Pasqua 2012
LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
PRIMA LETTURA – Dagli Atti degli Apostoli (At 10, 34a.37-43)
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési (Col 3, 1-4)
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare
OMELIA PER LA SANTA RISURREZIONE DEL NOSTRO SALVATORE
Dal beato Giovanni da Beirut, Hom. in Pascha
Il pio coro delle donne amiche di Dio custodiva un legame d`amore con il sepolcro del Maestro,esse attendevano di veder risplendere di bel nuovo la Vita che sarebbe uscita da un “sepolcro tagliato nella roccia” (Lc 23,53). A queste donne in lacrime (cf. Gv 20,11.13.15), due angeli luminosi (cf. Gv20,12; Lc 24,4) e abbaglianti come lampi di luce (cf. Lc 24,4), davano il lieto annuncio. Con il loro aspetto radioso e sorridente, mostravano che la Gioia del mondo era risuscitata, e rimproveravano le donne di pensare a torto che la Vita (cf.Gv 11,25; 14,6) potesse essere ancora nascosta nel sepolcro e di cercare colui che è vivo in mezzo ai morti (cf. Lc 24,5). Muovevano loro dei rimproveri e gridavano verso di loro: «”Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24,5). Fino a quando rimarrete così nell`errore, a piangere? Fino a quando riterrete morto colui che è vivo e dispensatore di vita? La Luce(cf.Gv 8,12; 1,4) è risorta, come aveva predetto, al terzo giorno (cf. Mt 27,63). Il sepolcro non ricopre più colui che aveva ricoperto la terra con il cielo (cf. Gen 1,6-8). Egli non è più avvolto dalle fasce (cf. Lc2,7-12); egli che con una sola parola ha sciolto i lacci della morte (cf. Gv 11,43-44). Andate via gioiose,correte ad annunciare agli apostoli la buona novella della Risurrezione». Queste donne dunque, portate per il loro sesso al pessimismo e tuttora affezionate, per l`amore che portavano a Dio, eccole consolate da un messaggio tanto importante, trasmesso loro da angeli, e bastante a rasserenarle dal loro sconforto. Peraltro, oggi, i pastori della grazia annunciano la buona novella alle chiese del Crocifisso sparse su tutta la terra, servendosi delle parole sacre di Paolo, con le quali anch`io, a mia volta, grido a voi nella letizia:”Cristo è risuscitato dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati nella morte” (1Cor 15,20). A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
LA VITA DEL CRISTIANO DEVE ESSERE UNA FESTA ININTERROTTA
Origene, Contro Celso, 8,21-24
«Una festa», come dice bene un sapiente greco [Tucidide], «non è altro che compiere il proprio dovere (verso la divinità)». E davvero celebra una festa colui che compie questo suo dovere: pregando sempre, offrendo incessantemente alla divinità nelle proprie preci, vittime incruente. Per questo mi sembra magnifico ciò che dice Paolo: Voi osservate i giorni, i mesi, le stagioni e gli anni! Temo di aver lavorato invano fra di voi (Gal 4,10-11).Se poi qualcuno obietta a ciò che anche noi abbiamo i nostri giorni del Signore e di vigilia, e Pasqua e Pentecoste, gli si deve rispondere che il perfetto cristiano, il quale nelle parole, nelle opere e nei pensieri è sempre unito al Logos di Dio, per sua natura Signore, vive sempre nei suoi giorni, celebra quotidianamente il giorno del Signore. Chi poi si prepara incessantemente alla vita vera, si astiene dai piaceri della vita che ingannano i più, e non alimenta le mire della carne, ma castiga il suo corpo e lo tiene in schiavitù (cf. 1Cor 9,27), celebra incessantemente vigilia. E anche chi ha riconosciuto che Cristo,nostra Pasqua, si è immolato (cf. 1Cor 5,7) e che deve celebrarne la festa mangiando la carne del Logos,costui non cessa mai di celebrare la Pasqua, che significa passaggio: passa incessantemente, infatti, in tutti i pensieri, in tutte le parole e in tutte le opere, dalle faccende di questa vita a Dio, affrettandosi verso la sua città. Oltre a ciò chi può dire in verità: Insieme con Cristo siamo risorti (Col 3,1), e anche: Insieme ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo (Ef 2,6), vive incessantemente nei giorni di Pentecoste; e tanto più se, entrando nel cenacolo come gli apostoli di Gesù, si dedica alla preghiera e all`orazione, per rendersi degno del soffio potente che viene dal cielo, soffio che annienta col suo vigore la malizia degli uomini e ciò che ne deriva; e degno anche di partecipare alle lingue di fuoco che scendono da Dio. Ma la massa di coloro che sembrano aver la fede e che non vogliono o non possono celebrare in questo modo tutti i giorni, hanno bisogno, per tener viva la memoria, di commemorazioni sensibili, per non scadere del tutto. Ritengo che a ciò pensasse Paolo, chiamando «parte della festa» (cf. Col 2,16) la celebrazione ricorrente in giorni stabiliti diversi dagli altri: alludeva, esprimendosi in questo modo, che la vita condotta sempre secondo il Logos divino non è parte di una festa, ma è una festa completa e incessante. Considera dunque nuovamente da ciò che abbiamo detto sulle nostre feste e paragonandole con le feste celebrate dai pagani e da Celso, se non siano molto più sante delle pubbliche celebrazioni, in cui sono le mire della carne che fanno festa e insolentiscono, volgendosi all`ubriachezza e alla licenziosità. Sarebbe ora lungo dire perché le feste, celebrate secondo la legge di Dio, ci insegnano a mangiare il pane di afflizione (Dt 16,3), o a cibarci di pani azzimi con erbe selvatiche (Es 12,8), o perché sia detto: Umiliate le vostre anime (Lv 16,29), e altre espressioni simili. Non è possibile infatti che tutto quanto l`uomo, in cui la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito contrari alla carne (Gal 5,17), possa far festa con tutto il suo essere. Se qualcuno fa festa nello spirito affligge il corpo che, per natura sua e le sue mire carnali, non può far festa insieme con lo spirito; e chi fa festa secondo la carne non può celebrare certo la festa dello spirito.
LA NOSTRA PASQUA È CRISTO
Melitone di Sardi, Sulla Pasqua, 2-6.39-40.100-103
Il mistero della Pasqua è nuovo e antico, senza tempo e nel tempo, corruttibile e incorruttibile,mortale e immortale. Antico secondo la legge, ma nuovo secondo la Parola; nel tempo secondo la figura,eterno secondo la grazia. Corruttibile per l`uccisione dell`agnello, incorruttibile per la vita del Signore;mortale per la sepoltura nella terra, immortale per la risurrezione dai morti. Antica è la legge, ma nuova è la Parola; nel tempo è la figura, eterna è la grazia. Corruttibile è l`agnello, incorruttibile è il Signore:immolato come agnello, risorto come Dio. Perché come una pecora è stato condotto al macello (Is 53,7) ;ma non era una pecora; come un agnello senza voce (At 8,32), ma non era un agnello. Il simbolo è passato e la realtà si è svelata. Al posto di un agnello è venuto Dio, al posto di una pecora un uomo: e in quest`uomo, Cristo che contiene tutto in sé. E dunque, il sacrificio dell`agnello e la celebrazione della Pasqua e la lettera della Legge sono contenute nel Cristo Gesù, attraverso il quale sono accadute tutte le cose, nella Legge antica e più ancora nella Parola nuova…Infatti la salvezza del Signore e la verità sono state prefigurate nel popolo di Israele e le affermazioni del Vangelo preannunciate dalla Legge. Il popolo di Israele era dunque l`abbozzo di un disegno e la Legge la lettera di una parabola. Il Vangelo invece è spiegazione e pienezza della Legge, e la Chiesa il luogo che contiene la verità. L`immagine era dunque preziosa prima della realizzazione, e la parabola mirabile prima dell`interpretazione. In altre parole: il popolo d`Israele aveva un valore prima chela Chiesa sorgesse, e la legge era mirabile prima che il Vangelo diffondesse la sua luce. Ma quando sorse la Chiesa e fu annunziato il Vangelo, l`immagine divenne vana, perché trasmise la sua forza alla realtà; la Legge ebbe compimento, perché trasmise la sua forza al Vangelo…Il Signore si era rivestito dell`uomo. Aveva sofferto per chi soffriva, era stato legato per chi era tenuto prigioniero, condannato per chi era colpevole, sepolto per chi era nella tomba. E ora è risorto dai morti e ha gridato a gran voce: «Chi potrà citarmi in giudizio? Si faccia pure avanti! Sono io che ho scelto il condannato, io che ho ridato al morto la vita, io che ho risuscitato il sepolto. Chi mi può contraddire? Io- dice – sono il Cristo; io sono colui che ha distrutto la morte, trionfato sul nemico, calpestato l`inferno; io ho incatenato il potente e sollevato l`uomo verso l`alto dei cieli. Io – dice – sono il Cristo. Venite dunque voi tutte, famiglie degli uomini impastate di peccato, e ricevete il perdono dei peccati. Perché sono io il vostro perdono, io la Pasqua della salvezza, io l`agnello immolato per voi. Sono io il vostro riscatto, la vostra vita, la vostra risurrezione. Io la vostra luce, la vostra salvezza, il vostro re. Io vi conduco nell`alto dei cieli, io vi mostrerò il Padre immortale, io vi farò risorgere con la mia destra».
Trascrizione dell’Omelia
Quando nel Vangelo di Marco [Mc 9, 2-10 qui vv 9-10], Pietro, Giacomo e Giovanni salgono con Gesù sul monte Tabor e vedono il Figlio di Dio, il loro amico, trasfigurato, splendente come il sole, rimangono stupiti e chiedono informazioni a Gesù su questo aspetto così diverso della sua realtà, della sua predicazione e di tutta la sua identità; mentre stanno per tornare Gesù spiega loro che è meglio che non ne parlino con nessuno prima che Egli sia risorto dai morti e l’evangelista commenta dicendo: ma questi non sapevano neanche cosa volesse dire resurrezione dei morti.
È interessante questo, perché il problema che ci riguarda quando celebriamo la Pasqua non è la resurrezione. Vi sembrerà un paradosso. Certamente oggi è il giorno della resurrezione, ma non siamo chiamati oggi a ricevere l’annuncio della resurrezione, bensì ad essere incontrati da un fatto che accade a Cristo, nostro salvatore, risorto dai morti. Siamo invitati ad entrare anche noi in qualche modo dentro questa tomba vuota, non solo per constatarne l’assenza del corpo del Nostro Signore, ma per metterci davanti ad una difficoltà che ci riguarda individualmente, che ha a che fare con la nostra vita, la nostra speranza, anche la nostra immagine sulla vita eterna, non la tematica della resurrezione.
Se l’annuncio di Gesù Cristo fosse la problematica della resurrezione, penso che l’avrebbe insegnata in una università al suo tempo. Non è questo.
D’altronde, questa generazione, i nostri amici, quando si confrontano con la resurrezione, non sanno cosa dire, cominciano a farfugliare: beh, ma la resurrezione… come è possibile…. Biologicamente, il corpo, la carne, come fa a risorgere…, devono credere a un miracolo.
La resurrezione non è propriamente un miracolo, non è come trasformare l’acqua in vino, non è questo, è la conseguenza di una realtà esistenziale del Figlio di Dio, una realtà che lo riguarda tanto quanto può riguardare noi.
Mi spiego meglio. Se Giovanni [Gv 20, 1-9] avesse voluto parlare della resurrezione, avrebbe fatto un piccolo trattatello su quello che vuol dire sperare di vivere dopo la morte e poi entrare in questa speranza definitivamente. Invece, cosa fa, lui come anche gli altri evangelisti? Si mette a raccontare un episodio davanti al quale tu pensi: perché lo narra così, non era meglio se riportava qualcosa di più glorioso? Parla di una donna che arriva al sepolcro di buon mattino e trova la tomba scoperchiata… Che ci interessa questo particolare, come quando non entra, ma comprende che non c’è nessuno e torna da Pietro…
Ma come, non ha ancora capito niente? Gesù glielo aveva detto, lo aveva comunicato a tutti che sarebbe risorto, lo ha detto anche a noi, durante tutto l’anno liturgico, che sarebbe morto e sarebbe risorto. Perché questa donna torna da Pietro e dichiara: non abbiamo trovato il Signore e non sappiamo dove lo hanno posto. Che parola è questa?
Noi cosa avremmo affermato: no, Maria, ti sbagli, è risorto, leggi i Vangeli, tutti lo dicono… Anche lui lo ha ripetuto sempre che sarebbe morto e risorto il terzo giorno, come hai fatto a non capire?
E anche Pietro e Giacomo che si meravigliano e chiedono, come non c’è? E come mai? Si mettono a correre anche loro per vedere se è vero. Giovanni arriva per primo, ma non entra, lo fa Pietro, che trova le bande piegate e tornano a casa tutti spaventati. Ancora non hanno capito?
Perché l’evangelista Giovanni ci racconta questa vicenda sconcertante, fatta di particolari contraddittori? Immaginate raccontare la speranza di un cristiano sulla resurrezione così: pensa, prima si è ammalato, poi è entrato in ospedale, poi aveva paura, poi è successo quello, poi quell’altro… chissà…
Questo è il nostro problema. Abbiamo ascoltato questo brano, eppure, fino all’ultimo, siamo stati là a dire, più di questi discepoli: ma alla fine, è risorto o non è risorto? E cosa vuol dire che è risorto, e ancora di più: io risorgerò? Questa resurrezione riguarda anche me? La tematica della resurrezione non la so affrontare, non so cosa voglia dire, ma il fatto che quest’uomo sia resuscitato riguarda la mia speranza, ha a che vedere con il io dolore? Interessa la mia vita concretamente?
Dove andremo a cercare tutto questo, allora, nel fatto della resurrezione? No. La andremo a cercare là dove costui si è avvicinato alla nostra vita, tentando di tradurre continuamente quello che ha visto nel cuore del Padre, ciò che ha scrutato nella mente di Dio, nella lingua degli uomini che potevano ascoltarlo. Dobbiamo contemplare, per giungere alla fede della resurrezione, questa passione Dio, questa passione del Suo Figlio, che lo porta a prendere la nostra carne e a camminarci accanto, ad abitare le nostre situazioni, ad entrare nei nostri paradossi, ad esempio, nella nostra costante paura di rimanere soli, di non essere amati, o di non riuscire ad amare, nella nostra paura della malattia e della morte.
Dobbiamo credere che questo Figlio di Dio assuma così tanto su di sé queste paure da viverle.
Come facciamo a credere che un uomo ha vissuto le nostre angosce, se non le vediamo prima vivere nel corpo anche a lui? Dobbiamo vederlo “schiumare”, soffrire, dobbiamo vederlo essere riprovato dagli altri, scartato, maltrattato, sputato in faccia, disprezzato. Potremmo dire: ma questo lo abbiamo visto… Certo che lo abbiamo visto, quando abbiamo contemplato nei giorni passati questo sconcerto del Verbo fatto carne, sottoposto agli insulti e agli sputi, e lo abbiamo continuato a contemplare in tutte le epoche in cui questo volto sfigurato si è ripresentato davanti ai nostri occhi, lo abbiamo osservato in tutte le deportazioni, in tutti i genocidi e in tutti gli sfruttamenti e i maltrattamenti, fino a quelli che si consumano anche sotto casa nostra tutte le notti o nei luoghi dove sembra che la nostra fede non riesca ad entrare. Una fede chiamata a fare luce sulle nazioni, che non riesce a penetrare dove il cuore ottuso, chiuso, degli uomini sembra non voglia ascoltarlo, sentirlo, non se ne voglia interessare.
E noi là attoniti privi di ogni speranza, di ogni parola.
Quando però vediamo il Figlio di Dio soffrire e patire come noi la dimensione della carne, la difficoltà del limite, allora, ci convinciamo, come lo facciamo allorché vediamo il Figlio di Dio soffrire nel volto, nel cuore, delle persone negli ospedali, di quelli che sono uccisi e maltrattati ovunque.
Quando cominciamo ad accorgercene, come sicuramente sarà capitato ai santi che tanto amiamo, come sarà capitato a Madre Teresa, abbiamo visto nel volto degli altri qualcosa della passione di Dio per noi, ci siamo sforzati di entrare in un tipo di amore che non ci era possibile. Noi non riusciamo ad amare le cose brutte, non arriviamo a guardare con favore le cose che non si presentano bene, soprattutto la nostra generazione non ce la fa.
Dunque, abbiamo accompagnato il Figlio di Dio dentro la passione e la morte, abbiamo compreso che si è consegnato totalmente. D’ora in poi, iniziamo anche noi a credere che la nostra vita è legata alla sua. Non è più un Dio che non può soffrire, non è più una figura eterea, che guardiamo e veneriamo, ma non può compatire la nostra infermità, come dice la Lettera agli Ebrei [Eb 4,15], anzi, è uno che parla proprio il linguaggio della infermità e della sofferenza. Manca solo una cosa alla nostra comprensione, manca solo un elemento per entrare in questo dramma e per uscirne vittoriosi. Egli ha fatto l’esperienza che facciamo noi, quella della sofferenza, a noi manca ora di entrare nella sua speranza.
Come si fa a entrare nella speranza del Figlio di Dio? Possiamo rivestirci di speranza oltre ogni speranza, come direbbe San Paolo [Rm 4,18]? Possiamo inventarci un sentimento che ci tiri fuori dalla sofferenza e dal dolore? Abbiamo una sola possibilità: l’obbedienza alla sofferenza. Accettare di buon grado che la vita non sia eterna in questo tempo, che la vita non sia non destinata alla morte, possiamo accettare la caducità della nostra natura umana. Egli la ha assunta, anche noi la accogliamo per avere anche noi in sorte la sua realtà eterna.
Qui il problema non è più la resurrezione, ma la resuscitazione dalla morte di quel nostro amico che si è fatto come noi e ci ha convinti che il Padre farà a noi quello che ha fatto a lui, se aderiremo a questa obbedienza, se entreremo in questa sopraffazione.
È proprio qui che il diavolo insiste, è qui che ci separa dalla realtà di Dio, perché è qui che ci viene a dire: non puoi entrare in questa obbedienza, ti scandalizza, non puoi tendere le mani a Dio, si prenderà tutto, non puoi confidare totalmente in Lui, ti porterà via ogni bene.
La storia della salvezza ci ha insegnato che gli uomini e le donne coraggiosi, che hanno abitato questa capacità di rispondere, questa sofferenza oltre confine, e la hanno accettata di buon grado, costoro hanno saputo anche guardare in faccia il Volto di Cristo e sono entrati con Lui nella dimensione della vita eterna e nella speranza della Resurrezione. Quelli invece che resistono a questa legge sono costretti a inventarsi realtà fittizie, che non aggiungono una sola ora alla nostra vita, che non ci danno luce, che non ci fanno entrare nella speranza e, soprattutto, non salvano tutte quelle aspirazioni profonde, che invece costituiscono la nostra realtà umana.
Siamo fatti per Lui, non possiamo dimenticarlo e solo in questo adeguamento alla sua realtà, alla sua storia e alla sua obbedienza possiamo trovare il segreto della vita eterna.
Possa lo Spirito di Dio, in questo vespro mirabile della Pasqua, risplendere anche nella tomba vuota delle vostre speranze e delle mie, possa lo Spirito di Dio costruire la Chiesa su questa fede della Resurrezione del Cristo e accompagnarci tutti insieme all’incontro con Lui, nel giorno della sua vittoria finale.
Sia Lodato Gesù Cristo
Preghiera dei fedeli
Padre Santo e Misericordioso,
Tu ci hai mandato il Tuo Figlio a morire e a vivere per noi, perché fossimo raggiunti dal Tuo amore e potessimo comprendere la logica della vita eterna, alla quale siamo chiamati. Nel Battesimo ci hai fatti entrare in questa speranza e nel corso della nostra vita, attraverso i sacramenti, ci guidi, perché questa speranza si rinforzi, si salvi, si consolidi e ci apra la porta per l’esperienza della vita eterna. Padre Santo, vieni soccorso alla nostra debolezza, alla nostra incapacità di comprendere questo dono di Grazia.
Ti preghiamo Padre Santo per la Chiesa, la Tua Sposa,
l’hai scelta come luogo della salvezza, come grembo materno che genera costantemente figli, degnati, Padre Santo, di donare alla Tua Chiesa un linguaggio per questo tempo, apri la porta dei cuori e chiama vocazioni nuove.
Ti preghiamo Padre Santo e Misericordioso,
per tutti quelli che vivono nelle angustie e nella strettezza di cuore e per questo giudicano, calunniano, invidiano, disonorano. Ti affidiamo, Padre Santo, la sorte dei fratelli meno fortunati, quelli che non hanno sentito mai l’annuncio della salvezza e vivono schiavi del proprio peccato.
Ti preghiamo Padre Santo,
per quelli che in qualche modo ci hanno fatto del male, ti chiediamo di donarci la possibilità di perdonare e per loro la salvezza.
Padre Santo e Misericordioso
Ti prego per questi Tuoi figli, ascolta le loro preghiere, vieni incontro alle loro necessità, nella luce di questo vespro liberali dal maligno e dalle seduzioni del diavolo, mettili al riparo da ogni male
te lo chiedo per Cristo Nostro Signore