così come è all’origine della creazione, è sempre il mio Figlio. Se vuoi conoscere come la tua vita verrà trasfigurata, come anche la tua morte lo sarà, guarda a questo modello, esamina cosa sta facendo, direbbe pedagogicamente Dio a questi uomini.
Cosa osservate? Cosa è davanti ai vostri occhi? Un prescelto, che sta parlando con Mosè e con Elia, a indicare un popolo che ho prediletto, che si sta lasciando informare dalla Torah e dai Profeti, sta crescendo in grazia e in verità, nutrendosi della Parola stessa che sgorga dal cuore di Dio.
Se vuoi entrare in questa Trasfigurazione, impara anche tu muovendoti in questi canali: l’ascolto, la conoscenza della Parola di Dio, non solo della Torah, rappresentata da Mosè, ma anche i Profeti, tutta la Sacra Scrittura, muoviti dentro questi binari, tenendo conto del fatto che Dio ti ascolterà e rimodellerà ogni sua offerta sulla tua capacità di ascoltarla.
Quando Giovanni l’Evangelista, testimone anche lui di questo episodio della Trasfigurazione, scriverà tutto quello che ha compreso dell’amore di Dio per gli uomini, comincerà dicendo che il Figlio di Dio ha voluto abitare in mezzo a noi costruendosi una tenda, attendandosi, venendo in mezzo a noi come in una tenda [Gv 1,14], come Dio aveva fatto con gli Israeliti durante il cammino dell’Esodo [Esodo dal capitolo 26], richiamando probabilmente nella sua memoria anche questo episodio. Quando il Figlio di Dio ci ha voluto mostrare quale fosse il piano dell’Altissimo, ci ha fatto vedere come Egli ha abitato in mezzo a noi, anche nel momento in cui si è trasfigurato davanti ai nostri occhi.
Questo episodio della Trasfigurazione, come dicono anche i commentatori e gli esegeti, è un incoraggiamento da parte del Figlio di Dio, un invito a non smarrirsi nel momento della prova, stanno andando incontro, come noi, alla passione e morte di Gesù, perché questi si ricordino cosa ha voluto mostrare loro, cosa Dio ha in serbo, mostra loro questo spettacolo meraviglioso.
Stai bene attento, perché questa logica riguarda anche te, che ti sei incamminato in questo itinerario, che stai avvicinando a questa santa montagna che la quaresima ti ripropone anche quest’anno. È la santa montagna dell’esito della tua esistenza, è quella che dice del tuo incontro definitivo con l’Eterno, è il luogo che Dio ha pensato nel tempo per te e quello in cui ti dichiara sin d’ora che sarà fedele, che non mancherà, non si nasconderà nel momento in cui dovrai incontrarlo.
È come se ti stesse dicendo: ti accompagno, ti offro una Parola, i significati adatti, ti metto nella condizione di potermi conoscere nel tempo perché tu un giorno possa anche incontrarmi. Non ti scandalizzare di questa incapacità che porti dentro.
Quando questi apostoli scendevano con Gesù dal monte della trasfigurazione Gesù intima loro di non parlarne con nessuno [Mc 9,10] prima della resurrezione. E questi se ne andarono mesti pensando cosa fosse la resurrezione.
Anche tu ti avvicini, a questa mensa ti viene offerta una speranza, ti viene fatto un annuncio e esci fuori da qui pensando: cosa sarà la trasfigurazione, cosa sarà la resurrezione, mi nutro di un pegno di vita eterna in questo convito nel quale la Chiesa mi accoglie, ma cosa significa che questa caparra comprerà, riscatterà la mia esistenza? Che vuol dire, concretamente, che non vedrò la morte, ma vedrò Dio faccia a faccia [1Cor 13,12]?
Allora, questa mestizia degli apostoli, che forse è anche un po’ la nostra, è in verità non solo un pegno di resurrezione, ma anche un’occasione per meditare tutta questa Parola dentro la nostra esistenza e poterla comprendere alla luce della predilezione di Dio, che ancora sta dicendo nei giorni della tua storia e della tua vita: questa esistenza che stai vivendo, con le sue difficoltà, le sue incomprensioni, le sue incongruenze, è proprio il figlio prediletto che io ho scelto per te, è proprio la vita che ho pensato per te, non ti scandalizzare, come io non mi scandalizzo dei tuoi peccati., solo, abbi fede, abbi pazienza, e conduci questa realtà con speranza fino al suo esito, quando ti verrò incontro, insieme agli angeli santi, per farti comprendere a quale profondità, a quale altezza, ti ho chiamato fin dall’eternità.
Viviamo dentro questa offerta, dentro questo tempo, dentro questo invito.
Possa questa quaresima portarti alla comprensione piena di questo mistero, possa tu già osservare nelle cose che ti stanno accadendo, molte delle quali sicuramente non sono secondo le tue aspettative, e riconoscervi sempre i passi dell’Onnipotente, la sua presenza, il suo annuncio e soprattutto la sua volontà di salvarti.

Sia Lodato Gesù Cristo

Preghiera dei fedeli

Padre Santo e Misericordioso,
hai messo coraggio nel nostro cuore quando ci hai detto che sul monte avresti provveduto, sacrificando il Tuo stesso Figlio per la nostra salvezza ed è anche grazie alla sua fedeltà e alla sua obbedienza che hai perdonato i nostri peccati, hai dimenticato la nostra fragilità umana.
In questo tempo in cui molte cose affollano la nostra mente, molti pensieri ci distraggono, molti dolori ci affannano, permetti, Padre Santo, che possiamo scorgere parte di quella gloria che ci hai promesso e, conquistati da questo amore, possiamo aderire totalmente alla tua volontà.

Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso per la Tua Chiesa,
anche essa mostra il suo volto povero e debole e allo stesso tempo trasfigurato dalla luce che rifulge sul volto del Cristo, che ama e celebra e ti annuncia ad ogni generazione. Sostieni la tua sposa in questo tempo, rinnovala, purificala, riempila di ogni grazia, possano gli uomini di ogni popolo, di ogni luogo, conoscere la salvezza.

Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso,
perché le prove che ci apprestiamo ad affrontare non ci tolgano la speranza di poterti incontrare e di poter stare sempre con te, trasfigura la nostra morte, attraverso la speranza.

Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso,
per tutti quelli che oppressi da molti mali, o abbandonati nella solitudine e nel dolore, stanno smettendo di fidarsi della Tua Grazia, del Tuo amore, così meraviglioso, degnati Padre Santo, di risollevarli dalla fossa della morte, che conoscano il Tuo volto e lodino il Tuo Nome.

Ti prego Padre Santo e Misericordioso,
per questi tuoi figli, riconoscano in ogni momento della loro esistenza la Tua Grazia, la Tua benevolenza, la Tua capacità di essere presente, il Tuo desiderio di raggiungere il loro cuore in ogni momento, possano davvero sperimentare la Tua Misericordia,
te lo chiedo per Cristo Nostro Signore

A conclusione:

Il canto di ringraziamento che abbiamo fatto insieme (Viva Christus, Viva Jesus), forse pregato silenziosamente, chiamava Gesù mio amato, mio sposo, mio diletto, il Nazareno, comprendendo tutti gli aspetti, dalla vita storica alla realtà salvifica, del Figlio di Dio, ma soprattutto in relazione al mio e al tuo desiderio di incontrarlo, abbiamo chiesto che viva questo desiderio in noi, che viva questa speranza in noi. Nella predilezione che Dio fa del Suo Figlio, abbiamo ricevuto questa promessa.

La preghiera di Gesù // Musica Sacra
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