Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo;
dammi dell’acqua viva perché io non abbia più sete.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 17,1-9)
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
PRIMA LETTURA Dal libro dell’Èsodo (Es 17,3-7)
In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».
Salmo 94
R. Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R.
Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». R.
SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 5,1-2.5-8)
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
“Arrivò una donna di Samaria ad attingere acqua”
Dai «Trattati su Giovanni» di sant’Agostino, vescovo
(Trattato 15, 10-12. 16-17; CCL 36, 154-156)
«Arrivò intanto una donna» (Gv 4, 7): figura della Chiesa, non ancora giustificata, ma ormai sul punto di esserlo. È questo il tema della conversazione.
Viene senza sapere, trova Gesù che inizia il discorso con lei. Vediamo su che cosa, vediamo perché «Venne una donna di Samaria ad attingere acqua». I samaritani non appartenevano al popolo giudeo: erano infatti degli stranieri. È significativo il fatto che questa donna, la quale era figura della Chiesa, provenisse da un popolo straniero. La Chiesa infatti sarebbe venuta dai pagani, che, per i giudei, erano stranieri.
Riconosciamoci in lei, e in lei ringraziamo Dio per noi. Ella era una figura non la verità, perché anch’essa prima rappresentò la figura per diventare in seguito verità. Infatti credette in lui, che voleva fare di lei la nostra figura. «Venne, dunque, ad attingere acqua». Era semplicemente venuta ad attingere acqua, come sogliono fare uomini e donne.
«Le disse Gesù: Dammi da bere. I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani» (Gv 4, 7-9).
Vedete come erano stranieri tra di loro: i giudei non usavano neppure i recipienti dei samaritani. E siccome la donna portava con sé la brocca con cui attingere l’acqua, si meravigliò che un giudeo le domandasse da bere, cosa che i giudei non solevano mai fare. Colui però che domandava da bere, aveva sete della fede della samaritana.
Ascolta ora appunto chi è colui che domanda da bere. «Gesù le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4, 10).
Domanda da bere e promette di dissetare. È bisognoso come uno che aspetta di ricevere, e abbonda come chi è in grado di saziare. «Se tu conoscessi», dice, «il dono di Dio». Il dono di Dio è lo Spirito Santo. Ma Gesù parla alla donna in maniera ancora velata, e a poco a poco si apre una via al cuore di lei. Forse già la istruisce. Che c’è infatti di più dolce e di più affettuoso di questa esortazione: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva»?
Quale acqua, dunque, sta per darle, se non quella di cui è scritto: «È in te la sorgente della vita» (Sal 35, 10)? Infatti come potranno aver sete coloro che «Si saziano dell’abbondanza della tua casa»? (Sal 35, 9).
Prometteva una certa abbondanza e sazietà di Spirito Santo, ma quella non comprendeva ancora, e, non comprendendo, che cosa rispondeva? La donna gli dice: «Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Gv 4, 15). Il bisogno la costringeva alla fatica, ma la sua debolezza non vi si adattava volentieri. Oh! se avesse sentito: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò»! (Mt 11, 28). Infatti Gesù le diceva questo, perché non dovesse più faticare, ma la donna non capiva ancora.
Trascrizione dell’Omelia
In questo bellissimo e noto brano del Vangelo di Giovanni, ci sono tutti i motivi della salvezza che trovano nell’evento pasquale la luce capace di illuminare la ricerca di tutto il popolo di Dio, che vuole camminare sui sentieri del Signore. Andiamo a guadare insieme questo episodio, lo conoscete, l’episodio della samaritana, si parla di un’acqua da bere che Gesù promette sarà donata come una fonte che zampilla per la vita eterna, è una logica nuova, un modo di parlare nuovo, da dove era partita questa logica? Era partita dalla Prima Lettura l’avete ascoltata, tratta dal Libro dell’Esodo, racconta di Mosè quando è invitato da Dio a percuotere la roccia perché ne esca fuori l’’acqua che il popolo stava anelando nel suo cammino nel deserto. Dunque si mostra in questa immagine dell’Esodo un intervento da parte di Dio, Dio che ha liberato questo popolo vuole farsi conoscere, si fa conoscere in ordine alle richieste di questo popolo, la richiesta in questo momento impellente è l’acqua, Dio dona al popolo l’acqua per mano di Mosè e questo popolo sa che potrà contare sull’aiuto di Dio in tutto questo cammino fino a che non riuscirà a comprendere qual è la sua volontà. È un cammino, lo sappiamo, questo dell’Esodo che il popolo compie per arrivare alla Terra Promessa cioè per arrivare nel luogo in cui può trarre per abitare in questa terra una vocazione, una identità è un non popolo finché cammina nel deserto diventa il popolo di Israele quando entra finalmente nella terra che Dio gli ha promesso. Allora l’acqua è come dire, il primo passaggio, la prima tappa, che rassicura questo popolo e gli fa conoscere che Dio è con lui, che gli vuole dare un nome, che lo vuole aiutare, che lo vuole insediare come proprietario della terra. Poi gli darà anche il pane, gli darà la carne, tutto ciò di cui ha bisogno perché questo popolo sappia che Dio vuole rimanere con lui. Ma al culmine della rivelazione Dio parla, come dice la Lettera agli Ebrei: “Dio che in molti modi ha parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti parla a noi di nuovo e per sempre attraverso il suo Figlio, che è impronta della sua sostanza e splendore della sua gloria”, come dire: “Tutta la rivelazione di Dio noi la conosciamo attraverso il Figlio”, chi aspetta il Figlio si aspetta che nasca un modo di credere nuovo, un modo di pensare nuovo, una proprietà della terra nuova cioè un’identità nuova; chi sta spettando il Figlio sta aspettando anche un culto nuovo cioè una relazione nuova con il Padre, non più una relazione legata alle richieste “io ho bisogno di acqua, ho bisogno di pane, mi serve questo, mi serve quello” come un po’ facevano anche i pagani ma una relazione che dia la certezza all’uomo di parlare con Dio “faccia a faccia” come parlava Mosè (Es 33,11) una relazione libera, una relazione qui ed ora, allora qua nella predicazione di Giovanni in questo bellissimo Vangelo della samaritana, trova la sua collocazione. Innanzitutto chi sono i personaggi, Gesù e la samaritana una donna facente parte di un popolo che si era reso inviso da tutto Israele perché nel momento della deportazione di Israele a Babilonia questi si erano presi un po’ tutto il culto di Israele, l’avevano spostato da Gerusalemme e se lo stavano facendo in casa propria sul monte Garizim in Samaria, come dire si erano appropriati dell’identità di tutto un popolo come se fosse solo la loro, erano degli usurpatori, in questo modo erano considerati dai giudei un po’ pagani, ormai avevano quasi, quasi apostatato si erano allontanati dalla vera fede e dal vero culto, dunque la samaritana è un personaggio che rappresenta questo popolo fedifrago. Si incontrano al pozzo, si incontrano in un’oasi, si incontrano in un luogo dove Dio dà appuntamento al suo popolo dove vuole dissetare il suo popolo e qua succede qualcosa che nessuno si aspettava, innanzitutto che un uomo si metta a parlare con una donna, che quest’uomo sia un giudeo e lei sia samaritana, che lei si sia allontanata dalla conoscenza del Dio di Israele e questi invece si presenti addirittura come il Messia promesso dal Dio di Israele, dunque una scena paradossale apparentemente descritta in un incontro quasi casuale tra un uomo e una donna presso un pozzo e che succede? Comincia questo dialogo, avete ascoltato no? Gesù dice alla donna: “Dammi da bere”, è come se le stesse dicendo: “Fammi entrare”, come se stesse bussando alla porta del cuore di questa donna per dirle: “Io voglio venirti a dire qualcosa che tu non hai mai pensato, non hai mai neanche atteso, sto venendo a parlarti un linguaggio nuovo” e la donna si meraviglia dice: “Ma come è possibile che un uomo parli con me e che tu sia addirittura un giudeo ormai tanto tempo è passato da quando questi due popoli non si parlano”, allora Gesù le fa questa osservazione: “Ma se tu sapessi che cosa io sto per dirti e per darti”, questa è una cosa importante: “Io ti dico e mentre ti dico ti do, io parlo e mentre parlo creo una cosa nuova per te che abbia la capacità, in questo caso, di dissetarti, se tu sapessi qual è il dono di Dio e chi è che ti sta offrendo questo, tu stessa gliene chiederesti e allora io ti darei una sorgente che zampilla, non avresti più bisogno di tornare al pozzo”, la donna lo capisce: “Allora se è così, se io ho quest’acqua non ho più bisogno di tornare al pozzo”, che vuol dire questo? Che se l’acqua è sempre con me io non mi devo più muovere per fare qualcosa di necessario, alla luce di quello che tra poco accadrà noi capiremo di che cosa si sta parlando, non certo dell’acqua da bere ma di qualcosa di più importante. Allora Gesù le dice: “Chi beve di quest’acqua avrà di nuovo sete, io ti do un acqua che ha la capacità di zampillare per la vita eterna”, la donna dopo aver fatto questa richiesta: “Allora dammi di quest’acqua”, subito si sente dire: “Vai a chiamare tuo marito”, è raggiunta nella sua identità, che cosa è successo? “Vai a chiamare tuo marito” e lei risponde: “In verità non ho marito” e Gesù le dice: “E’ vero hai avuto cinque mariti e quello con cui stai non è tuo marito”, sta dicendo il Signore: “Hai avuto come tutta Israele l’eredità di cinque rotoli della Torah, tutta la sapienza di Dio che tutto Israele serve, ama, adora e mette in pratica, ce l’hai avuti questi cinque mariti, la Torah poteva darti la dignità che Dio ti aveva promesso ma tu l’hai adulterata questa identità e adesso stai con un culto che fai qua in Samaria, che non è tuo marito cioè che non ha la capacità di darti questa dignità”, sta parlando alla samaritana proprio come ad una donna pagana, capisci? Sta dicendo a te: “Guarda, tu ce l’avevi tutta una sapienza che poteva aiutarti ma l’hai snobbata, quando hai visto la possibilità di fidarti della mentalità di questo mondo perché avevi paura di rimanere solo, di rimanere schiacciato, ci sei andato, hai venduto la tua eredità e la tua identità per andare da qualche altra parte, questa mentalità che hai adesso non è tuo marito, non ti dice chi sei, non ha la capacità di darti un’identità” e lei allora si sente colpita e pensa: “Ma allora quest’uomo chi è? Non è un uomo qualsiasi”, interessante no? Uno incontra una parola pensa di avere incontrato un significato poi si accorge dopo un po’ che va oltre il significato è un incontro personale, se è un incontro personale può cambiare il cuore dell’uomo. Allora va avanti, la donna capisce e dice: “Ma allora tu non sei un uomo, sei un profeta”, scende ancora più in profondità, “Sei un profeta”, cioè sei uno che ha la capacità di leggere la realtà secondo Dio come la vede Dio: “Allora dimmi, noi stiamo adorando qui, voi adorate là, dove bisogna adorare?”, qua c’è il passaggio che stavamo aspettando, la rivelazione totale e completa di Dio in Gesù Cristo, prima si adorava Dio nel tempio con un culto e con un tipo di adorazione mediata dai sacrifici di animali, Gesù sta dicendo a questa donna: “D’ora in poi non si adorerà più né qua né là, sebbene la salvezza viene dai giudei ma in spirito e verità”, le sta dicendo: “Guarda che quella fonte di acqua viva che ti può dissetare senza farti spostare da casa fino qua, vuol dire che tu puoi non andare più al tempio, puoi non andare più a quel culto, quel culto seguirà te, cioè Dio sarà con te come in un tempio e tu potrai”, lo facciamo anche rileggendo San Paolo (1Cor 3,16-17; 1Cor 6,19) “potrai adorare Dio nel tuo tempio in spirito e verità cioè con tutto te stesso in qualsiasi momento con tutto ciò che ti appartiene”. Il culto dentro la tua vita è una fontana che zampilla per la vita eterna se tu fai questo culto nella tua vita dice San Paolo: “Offrite i vostri corpi come sacrificio spirituale gradito a Dio” (Rm 12,1) che vuol dire: “Fate della vostra storia un tempio, un luogo dove gli altri possono entrare, possono conoscere Dio e non le mormorazioni, non l’odio e non le stupidità della vita ma possano dentro la vostra vita individuare la relazione con Dio, entrarci partecipare con Lui ed uscirne fuori rinnovati”, pensa un po’, se tu fossi il tempio di Dio come sei chiamato ad essere dal Battesimo, chiunque ti incontrasse ne uscirebbe fuori cambiato, chiunque parlasse con te saprebbe dove sta andando, chiunque pregasse con te avrebbe la certezza di aver pregato davanti all’Altissimo e la grazia di Dio, il favore di Dio, sarebbe una moneta che tutti quanti noi potremmo usare, tutti ne saremmo ricchi e ne abbonderemmo se noi accettassimo di essere il tempio di Dio cioè se uscissimo fuori da quel paganesimo larvato che è in noi ed entrassimo in un culto autentico dove Dio parla al nostro cuore per mezzo del suo Spirito e ci rifà persone nuove sempre, capaci di Lui, capaci di accoglierlo e di contenerlo dentro la propria esistenza. Questo mette la donna davvero davanti ad una prospettiva nuova, allora subito corre a casa a dire: “Forse è arrivato il Messia perché se è cambiato il culto vuol dire che il Messia è in mezzo a noi” questa è una delle attese, anche nostra, noi aspettiamo che torni l’Agnello per celebrare un culto nuovo, questo ancora è un culto pieno certamente, l’Eucarestia, ma noi aspettiamo di celebrare un culto in un tempio che non ha bisogno di luce di lampada né di luce di sole perché Dio Stesso e l’Agnello lo illumineranno dice l’Apocalisse (Ap 22,5), una vita la nostra in cui finalmente Dio parla e si esprime, non un luogo asfittico dove andiamo a cercare la verità come a tentoni semmai arriviamo a trovarla benché non sia lontana poi da ciascuno di noi (At 17,27) ma una realtà dove è fruibile l’amore di Dio dove è sperimentabile la sua presenza veramente. Questa donna ritorna e dice a tutti: “Io ho visto questo” e tutti si mettono in moto, nel frattempo tornano gli apostoli, lo guardano, lo vedono, ormai è mezzogiorno passato e dicono: “Rabbi mangia” e Lui dice: “Ma, non avete compreso? Non avete compreso, io sto parlando di un culto nuovo”, ha appena finito di parlare con la donna, “sto parlando di un culto in cui tutto ciò che è da mangiare è la volontà di Dio”, la volontà di Dio non più pensata come qualcosa di astruso, di lontano, di incomprensibile, inconcepibile e soprattutto come credete tutti voi, di irrealizzabile, perché purtroppo siamo arrivati qua, noi pensiamo che la volontà di Dio non si possa realizzare, che realizzarla è un problema e probabilmente è un problema a nostro detrimento cioè che ci toglie qualcosa: “Sia fatta la tua volontà come in cielo … pure così in terra ma non sperticare troppo che noi abbiamo paura della tua volontà”, detta chiara, chiara, Gesù invece dice: “No, d’ora in poi siccome io sono in mezzo a voi, saremo sfamati da questa volontà di Dio, questo è il pane, è il cibo che io sto cercando” e poi l’apoteosi di questa esperienza, tutti vanno finalmente a cercare il Signore perché la samaritana gliel’ha detto, sapete che cosa vuol dire tradotto in caratteri nostri quotidiani di oggi attuali? Vuol dire che se tu puoi entrare in questo sacrificio veramente e torni a casa quando ti vedono trasformato e dissetato, sfamato, tutti desidereranno avvicinarsi al Signore e dopo ti diranno come hanno detto questi samaritani alla donna: “Noi prima credevamo perché ce l’avevi detto, adesso ne abbiamo fatto l’esperienza”, allora che cosa desumi da tutto questo? Tu che ti stai avviando per celebrare la Pasqua cioè il passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, il passaggio dalla mentalità di schiavitù alla mentalità di libertà, dal tempo in cui avevi bisogno di tutto al tempo in cui sei tu a dare tutto a tutti, che cosa mutui da questo linguaggio? La fiducia di poter ottenere questa grazia da Dio, la fiducia cioè che Dio veramente possa abitare la tua esistenza, possa manifestarsi come un’eterna epifania dentro la tua vita e tutti ne possano godere e tutti lo possano capire, dunque di chi stiamo parlando? Stiamo parlando di un uomo finalmente riconciliato, di un uomo che siccome ha conosciuto Dio non gli manca qualcosa ma ha qualcosa di più, di un uomo che diventa un porto per tutti (Sal 107,30), un albero in cui gli uccelli vengono a fare il nido (Sal 104,17; Lc 13,19), un luogo accogliente nel quale non si mormora, non si dicono bestialità, dove la fiducia in Dio è una realtà che si tocca con mano, un uomo in cui la vita eterna è veramente una realtà credibile, questa è la nostra vocazione non è un optional, noi diciamo: “I più bravi lo faranno poi gli altri si accontenteranno di quelle quattro cose”, no! questo non è un optional questo è una vocazione che è legata alla nostra vita dal Battesimo e che sta aspettando, per i più vecchi da tanti anni, sta aspettando di poter essere attuata, di poter essere manifestata, resa visibile al mondo intero e questo è quello che noi crediamo, il resto, tutte le cose buone, tutte quelle gentilezze, quelli sono orpelli non è cristianesimo, il cristianesimo è questo e possa questa Quaresima e questa Pasqua portarti a questa consapevolezza e farti abitare questo dono di grazia per sempre.
Sia lodato Gesù Cristo.