III° Domenica di Quaresima

Anno Liturgico B
11 Marzo 2012

Gesù, il nuovo Tempio

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-25)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

PRIMA LETTURA – Dal libro dell’Èsodo (Es 20,1-17)

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

SECONDA LETTURA – Dalla 1a Lettera ai Corinzi (1Cor 1,22-25)

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

PERCHÉ GESÚ CACCIA I VENDITORI DAL TEMPIO
AGOSTINO, COMMENT. IN IOAN., 10, 4.6

“Ed essendo prossima la Pasqua dei giudei, Gesù salì a Gerusalemme”. L`evangelista racconta poi un altro fatto, così come se lo ricordava: “E trovò nel tempio venditori di buoi, di pecore e di colombe, e cambiavalute seduti al banco, e fatta una sferza di funicelle li cacciò tutti dal tempio con le pecore ed i buoi; e sparpagliò la moneta dei cambisti e rovesciò i loro banchi. E ai venditori di colombe intimò: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio una casa di traffico» (Gv2,13-16).
Che cosa abbiamo ascoltato, fratelli? Quel tempio era ancora una figura, e pur tuttavia da esso il Signore cacciò tutti coloro che erano venuti a fare i loro interessi, come a un mercato.
Che cosa vendevano costoro? Le vittime di cui gli uomini avevano bisogno per i sacrifici di quel tempo.
Sapete bene che i sacrifici rituali dati a quel popolo, e per la sua mentalità carnale e per il suo cuore ancora di pietra, erano tali che lo trattenessero dal precipitare nell`idolatria; e nel tempio questo popolo immolava i suoi sacrifici, buoi, pecore e colombe.
Lo sapete bene, perché lo avete letto. Non era, quindi, un gran peccato vendere nel tempio ciò che si acquistava per essere offerto nel tempio stesso; eppure, Gesù li cacciò. Che avrebbe fatto, il Signore, qualora avesse trovato nel tempio degli ubriachi, se cacciò coloro che vendevano ciò che era lecito e non era contro giustizia (infatti, è lecito vendere ciò che è lecito comprare), e se non tollerò che la casa della preghiera si trasformasse in un mercato? Se la casa di Dio non deve diventare un mercato, può diventare una taverna?…
Chi sono, poi, quelli che nel tempio vendono i buoi? Cerchiamo di capire nella figura il mistero racchiuso in questo fatto. Chi sono quelli che vendono le pecore e le colombe? Sono coloro che nella Chiesa cercano i loro interessi e non quelli di Cristo (cf. Fil 2,21).
Quelli che non vogliono essere redenti, considerano ogni cosa come roba d`acquisto: non vogliono essere acquistati, quel che vogliono è vendere. Eppure, niente di meglio, per loro, che essere redenti dal sangue di Cristo e giungere così alla pace di Cristo.
Del resto, a che serve acquistare, in questo mondo, beni temporali e transitori, siano il denaro siano i piaceri del ventre e della gola siano gli onori della lode umana?
Che altro sono, tutte queste cose, se non fumo e vento? E passano tutte, corrono via. Guai a chi si sarà attaccato alle cose che passano, perché insieme passerà anche lui. Non sono, tutte queste cose, un fiume precipite che corre al mare? Guai a chi vi cade dentro, perché sarà trascinato nel mare. Insomma, dobbiamo trattenere i nostri affetti da simili concupiscenze.

L’UOMO NELLA SUA TOTALITÀ È FORMATO DI CORPO, ANIMA E SPIRITO
ADV. HAER., 5, 6 DI IRENEO DI LIONE

Dio sarà glorificato nella sua creatura, conformata e modellata sul proprio Figlio, poiché per le mani del Padre – che sono il Figlio e lo Spirito – l’uomo nella sua interezza, e non in una sua parte sola, diventa simile a Dio. L’anima e lo Spirito costituiscono una parte dell’uomo, e non tutto l’uomo. L’uomo perfetto infatti risulta dalla compenetrazione e dall’unione dell’anima, che accoglie lo Spirito del Padre, con la carne, creata anch’essa ad immagine di Dio… La carne strutturata, da sola, non è l’uomo completo, ma solo il corpo dell’uomo, cioè una parte dell’uomo. Ma neppure l’anima da sola costituisce tutto l’uomo: è l’anima dell’uomo, cioè una sua parte. E neppure lo Spirito è l’uomo: si tratta appunto dello Spirito, non di tutto l’uomo. Solo la fusione, l’unione e l’integrazione di questi elementi costituisce l’uomo perfetto.
Per questo l’Apostolo, spiegando il suo pensiero, parlò dell’uomo redento, perfetto e spirituale, con queste parole, nella prima lettera ai Tessalonicesi: “Il Dio della pace santifichi voi e vi renda perfetti, serbando intatti e senza biasimo il vostro Spirito, l’anima e il corpo, per la venuta del Signore Gesù Cristo” (1Ts 5,23). Che motivo aveva di augurare la perfetta conservazione, per la venuta del Signore, appunto dell’anima, del corpo e dello Spirito, se non avesse saputo che l’intima unione di questi tre elementi altro non è che la loro salvezza? E perfetti sono appunto coloro che presentano questi tre elementi uniti, senza meritare rimprovero alcuno. Perfetti sono quindi quelli che hanno costantemente in sé lo Spirito, e custodiscono, evitando ogni biasimo, l’anima e il corpo, conservando la fede in Dio e osservando la giustizia verso il prossimo.
Perciò l’Apostolo ci dice anche che la creatura è tempio di Dio: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Chi profana il tempio di Dio sarà da lui sterminato: il tempio di Dio, che siete voi, è santo” (1Cor 3,16s). Evidentemente chiama tempio di Dio il corpo, in cui abita lo Spirito. Anche il Signore dice di se stesso: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò” (Gv 2,19). E non solo come templi, ma come templi di Cristo designa egli i nostri corpi, dicendo ai Corinti: “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di meretrice?” (1Cor 6,15)… Per questo ha detto: “Chi profana il tempio di Dio sarà sterminato da Dio” (1Cor 3,17). È dunque certamente una bestemmia dire che il tempio di Dio in cui abita lo Spirito del Padre, che le membra di Cristo non possono sperare redenzione alcuna, ma andranno senz’altro in perdizione. Che poi i nostri corpi risusciteranno non per la loro natura, ma per la potenza di Dio, egli lo dice ai Corinti: “Il corpo non è per la fornicazione, ma per il Signore, e il Signore per il corpo. Dio ha risuscitato il Signore e risusciterà noi pure con la sua potenza” (1Cor 6,13s) .

È SALUTARE LEGGERE LE SACRE SCRITTURE
(Giovanni Damasceno, Expos. fidei ortod. 4, 17)

Dice l`Apostolo: “Molte volte e in molti modi anticamente Dio parlò ai nostri padri per mezzo dei profeti; ma in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1s). Per mezzo dello Spirito Santo, dunque, hanno parlato la Legge, i profeti, gli evangelisti, gli apostoli, i pastori e i maestri. Perciò ogni Scrittura è ispirata da Dio ed è anche certamente utile (cf. 2Tm 3,16). È bello dunque e salutare indagare le divine Scritture. “Come un albero piantato lungo corsi d`acqua”, così anche l`anima, irrigata dalla Scrittura divina, cresce “e porta frutto alla sua stagione” (Sal 1,3), cioè la fede retta, ed è sempre adorna di foglie verdeggianti, cioè le opere gradite a Dio. Dalle Scritture sante infatti veniamo condotti alle azioni virtuose e alla contemplazione pura. Troviamo in esse lo stimolo a dogmi virtù e la dissuasione da ogni vizio. Se dunque impareremo con amore, impareremo molto: infatti,con la diligenza, la fatica e la grazia di Dio che dà tutto, tutto si ottiene, poiché “chi chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,10). Battiamo dunque a questo magnifico giardino delle Scritture, olezzante, soave, fiorente, che rallegra le nostre orecchie con il canto molteplice di uccelli spirituali, pieni di Dio, che tocca il nostro cuore, consolandolo se è triste, calmandolo se è irritato, riempiendolo di eterna letizia; che innalza il nostro pensiero sul dorso dorato, rutilante, nella divina colomba (cf. Sal 67,14), che con le sue ali raggianti ci porti al Figlio unigenito ed erede del padrone della vigna spirituale e per mezzo di lui al “Padre dei lumi” (Gc 1,17). Ma non battiamo fiaccamente bensì con ardore e costanza; e non stanchiamoci di battere. In questo modo ci sarà aperto. Se leggiamo una volta e due volte e non comprendiamo quello che leggiamo, non scoraggiamoci, ma persistiamo, riflettiamo, interroghiamo. È detto infatti: “Interroga tuo padre e te lo annuncerà, i tuoi vecchi e te lo diranno” (Dt 32,7). La scienza non è di tutti (cf. 1Cor 8,7). Attingiamo alla sorgente di questo giardino le acque perenni e purissime che zampillano nella vita eterna (cf. Gv 4,14). Ne godremo e ce ne delizieremo senza saziarcene: possiede una grazia inesauribile.

Trascrizione dell’Omelia

La Prima Lettura [Es 20, 1-17] di questa sera parlava del dono che Dio fa a Mosè della sintesi della Torah, dei cosiddetti “dieci comandamenti”, come li chiamiamo noi, le coordinate per sapere chi è Dio e per sapersi muovere dentro la relazione che ha inaugurato per gli uomini con il passaggio nel mare, con il cammino nel deserto, perché questi poi potessero abitare liberamente nella Terra loro promessa, perché compresa l’altezza, la profondità, la grandezza [Cfr Ef 3,18] del dono di grazia che Dio aveva preparato per loro, potessero vivere in questa Terra conoscendo sempre la loro identità, apprendendo la capacità di regolarsi nelle relazioni e, soprattutto, condividendo questo amore verso Dio nel culto insieme a tutto il popolo.
Le coordinate per vivere, appunto, e per farlo secondo Dio, quelle stesse che impedirebbero all’uomo di chiedersi: dove sono? Ma cosa accade? Perché mi trovo qui? Da che parte vado e perché? Domande che probabilmente non ti poni mai in questa logica e in questa sequenza, ma te le fai di fronte ai grandi eventi della tua vita, quando per qualche motivo qualcosa non va più secondo le tue aspettative.
Ti poni di fronte al problema della morte, per esempio, pensando: che cosa è la vita che debba poi risolversi nella morte? E che cosa sarebbe la morte come ultima parola sull’esistenza? Come posso orientarmi per capire per quale motivo ho vissuto e come posso continuare ad andare avanti nella speranza che questa realtà che mi viene incontro non sia per me l’ultima e definitiva parola e non abbia più nulla da sperare, nulla da contemplare, nulla da sentire, percepire e amare, così come ho fatto nel corso della mia esistenza?
Sono domande che oziosamente ci poniamo e oziosamente mettiamo da parte, non sapendo nemmeno cosa rispondere, nell’attesa che tutto questo, quand’anche dovesse accadere, sia molto lontano da questo tempo in cui ce lo chiediamo.
Eppure, è nella mente di Dio e nel Suo progetto dare all’uomo le chiavi per aprire non solo le porte del paradiso, ma anche quelle per aprire la relazione con Dio stesso, per potersi orientare dentro la storia, per non dover soccombere di fronte a quei fatti che nel corso degli eventi sono contraddittori rispetto alle speranze dell’uomo.
E poi, ecco questo Vangelo ascoltato [Gv 2,13-25], nel momento in cui Gesù entra nel Tempio e distrugge tutti i banchi dei cambiavalute. A noi piace molto questo brano, perché sembra tradurre qualcosa della nostra rabbia, del nostro eccesso di zelo, quasi quasi, giustificherebbe la possibilità di arrabbiarsi con qualcuno, quando le cose non sono come diciamo noi… L’atteggiamento che vive Gesù, questo rovesciamento dei banchi, vicino persino all’irascibilità nei confronti della struttura del Tempio, dice qualcosa di molto importante.
Cosa può aver mosso il cuore di Cristo fino al punto da agire in questo modo, così incomprensibile per noi che gli abbiamo sentito dire in un altro passo [Mt 11,29], in un altro momento della sua vita, vorrei che foste come me miti e umili di cuore. Che cosa è che ha rotto questo equilibrio, che lo ha portato addirittura ad essere fuori della mitezza che lui stesso ha indicato come prerogativa del suo temperamento, della sua natura, della sua stessa identità?
Questo accade quando Gesù si avvicina alla realtà del Tempio. È una casa di preghiera, non una casa dove si commerciano le cose. Come fai a capire cosa vuol dire che è una casa di preghiera, una casa dove si prega? Torniamo al Sinài, al luogo in cui Dio aveva dato i dieci comandamenti a Israele, al momento in cui Dio aveva detto: bene, ora, avvicinatevi con timore [Es 20,20; cfr anche Dt 28,58], perché quello che metto nelle vostre mani o lo trattate così come ve lo ho dato, e sarà la vostra vita, oppure impossessandovene, o maltrattandolo, o stravolgendolo, questo pensiero vi ucciderà, perché è dato per la vita, non può essere sprecato per la morte. Torniamo a quell’episodio, all’attesa di Mosè, di tutto il popolo che mormorava, che aveva difficoltà a comprendere cosa stesse realmente accadendo e riconosciamo nelle dieci parole di Dio, le coordinate della salvezza.
È come se Dio dicesse: quando ti avvicini a me, vorrei che lo facessi considerando che io sono il tuo Dio e che non ce n’è altri, non esistono altre logiche che possano salvarti. Semmai, le altre logiche sono tanto buone, quanto portano in sé qualcosa che mi appartiene, portano la verità, se in qualche modo lasciano entrare quello che è il mio pensiero sull’uomo. Se le espressioni che conosci non sono ancora quelle della fede, tuttavia, sono quelle del rispetto dell’altro, dell’attesa della manifestazione del bene che c’è in lui, del perdono e della misericordia, allora, ti stai muovendo dentro un modo di pensare che è quello di Dio. Forse ti deve essere ancora annunciato il senso profondo di tutto questo, ma ti muovi seguendo una legge che l’Altissimo comunque ha scritto dentro il tuo cuore. Molti popoli vivono in questa situazione, nella possibilità di praticare il bene, senza ancora conoscere fino in fondo la Sua misericordia.
Quando Gesù, dunque, entra nel Tempio trova il linguaggio dell’adorazione del Dio unico, del rispetto dell’altro, scambiati con il non desiderio e con la “impurezza” che l’uomo sta vivendo, trova in quello che sta accadendo intorno al Tempio, in questo mercimonio, un atteggiamento dell’anima che non può essere gradito a Dio.
A cosa si sta riferendo? È una questione di pecore, galline, se vendo quello o quell’altro? Pensi sia questo il mercato che si svolge nel tempio? Quella negoziazione è un modo di pensare la misericordia di Dio, è un modo di avvicinarsi al Signore della gratuità con desiderio di fare un mercimonio, uno scambio: ti do questo, tu che mi dai? Ti do tutte queste devozioni, tu cosa mi dai? Mi metto a fare queste cose, tu, dopo, cosa fai? Sarò fedele a tutte le preghiere che ho detto, e tu, poi, mi salverai?
Guarda un po’ se questo mercato non è lo stesso che facciamo noi. Guarda un po’ se questo atteggiamento non è lo stesso che abbiamo nel cuore? Ritenere Dio come uno che fa con noi come farebbe al mercato quello della frutta e verdura… Questo modo di agire, secondo te, tiene conto delle necessità del tuo fratello? Prende in considerazione l’esigenza di perdonare quelli che ti hanno fatto del male? È un atteggiamento di gratuità, o di fede che salva solo me, che serve a me, e che mette solo me in relazione a Dio?
Dovremmo domandarcelo perché, se cominciamo a farlo ora e a riformulare il nostro rapporto con Dio, possiamo avvicinarci sia all’incontro con Lui nella celebrazione della Pasqua, all’accoglienza del dono di grazia che veramente vuole farci con la Resurrezione e, dall’altra parte, anche a quell’appuntamento che comunque ci sta aspettando, che è il passaggio da questa vita a quella divina.
È una gloria che ci è posta davanti agli occhi, è una realtà eterna che ci è chiesto di contemplare e non un mercanteggiamento di benessere, di paure, come facciamo un po’ nelle nostre devozioni. Non facciamo preghiere per comprarci la misericordia di Dio, fissiamo il volto del Figlio di Dio per avere una porta attraverso la quale entrare nella contemplazione della Sua misericordia, una soglia attraverso la quale entrare per vedere cosa ha pensato Dio sin dall’eternità, perché ci ha dato questa legge, perché questa storia, perché ci ha fatto passare attraverso questi mali, che pure abbiamo conosciuto, queste solitudini, questi abbandoni, queste difficoltà dell’esistenza, questi dolori. Tutti quanti noi li abbiamo sperimentati. Perché non ci è facile condividere il dolore? Perché troviamo il cuore chiuso degli altri quando siamo nel dolore noi e lo serriamo quando sono nel dolore gli altri? E perché non riusciamo a mettere insieme la speranza che muove il cuore di ciascuno di noi e in ogni tempo ci mette nelle condizioni di cercare Dio al di sopra di ogni cosa? Perché è così difficile condividere questo bene, che Dio pure ha voluto offrire a tutti?
Stiamo procedendo in questo cammino penitenziale, non per eliminare alcuni aspetti che non ci piacciono della nostra personalità e della nostra vita, ma per capire quali sono le logiche funzionali e quali sono quelle che non servono.
Possiamo senza paura mandare all’aria tutte quelle immagini che ci siamo fatti, rovesciare questi banchi sui quali abbiamo mercanteggiato con pseudo preghiere la salvezza, dicendo: Signore, ascolta tutte le mie preghiere, non stare a guardare quando poi esco di qui se faccio questo e faccio quello e dico questo e dico quello o odio questo o odio quello… non guardare tutto ciò, guarda solo l’apice del mio sentimento, non tutto il resto.
Come possiamo chiedere questo a Dio? Come possiamo pensare a un Dio che si fermi ad osservare solo l’ultima parte, quella più emergente, del nostro desiderio di salvezza, Egli che invece ci ha amati quando eravamo peccatori [Rm, 5,8], Egli che ha mandato il Suo Figlio a farsi come noi?
Lo stupore di quelli che hanno assistito a questi fatti è lo stesso che hai tu. Vuoi che te lo dica in modo che tu ci riconosca ben bene?
Costoro hanno affermato: ma cosa stai facendo, con quale autorità lo compi? E anche tu potresti ribadire: ma che stai dicendo? Con quale autorità asserisci quello che dici su Dio, la preghiera, il mercato? Gesù dichiara “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere [Gv 2,18]”. E io vi direi distruggete tutta quella realtà fatta di mercato che è stata la vostra fede fino ad ora, mandatela all’aria, tutte le immagini che vi siete fatti, buttatele via. Tu risponderesti: e dopo cosa ci rimane? Ho vissuto per tutta la vita facendo queste cose e ora mi cambi la mia devozione in un attimo?
Ti dico che se non fai morire questo uomo vecchio con le devozioni di prima, con le idee e le immagini di prima, che non ti davano la salvezza, non entrerai in un invito e in una logica che Dio vuole inaugurare e che ha la capacità di darti non solo la salvezza all’ultimo giorno, ma di farti sperimentare qui la Sua misericordia, la Sua attenzione per le tue cose, e anche la possibilità di operare dentro un clima e in un linguaggio di Grazia.
Tu potresti dire: è possibile che tutta la mia vita, tutti questi anni, debba perdersi e io possa rinascere [Gv3, 3-7]? Dillo in cuor tuo, dì se sei disposto farlo o rimani piuttosto attaccato alle cose che hai provato, sentito, letto o capito, non importa che non ti diano nulla, non importa che non ti abbiano ancora mostrato il volto di Dio, ma le tieni strette perché hai solo quelle. Accetta di poter uscire da te, accetta di poter entrare nei panni di Abramo che lascia la sua terra [Gn 25 e ss], nei panni di Isacco che tende le mani al padre perché lo sacrifichi, accetta di fare una lotta con te stesso come ha fatto Giacobbe, accetta di andare in croce per vedere morire quell’uomo vecchio che ti ha soffocato in tutti questi anni e pensi che Dio, che ha fatto le Pleiadi e Orione [Am 5,8], come dice la Scrittura, che ha fatto gli occhi alle mosche, che non servono a niente, ti pare che l’Onnipotente non abbia cura di te, che non ti mostri quello che tutti questi anni non ti hanno consegnato, che non ti faccia conoscere quale è la porta che ti permetta di entrare nella contemplazione eterna del suo mondo e non te la assicuri per sempre?
Possa Dio convincere il tuo cuore, sciogliere la tua resistenza e farti entrare in questo banchetto. Allora, facciamo la Pasqua insieme, celebriamo insieme questo dono, possiamo rinascere tutti come uomini nuovi e non avremo più paura della morte, non ci farà più spavento il dolore e potremo magnificare il Nome del Signore che è Santo e benedetto Egli sia.

Sia Lodato Gesù Cristo

Preghiera dei fedeli

Padre Santo e Misericordioso,
quando parlasti ai nostri padri in molti modi, attraverso i Profeti facesti conoscere ai tuoi figli quale era il progetto attraverso il quale li avresti chiamati alla salvezza, gli avresti dato la Terra promessa, gli avresti assicurato il Tuo favore per sempre, ma quando vedemmo il Tuo Figlio incarnarsi nella storia e dare la vita per la nostra salvezza, comprendemmo con quale amore ci avevi amati e a quale eternità ci stavi chiamando. Il peccato ha chiuso il nostro cuore alla speranza, l’ignoranza delle cose che riguardano la nostra vita ci ha fatto allontanare anche dalla possibilità di amare questo progetto, riformula per noi un invito nuovo, rimettici nelle condizioni di conoscerti e nel coraggio di seguirti, non permettere che niente più ci ostacoli in questa ricerca della tua volontà.

Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso per la Tua Chiesa,
mostri a tutti gli uomini la possibilità di rinascere, li aiuti ad affrontare con coraggio le situazioni della vita nelle quali sono chiamati a rinunciare alle cose che hanno conquistato con fatica e dolore e perché si aprano alla gratuità della Tua misericordia.

Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso,
per tutti quelli che in qualche modo ci ostacolano nel cammino verso di te. Non permettere che noi odiamo il nostro nemico, che lo giudichiamo, che gli chiudiamo il cuore, cambiaci o Signore, salvaci, noi e coloro che ci fanno del male.

Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso,
per tutti quelli che giunti alla soglia dell’appuntamento con Te tremano di paura per non aver compreso a cosa tu li hai invitati sin dalla loro nascita e attraverso il loro battesimo. Mostra loro la grandezza del Tuo disegno di salvezza, fa conoscere loro quello che tu hai preparato per ognuno dei tuoi figli, perché non si scoraggino mai, perché non perdano mai la speranza di poterti incontrare e di essere riscattati anche dalla morte.

Ti prego Padre Santo
per questi tuoi figli, esposti ogni giorno alla seduzione del maligno, al sospetto e al dubbio su ciò che è buono e vero, mettili al riparo dalle insidie del demonio, salvali dalle seduzioni del mondo, dà loro la possibilità di conoscere la Tua bellezza, di contemplarla e di condividerla tra loro,
te lo chiedo per Cristo Nostro Signore

La preghiera di Gesù // Musica Sacra
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