Ascensione del Signore

Anno Liturgico B
20 Maggio 2012

Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio

LETTURE: Vangelo, Prima lettura e Seconda lettura

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

PRIMA LETTURA – Dagli Atti degli Apostoli (At 1,1-11)

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

SECONDA LETTURA – Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni (Ef 4,1-13)

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

LA LETTURA DEI PADRI: per continuare a pregare

SIAMO ASSUNTI INSIEME CON CRISTO
S. Giovanni Crisostomo, Omelie

Di Dio e degli uomini si è fatta una sola stirpe. Per questa ragione Paolo dice: «Essendo noi dunque stirpe di Dio» (At 17,29). E in un altro passo ancora: «Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte» (1Cor 12,27); ossia per la natura umana da lui assunta e per lo Spirito Santo che è con noi sulla terra. Ti meravigli che lo Spirito sia contemporaneamente con noi e lassù, dal momento che anche il corpo di Cristo è in cielo ed è con noi? Il cielo ha avuto il suo santo corpo e la terra ha ricevuto il Santo Spirito; Cristo è venuto e ha portato lo Spirito Santo; Cristo è asceso e ha portato con sé il nostro corpo. O tremenda e stupenda economia! O gran Re, grande in tutto, veramente grande e ammirabile! Come dice il Profeta: «O Signore, no­stro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra! Sopra i cieli si innalza la tua magnificenza» (Sal 8,2). E elevata la divinità: «Fu elevato in alto sotto i loro occhi» (At 1, 9): lui, grande sotto ogni punto di vista, Dio grande e grande Signore. Ma è anche gran re: «Re grande su tutta la terra» (Sal 46,3). Grande profeta, gran sacerdote, grande luce, grande sotto ogni punto di vi­sta. E tuttavia, è grande non solo secondo la divinità, ma anche secondo l’umanità; come è grande Dio, Signore e re per la sua divinità, è anche gran sacerdote e grande profeta. Come mai? L’afferma Paolo: «Poiché dunque ab­biamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede» (Eb 4,14). Ma allora, se è sommo pontefice e grande profeta, Dio ha veramente visitato il suo popolo e ha suscitato un grande profeta in Israele. Perciò è anche la grande luce: «Il territorio dei Gentili, il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce» (Is 9,1). Abbiamo dunque in cielo il pegno della nostra vita: siamo stati assunti insieme con Cristo. È certo che saremo anche rapiti sulle nubi, se saremo trovati degni di andare incontro a lui sulle nubi. Il reo non va incontro al giudice, ma è fatto comparire davanti a lui, e non gli si presenta mai, com’è naturale, in quanto non si sente tranquillo. Perciò, carissimi, preghiamo tutti per poter essere tra quelli che gli andranno incontro, sia pure tra gli ultimi.
Non tutti infatti conduciamo lo stesso genere di vita, però «ciascuno riceve la sua mercede secondo il proprio lavoro» (1Cor 3,8). Mai dunque sia ostacolata la parola di Cristo; ma con verità abbiamo tutti fiducia nell’amore di Cristo, pascendo il popolo, dissetando le anime. E poiché, o fratelli, noi persuadiamo gli uomini con le parole, ma Dio ci vede come siamo, egli che esamina i pensieri e che chiederà conto a tutti quelli che dicono il falso, ci è testimone che noi non siamo mai stati nemici della pace: né abbiamo voluto esserlo, né lo vogliamo ora. Se infatti avessimo perduto la pace, saremmo nemici di coloro che udirono da Cristo: «Pace a voi» (Lc 24,16; Gv 20,19). Che vogliamo veramente la pace, la custodiamo e la desideriamo ardentemente, ne è testimone Colui che sa. Chi attende Dio come rimuneratore, non porterà a quel supremo tribunale nulla di cui debba purificarsi. Dio può dare la pace e renderla stabile, può decretare la pace tra predicatori e ascoltatori, tra maestri e discepoli, di modo che facendo tutto provenire dalla pace, camminando nella pace e in essa perseverando, facciamo risalire la gloria al Dio della pace: al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

PRIMO DISCORSO SULL`ASCENSIONE DEL SIGNORE
Leone Magno, Sermo 73 [60], 2-4

Carissimi, questi giorni intercorsi tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione non sono trascorsi nell`oziosità; grandi misteri vi hanno invece ricevuto conferma, e grandi verità sono state svelate. E in questi giorni che viene abolita la paura di una morte temuta e viene proclamata non solo l`immortalità dell`anima, ma anche quella della carne. È in questi giorni che viene infuso lo Spirito Santo in tutti gli apostoli attraverso il soffio del Signore (cf. Gv 20,22) e che, dopo aver ricevuto le chiavi del Regno, il beato apostolo Pietro si vede affidata, con preferenza sugli altri, la cura del gregge del Signore (cf. Gv 21,15-17). E in questi giorni che il Signore si affianca ai due discepoli in cammino (cf. Lc 24,13-35) e che, per sgombrare il terreno da ogni dubbio, contesta la lentezza a credere a coloro che tremano di spavento. I cuori che egli illumina sentono ardere la fiamma della fede, e quelli che erano tiepidi diventano ardenti quando il Signore apre loro le Scritture. Al momento della frazione del pane, si illuminano gli sguardi di coloro che siedono a mensa; i loro occhi si aprono per veder manifestata la gloria della loro natura, molto più beatamente di quelli dei principi della nostra specie ai quali il crimine apporta confusione.
Tuttavia, dato che gli spiriti dei discepoli, in mezzo a queste meraviglie e ad altre ancora, continuavano a scaldarsi in inquieti pensieri, il Signore apparve in mezzo a loro e disse: La pace sia con voi (Lc 24,36; Gv 20,26). E perché non restasse in loro il pensiero che andavano rimuginando nella mente – credevano, infatti, di vedere un fantasma e non un corpo -, rimproverò loro i pensieri contrari al vero e mise sotto i loro occhi esitanti i segni della crocifissione che serbavano le sue mani e i suoi piedi, invitandoli a toccarli attentamente; aveva voluto conservare, infatti i segni dei chiodi e della lancia per guarire le ferite dei cuori infedeli. così, non è da una fede esitante, bensì da una conoscenza molto certa, che affermeranno che la natura che stava per sedere alla destra del Padre, era la stessa che aveva riposato nel sepolcro.
Durante tutto questo tempo, carissimi, intercorso tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, ecco dunque a cosa volse le sue cure la Provvidenza di Dio; ecco ciò che essa volle insegnare; ecco ciò che essa mostrò agli occhi e ai cuori dei suoi; perciò si riconoscerà come veramente risorto il Signore Gesù Cristo che era davvero nato, aveva sofferto ed era morto. Così i beati Apostoli e tutti i discepoli, resi timorosi dalla sua morte sulla croce, e che avevano esitato a credere alla sua Risurrezione furono a tal punto riconfermati dall`evidenza della verità che quando il Signore si levò verso le altezze dei cieli, non solo non furono presi da tristezza alcuna, bensì furono ripieni da una grande gioia (cf. Lc 24,52). E, in verità, grande e ineffabile era la causa di quella gioia, allorché in presenza di una santa moltitudine, la natura umana saliva al di sopra delle creature celesti di ogni rango, superava gli ordini angelici e si elevava al di sopra della sublimità degli arcangeli (cf. Ef 1,21), non potendo trovare a livello alcuno, per elevato che fosse, la misura della sua esaltazione fintanto che non venne ammessa a prender posto alla destra dell`eterno Padre, che l`associava al suo trono di gloria dopo averla unita nel Figlio suo alla sua stessa natura.
L`Ascensione di Cristo è quindi la nostra stessa elevazione e là dove ci ha preceduti la gloria del capo, è chiamata altresì la speranza del corpo.
Lasciamo dunque esplodere la nostra gioia come si deve e rallegriamoci in una fervorosa azione di grazie: oggi, infatti, non solo siamo confermati nel possesso del paradiso, ma siamo anche penetrati con Cristo nelle altezze dei cieli; abbiamo ricevuto più dalla grazia ineffabile di Cristo di quanto non avevamo perduto per la gelosia del Maligno. Infatti, coloro che quel virulento nemico aveva scacciato dal primo soggiorno di felicità, il Figlio di Dio li ha incorporati a sé per collocarli in seguito alla destra del Padre.

LA RISURREZIONE DEL SIGNORE È LA CAUSA DELLA NOSTRA GIOIA
Leone Magno, Sermo 74 [61], 1-3.5

In occasione della festività pasquale, la Risurrezione del Signore si presentava come causa della nostra gioia; oggi, ricorre la sua Ascensione al cielo che ci offre nuovi motivi di gioia, in quanto commemoriamo e veneriamo, come si conviene, il giorno in cui l`umiltà della nostra natura è stata elevata in Cristo al di sopra di tutte le schiere celesti, al di sopra di tutti gli ordini angelici e oltre la sublimità di tutte le potenze (cf. Ef 1,21), fino a condividere il trono di Dio Padre. E su questa disposizione delle opere divine che siamo costituiti ed edificati; la grazia di Dio diviene, in verità, più ammirevole quando fa sì che la fede non dubiti, che la speranza non vacilli, che la carità non si intiepidisca, allorché è scomparso dalla vista degli uomini ciò che, con la sua presenza sensibile, meritava di ispirare loro il rispetto. Tale è in effetti, la forza propria dei grandi spiriti, tale la luce propria delle anime eminentemente fedeli: essa consiste nel credere incrollabilmente ciò che non vedono con gli occhi del corpo e nel fissare il proprio desiderio là dove non può arrivare la vista. Ma una tale pietà come può nascere nei nostri cuori, o come possiamo essere giustificati dalla fede, se la nostra salvezza risiedesse solo in ciò che cade sotto i nostri occhi? Di qui, la parola detta dal Signore a quel tale che sembrava dubitare della Risurrezione di Cristo, ove non gli fosse stata offerta la possibilità di verificare con i propri occhi e di toccare con le proprie mani i segni della Passione nella carne [del Signore]: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che pur non vedendo crederanno (Gv 20,29).
Per renderci capaci di questa beatitudine, carissimi, nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver realizzato tutto ciò che era conforme alla predicazione del Vangelo e ai misteri della Nuova Alleanza, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, ascese al Cielo alla presenza dei discepoli. Mise così termine alla sua presenza corporale, per rimanere alla destra del Padre suo fino a che siano compiuti i tempi divinamente previsti perché si moltiplichino i figli della Chiesa e ritorni a giudicare i vivi e i morti, nella stessa carne nella quale è asceso. Ciò che si era potuto vedere del nostro Redentore è dunque passato nei misteri; e, affinché la fede divenga più eccellente e più ferma, l`istruzione è succeduta alla visione: è sulla di lui autorità che il coro dei credenti, illuminati dai raggi provenienti dall`alto, ormai faranno leva.
Su questa fede, che l`Ascensione del Signore aveva aumentata e che il dono dello Spirito Santo aveva fortificata, né le catene, né le prigioni, né la fame, né il fuoco, né le belve, né i raffinati supplizi di crudeli persecutori potranno prevalere per paura. Per questa fede, in tutto il mondo, non solo gli uomini, ma anche le donne; non solo i fanciulli, ma anche tenere vergini lotteranno fino alla effusione del sangue.
Questa fede mise in fuga i demoni, scacciò le malattie, risuscitò i morti. così, gli stessi santi Apostoli che, quantunque fortificati da tanti miracoli e istruiti da tanti discorsi, si erano nondimeno lasciati spaventare dall`atroce Passione del Signore e avevano accettato non senza esitazione la verità della sua Risurrezione, trassero dalla sua Ascensione un tal profitto che tutto ciò che prima costituiva motivo di paura ora diveniva soggetto di gioia. Tutta la contemplazione della loro anima li aveva elevati, in effetti, verso la divinità di Colui che sedeva alla destra del Padre; la vista del suo corpo non era più ormai un ostacolo che potesse attardarli o impedir loro di fissare lo sguardo dello spirito su quella Verità che, scendendo verso di essi, non aveva lasciato il Padre suo, e che, ritornando verso quest`ultimo, non si era allontanata dai suoi discepoli…
Esultiamo dunque, carissimi, di una gioia spirituale e, rallegrandoci davanti al Signore in degna azione di grazie, eleviamo liberamente gli sguardi dei nostri cuori verso quelle altezze dove si trova Cristo. Le anime nostre sono chiamate in alto: non le appesantiscano i desideri terrestri; esse sono predestinate all`eternità. Non le accaparrino le cose destinate a perire: esse sono entrate nella via della verità. Non le trattenga un ingannevole fascino; in tal guisa, i fedeli trascorrano il tempo della vita presente sapendo di essere stranieri in viaggio in questa valle del mondo in cui, anche se li lusinga qualche vantaggio, non debbono attaccarvisi colpevolmente, bensì trascenderli con vigore.

VIGILANZA CRISTIANA
Gregorio Magno, Hom. 2, 29, 11

Perciò, fratelli dilettissimi, occorre che col cuore ci volgiamo là dove crediamo che Egli sia asceso col corpo. Fuggiamo i desideri terreni, nulla più ci diletti quaggiù, poiché abbiamo un Padre nei cieli. E ciò noi dobbiamo considerare attentamente, poiché Colui che mite salì in cielo tornerà terribile; e tutto ciò che ci insegnò con mansuetudine, esigerà da noi con severità. Nessuno, dunque, tenga in poco conto il tempo dovuto alla penitenza; nessuno, mentre è nel pieno delle proprie forze, trascuri se stesso, poiché il nostro Redentore quando verrà a giudicarci sarà tanto più severo quanto più paziente è stato con noi prima del giudizio. Pertanto, fratelli, fate questo tra voi e su questo meditate assiduamente. Sebbene l`animo, sconvolto dalle passioni terrene, sia ancora incerto, tuttavia adesso gettate l`ancora della vostra speranza verso la patria eterna, fortificate nella vera luce i propositi dell`animo. Ecco abbiamo sentito che il Signore è asceso al cielo. Perciò meditiamo sempre su ciò in cui crediamo. E se ancora siamo trattenuti qui dall`impedimento del corpo, tuttavia seguiamo Lui con passi d`amore. Non può lasciare insoddisfatto il nostro desiderio Colui che ce l`ha ispirato, Gesù Cristo Nostro Signore.

CHI È QUESTO RE DELLA GLORIA?
San Gregorio di Nissa «Discorso sull’Ascensione di Cristo»

L’Evangelo racconta le consuetudini e la vita del Signore sulla terra e il suo ritorno al cielo. Qui invece il salmista, elevandosi al di sopra di sé, quasi non fosse gravato dal peso del corpo,si introduce fra le celesti potestà e ci fa udire le loro voci,quando accompagnano il ritorno del Signore al cielo: agli angeli che si occupano delle cose della terra e ai quali è affidato il passaggio della vita umana, danno quest’ordine: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi porte antiche, ed entri il re della gloria» (Sal 23,9). E poiché colui che tutto contiene,dovunque sia si riduce alla capacità di coloro che lo ricevono, e non soltanto si fa uomo fra gli uomini, ma anche quando si trova tra gli angeli si abbassa alla loro natura,perciò i guardiani interrogano il narratore: «Chi è questo re della gloria?» (Sal 23, 8).
Le potestà rispondono e dimostrano quanto sia forte e potente in battaglia egli che, combattendo contro colui che teneva schiava la natura umana e che aveva il comando della morte, ha vinto il potentissimo nemico, restituendo libertà e pace al genere umano. Le stesse voci ripetono l’invito: è già compiuto il mistero della morte, ed è stata riportata vittoria sui nemici, innalzando contro di loro il trofeo della croce. «Ascendendo in alto ha portato con sé prigionieri» (Ef 4,8), egli che «ha distribuito agli uomini» questi doni preziosissimi della vita e del regno. Ma si trova ancora di fronte a porte chiuse. Gli vanno incontro i nostri custodi e comandano di aprire le porte, perché in esse possa conseguire la sua gloria. Ma non lo riconoscono, perché si è rivestito della miserabile nostra vita e sono rosse le sue vesti passate al torchio dei dolori umani. E così di nuovo i suoi compagni vengono interrogati da quelle voci: «Chi è questo re della gloria?». Ma non si risponde più: «Il Signore forte e potente in battaglia», bensì: «Il Signore degli eserciti» (Sal 23,10), colui che possiede la sovranità del mondo, che riassume in sé tutte le cose, che detiene il primato su tutto, che riconduce tutte le cose allo stato originario: questi è il Re della gloria.
Vedete come Davide ci ha reso più dolce questa celebrazione, mescolando la sua grazia alla gioia della Chiesa. Perciò anche noi, per quanto possiamo, imitiamo il Profeta nell’amore verso Dio, nella mansuetudine della vita, nella tolleranza verso quelli che ci odiano e ci perseguitano, affinché la sua dottrina ci guidi e ci insegni a vivere bene e felicemente, in Cristo Gesù nostro Signore, a cui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

NESSUNO È MAI SALITO AL CIELO, FUORCHÉ IL FIGLIO DELL’UOMO CHE È DISCESO DAL CIELO
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo

Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore. Ascoltiamo l’apostolo Paolo che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Come egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso.
Cristo ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9, 4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25, 35). Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la carità? Cristo, infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. E Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri divini, ma per l’amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi, quando di nuovo è salito al cielo.
Infatti egli stesso dà testimonianza di trovarsi lassù mentre era qui in terra: Nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13). Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l’unità tra lui nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell’uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui. Così si esprime l’Apostolo parlando di questa realtà:
«Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12). L’Apostolo non dice: «Così Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte membra, ma un solo corpo. Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perché la dignità del capo sia confusa nel corpo, ma perché l’unità del corpo non sia separata dal capo.

Trascrizione dell’Omelia

Il Vangelo di oggi e, soprattutto, il pensiero che Paolo rivolge alle comunità cristiane, è fondamentale per capire il Vangelo stesso, vale a dire, prima regola: nella Chiesa non si entra per meriti, lo si fa perché si è dei cattivi perdonati.
Fa male questa storia, eh? cattivi perdonati, sì. Se non sei, o non ti senti un cattivo perdonato, prego, puoi andare via.
Non abbiamo bisogno di gente che non solo dall’esterno attacca la Chiesa, ma anche, chiamiamola, così, di gente intellettualmente corretta, che fa discorsi su ciò che il Papa dovrebbe fare, su tutto ciò che riguarda la fede, perché c’è un piccolo particolare, difficile da spiegare, ma in realtà funziona così: grazie a Dio, per i pagani la croce è una stoltezza, per i cristiani è il vessillo. Dio, per lasciarsi comprendere, non entra attraverso quattro neuroni che mettiamo insieme, ma passa attraverso il cuore. Questo può cambiare la mente, non viceversa. Seconda regola.
Questo per dire che molto spesso siamo in un contesto un po’ particolare. L’occidente è particolare rispetto ad oriente, per esempio, perché siamo abituati a ragionare secondo contratto. Sostanzialmente, la legge, le regole, le norme, sono quelle che in qualche modo hanno dato anche a noi culturalmente una manifestazione un po’ “precettaria”, moralistica, della fede, che non è morale, moralistica nel senso più becero del termine. Non è una serie di norme, comandamenti, e quant’altro, messo lì, ma è, invece, e gli orientali questo lo sanno molto bene, un percorso di chiamata nella Chiesa, di misericordia del Signore nella nostra vita, che man mano scopriamo essere gratuita.
Questo cammino, questa bontà e misericordia, producono nella coscienza il desiderio. Non facciamo cose a mo’ di imperativo kantiano (dover essere, dover fare). No, ci muoviamo, ed è questo che cerca di dire Paolo, in relazione ad un movente chiamato causa dell’amore, il desiderio che il Signore mette nel nostro cuore di camminare secondo le sue vie.
Se c’è questa scintilla, evidentemente, tutto il resto viene di conseguenza, intendo gli atti che compiamo, tutto ciò che dovrebbe concorrere, parola grossa, al bene comune: ciò che i politici non hanno ancora chiaro. Bisogna vedere quale è il vero bene comune. Ma, lasciando da parte le polemiche, San Paolo ci insegna come si sta dentro la Chiesa.
Tre parole, non molte, tre: dentro la Chiesa, dentro il cammino di fede cristiano, si sta con umiltà, mansuetudine, pazienza.
Che vuol dire concretamente? L’umiltà è una delle caratteristiche fondamentali per scoprire il disegno di Dio e sentirne l’amore: non si può comprendere il progetto di Dio, se non si fa un esame di coscienza davanti alla Madonna, Maria, Mamma. Davanti a tua madre, se non fai l’esame di coscienza, se non ti confronti davanti a questa donna, la fede non può funzionare e per un semplice motivo: se Dio ha scelto nell’umiltà di manifestarsi all’uomo attraverso la Madonna, Maria, che è umile, non vedo perché l’uomo dovrebbe in qualche modo insuperbirsi e pensare di crescere in chissà quale fede.
La seconda è la mansuetudine, oppure possiamo dire dolcezza: ciò che dovrebbe caratterizzare il cristiano è anche la dolcezza, quella capacità a volte di lasciarsi ferire, di non rispondere al male con il male, sostanzialmente, cercare di intravvedere nell’altra, nell’altro, ciò che è realmente la presenza di Gesù. Questo succede spesso anche nei matrimoni: quando si ascoltano le persone si scopre che per poter capire se una persona è umile o paziente la devi “stuzzicare”, non funziona diversamente. Per dire che una persona è umile, o buona, significa che è stata provata, è stata saggiata, gli è stato dato fastidio, per vedere se risponde. Questa è una caratteristica proprio cristiana, di Gesù.
La terza caratteristica è la pazienza che deve vivere, e convivere, con tutta una serie di conti che non tornano nella nostra vita. La pazienza di Cristo, quanta Egli ne ha con noi, altrettanta dovremmo darne agli altri.
Queste tre caratteristiche ci aiutano fondamentalmente a rimanere nel cosiddetto “bassi”, che significa quello che cerchiamo di dire da sempre: se Gesù è stato mite e umile di cuore, che senso ha partire per la tangente e ragionare fuori di questa categoria. Non è Dio, è proiezione, ma questa è un’altra storia. Dio ha scelto questa via e, quindi, conformarsi a questa mentalità, che è diversa da quella del mondo, che propina di tutto e di più, schizofrenie di tutti i generi, è ciò che in realtà ti rende felice.
L’assurdo della storia è proprio questo: seguire semplicemente questa via di umiltà, di ascolto è ciò che ti rende davvero felice.
Molto spesso, senza polemiche, solo per parlarne, quando criticano il papa, la prima risposta che do, perché questa mi è stata insegnata, è ragionata, è quella di dire: tu puoi pensare quello che vuoi, però, sappi una cosa, davanti ad una persona anziana, che ha ottanta anni, ho un profondo rispetto, per un semplice motivo, perché nel suo caso sono settanta anni che sta dentro la Chiesa, ne ha fatto esperienza, ne ha viste di cotte e di crude, tu, che vieni da fuori e spari, blateri, dici cose che non conosci… Fateci caso chi critica la Chiesa è sempre esterno, o perché è stato ferito, o perché è proprio esterno, non vuole conoscere questa realtà che vive dentro la Chiesa.
Allo stesso modo, il nostro rischio, anche un po’ diabolico, è che anche standoci dentro, in fondo, in fondo, nutriamo un sospetto. E il Vangelo di oggi ci ricorda una cosa semplicissima, notizia bomba: Gesù ascende al cielo. Adesso vi racconto la storiella, il problema è che noi ormai siamo talmente strutturati che non crediamo più alle belle notizie. Invece, quando stavo in Parrocchia a Santa Paola e seguivo le comunioni dei bambini, capitò proprio questo racconto del Vangelo di Marco e facemmo scrivere loro “secondo te come è asceso Gesù al cielo?” Di tutti loro, il 30 per cento ha detto che era asceso con l’aereo. Un 40 per cento con l’elicottero, il rimanente trenta ha affermato “miracolo”…
Voi direte, bello bel racconto, ma cosa ci fa capire questa cosa? I bambini non hanno detto: ma siamo sicuri che è andato in cielo? No. Ci hanno creduto. Come ci si arriva non si sa, ma l’importante è che ci sia arrivato. Cosa voglio dire? Abbiamo questo problema di auto-strutturarci, per cui non crediamo più alle belle notizie. Siamo invasi dalle cattive notizie e questo chiaramente condiziona la nostra natura. I bambini, invece, hanno l’intuizione del cuore. Si chiama intuizione originaria del cuore: le cose belle, il sogno, la cosa che è reale, perché la realtà non è solamente il prodotto matematico, la realtà è più integrale dell’uomo. Mi spiego: il Signore è il vivente: proprio perché è asceso, noi diciamo che è vivente, non lo potremmo dire se non fosse asceso. In questa logica, possiamo pian piano capire che “meno male che è asceso, meno male che il Signore è il vivente, che è aa capo della sua Chiesa e la guida come lui dice e meno male che fondamentalmente quello che la Chiesa ci dona sono due atti”.
Non c’è molto da capire: Gesù lo ha detto, predicate, annunciate la buona novella; confessate, nel senso di legate e slegate; pregate per i malati.. cose semplici, banali, ma queste sono la forza stessa della Chiesa. Non abbiamo chiaro questo, ma in qualche modo, come i bambini, bisogna arrivarci, tutti i mezzi sono buoni per comprendere che dentro la Chiesa si sta come dei cattivi perdonati e si accetta pian piano di lasciarsi amare da Cristo così come si è, senza ipocrisie, gettando la maschera. Prima o poi la maschera va gettata, perché i nostri rapporti, le nostre relazioni, che possono essere anche molto importanti, prima o poi ti deludono.
Prima o poi la delusione c’è. Cristo no. Cristo non delude mai e soprattutto davanti a lui puoi essere come sei, con il tuo peccato, con le tue mancanze e sappi, e questa è la notizia più bella, che non sei giudicato, ma sei amato, perdonato, se uno a cu si vuole bene.
Di fronte a questo fatto, l’eucarestia, in primis, il perdono dei peccati dopo, due cose semplici, che cosa c’entra, tutto da corollario, tutto ciò che poi si dice cerca la Chiesa stessa. Il nocciolo della questione è questo: Cristo è presente nei sacramenti e sono quelli che, senza peraltro sforzo umano, sono grazie, sono gratis, e ti fanno capire che, in fondo, in fondo, questa cosa non l’hai scelta bene, ma sei stato chiamato da Lui. È Gesù che ti ha chiamato in un fatto nell’arco della tua storia personale e che ti vuol fare camminare e, pensa un po’, nella sua bontà, ti vuol far comprendere quanto amore il Signore ha usato e usa con te.
Ecco perché le celebrazioni eucaristiche dei primi cristiani che si radunavano erano molto diverse da quelle di oggi: si stava in allegria, si mangiava insieme, l’agape, si viveva la dimensione molto più bella, sicuramente non importante, non con delle categorie che possiamo immaginare “mondane”, ma sono le più belle.
Non so voi, ma io non sto più bene con i “pagani”. Quando ci parlo, quando ti invitano a cena, vi sarà capitato, mangi la pizza e raccontano sempre le stesse cose, sempre gli stessi discorsi: stai lì.. bello… carino… Ah interessante… Poi ti stacchi, il cristiano si stacca, perché è fatto di cose molto più belle, è fatto per imparare ad amare: si lascia amare ed impara a farlo, perché è l’unica ragione di vita seria, non ne esistono altre e questo movimento, molto pratico, si vive dentro la comunità. Ci si scontra ma ci si vuole bene, perché cambia la prospettiva del fratello e della sorella dentro il cammino della Chiesa: è proprio questo il bello, che non sei tu che hai scelto i tuoi fratelli, ma sono quelli che il Signore stesso ti ha dato e che ti chiede di amare, così come sono, con tutte le loro debolezze. Questo è splendido, perché significa stare davanti al Signore senza essere giudicati, con molta semplicità, non c’è niente da inventare.
Che il Signore ci dia davvero la consapevolezza che è bello, è veramente bello, seguire il cammino cristiano e che tutte le volte che ci sentiamo fragili, non ce la facciamo, ci auto-accusiamo, sappiamo che abbiamo una mamma e la mamma non giudica mai, è sempre pronta ad accoglierci, ci vuole bene. Più di così, insomma, penso che non potremmo chiedere a Nostro Signore.

Sia Lodato Gesù Cristo

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